Opinioni: Regione, Slavia Friulana e Sloveni
Gentile Direttore,
mi consenta di intervenire relativamente all’emendamento proposto dalla Giunta regionale – e poi ritirato nella seduta di ieri giovedì – sugli articoli della L.R.26/2007 di tutela della minoranza slovena che riguardano le cosiddette “varianti linguistiche” delle Valli del Natisone, del Torre, della Val Canale e di Resia. In occasione di questo importante appuntamento mi sembra opportuno tentare di compensare la mancanza di una articolata informazione sulla situazione reale di queste comunità non adeguatamene rappresentata dalla locale stampa della comunità nazionale slovena che dispone di sontuosi finanziamenti. In quelle sedi, non viene, in effetti, concesso alcun spazio né all’emergere delle pur evidenti particolarità né al tentativo di comporre i profondi travagli identitari nei quali si dibatte la comunità stessa. E’ così che il pluralismo culturale, linguistico e identitario, così spesso invocato, in questo caso diventa attentato ai diritti umani, alla Costituzione.
Troppo spesso, ed anche in questo caso, l’accento viene quasi esclusivamente posto sulla questione economico-finanziaria. Ovviamente trattasi anche di una questione di “vil metallo”, ma non solo. La questione che si pone rileva del diritto dei popoli all’autodeterminazione e della libera identificazione nazionale delle varie comunità che costellano l’Europa che dovrebbe essere dei Popoli e non degli apparati burocratico-statali.
Perché non può una piccola comunità che ha saputo conservare la propria identità, i propri usi e costumi, le proprie tradizioni e la propria lingua attraverso i secoli e sopravvivendo alle pressioni delle varie formazioni statali che si sono succedute, rivendicare il diritto a rimanere se stessa senza doversi prostituire per qualche spicciolo? Il mio essere “slovenj” di Podbuniesac (Pulfero) è meno dignitoso dell’essere “slovenec” di Kobarid? La lingua – il nediško – che mi hanno insegnato i miei genitori – in Belgio – avendola loro stessi imparata dai loro nonni, lavorando nei campi di Ruonac (Rodda), vale meno di quella – slovensčina – insegnata ai friulani di Cividale nella scuola bilingue di San Pietro al Natisone? Non può la mia simpatia e la mia ammirazione per il popolo sloveno rimanere tale senza implicare la mia adesione alla sua coscienza nazionale?
Il problema che si pone oggi va molto al di là della quantità di contributi da assegnare ai vari “Albi”. In realtà si tratta di mettere in pratica uno dei principi fondanti della convivenza civile in particolare nella società globalizzata: il pluralismo identitario. Non deve sorprendere l’agitazione dei rappresentanti politici e delle organizzazioni slovene sulla proposta dell’assessore Roberti: l’Albo attuale riprende le associazioni “della comunità autoctona di nazionalità slovena”, – ottima definizione degli Sloveni data dalla Giunta Serracchiani – ivi comprese quelle della provincia di Udine; un altro Albo, non riferibile alla nazionalità slovena potrebbe portare alcune di queste associazioni ad uscire dal primo per iscriversi al secondo. E qui cadrebbe l’asino: non è l’identità a prevalere ma il contributo che deriva dalla dichiarazione di appartenenza nazionale. Troppo a lungo si è taciuto su questa mistificazione: significativa a questo proposito la consuetudine della stampa locale che in lingua slovena riferisce della “slovenska narodna manjšina” (minoranza nazionale slovena) mentre nella traduzione in lingua italiana dello stesso articolo si trova l’espressione “minoranza linguistica slovena”.
In sostanza, la soluzione la più costruttiva e più democratica sarebbe quella del riconoscimento dell’identità di queste comunità che parlano lingue proprie non identificabili come “dialetti sloveni” per consentire loro di sopravvivere alla globalizzazione e ad una forzata identificazione nazionale a loro estranea. Sarà il tempo a decidere se questo processo di libero e sostenuto processo di sviluppo delle loro peculiari caratteristiche – comunque vicine anche se distinte da quelle slovene – le avvicinerà alla cultura ed alla lingua della vicina Nazione amica. In questo contesto di reciproco riconoscimento tra le due anime della stessa comunità potrà nascere e svilupparsi una feconda collaborazione per la rinascita della comunità. L’alternativa – la demografia non mente – è la sua scomparsa. In quel tempo, non troppo lontano, questo territorio sarà popolato solo di caprioli e cinghiali, ovviamente anche loro da tutelare.
Ferruccio Clavora