Omicidio Regeni, quattro 007 egiziani rinviati a giudizio saranno chiamati a comparire davanti alla giustizia italiana, ma rimarranno fantasmi senza volto
Anche se formalmente andranno a processo, i quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni sfuggiranno senza alcun dubbio alla giustizia. Bisogna saperlo, perchè è facile prevedere che la morte del 28enne ricercatore friulano sequestrato il 25 gennaio del 2016 al Cairo e poi trovato senza vita, dopo nove giorni di torture, vedrà l’eventuale condanna degli indagati in contumacia e ovviamente non ci sarà estradizione. Condanne, se ci saranno, inapplicabili a meno di un repentino cambio di regime in Egitto. I quattro infatti godono di protezione assoluta come si è capito guardando ai depistaggi infiniti messi in atto dall’Egitto a protezione dei propri spioni . Dispiace doverlo scrivere ma l’idea di avere giustizia è una chimera e non solo perchè i quattro agenti della sicurezza sono intoccabili, ma perchè sarà facile per loro, se necessario, avere nuove identità con documenti legalissimi. Potremmo vederli scorrazzare anche per il nostro paese senza poterli mai individuare. Ma se difficilmente avremo giustizia, almeno la verità potrà avere il suo sigillo giudiziario. Sarà magra consolazione per i tanti, famiglia Regeni i testa, che ci hanno creduto. Comunque un primo passo verso la verità giudiziaria si è compiuto con una decisione che difficilmente sarebbe potuto essere diversa. Il gup Pierluigi Balestrieri al termine dell’udienza preliminare ha accolto la richiesta della Procura di Roma fissando la data del processo con prima udienza per il 14 ottobre. I quattro agenti della National Security che andranno a processo sono: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif imputati per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Nei loro confronti le accuse sono state mosse dal sostituto Sergio Colaiocco. Al rinvio a giudizio si è arrivati dopo che il gup ha respinto l’eccezione sollevata dalle difese sull’assenza degli imputati, evidenziando come “la copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”. Soddisfatti i genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, che hanno assistito a tutta l’udienza accompagnati dal loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini che ha rilasciato una breve dichiarazione : “C’è speranza che il diritto alla verità non sarà negato” “Paola e Claudio dicono spesso che su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, da oggi abbiamo la fondata speranza che almeno il diritto alla verità non verrà violato”. “Ci abbiamo messo 64 mesi – ha aggiunto – ma è un buon traguardo e un buon punto di partenza”. Soddisfazione per la decisione del gup anche dalla Procura di Roma “i giudice ha accolto integralmente il quadro probatorio” del resto il pm Sergio Colaiocco, nel chiedere il rinvio a giudizio degli agenti della National Security ha sottolineato come “si apre ora una nuova sfida che il processo comporterà e cioè quella di ottenere che tutti i testimoni, soprattutto quelli egiziani, vengano a riferire di nuovo davanti alla corte d’assise quanto hanno già detto nel corso delle indagini”. Ovviamente Colaiocco sa benissimo che questo è un fatto per nulla scontato, soprattutto considerati gli attuali rapporti con la procura generale del Cairo che, dopo il comunicato congiunto di novembre in cui manifestavano “rispetto” per le indagini italiane, a dicembre ha reso pubblico un provvedimento dove “escludono che i sospetti nei confronti degli indagati siano fondati” e che “la procura italiana ha occultato le prove che potevano essere utili alle indagini egiziane”. Insomma un muro contro muro che rende impossibile qualsiasi collaborazione. La linea difensiva degli imputati sarà certamente quella dell’ostruzionismo e di questo la Procura di Roma è consapevole: “sarà una nuova sfida quella di arrivare ad una sentenza di colpevolezza se non si riuscirà a far arrivare i testimoni in Italia hanno spiegato da piazzale Clodio. Ma, nel corso delle indagini è stato aggiunto “è divenuto possibile l’impossibile” ed anche nella fase dibattimentale “si lavorerà affinché l’impossibile accada di nuovo”. Un impossibile reso ancora più complesso dal fatto che la vicenda rischia di non essere ininfluente nei rapporti fra Italia ed Egitto perchè, temiamo rimarrà sullo sfondo la grande ipocrisia, la mancanza di coraggio nel dire apertamente agli italiani che anche se dovesse emergere una verità giudiziaria su mandanti e carnefici di Regeni le eventuali condanne saranno alla fine sacrificate sull’altare degli interessi petroliferi, turistici e su quelli geopolitici d’area. Perchè giustizia e verità, in questo caso, rischiano di viaggiare su binari separati i nome della realpolitik ed alla fin gli striscioni gialli che chiedono verità e giustizia si sbiadiranno inesorabilmente come è avvenuto per tanti fatti avvenuti nel nostro paese.