Pd interviene su Udine “Capitale del Friuli” : Fontanini disastroso, ora c’è il rischio di perdere il treno del Recovery fund

Il Partito Democratico ha scelto il primo giorno di “giallo” per convocare la stampa e alzare il cartellino rosso sull’operato di Fontanini e della sua giunta. Operazione in tutta onestà non difficile dato che è sotto gli occhi di tutti che la città di Udine ha avuto un pesante decadimento su vari versanti ma soprattutto sembra aver perso quel dinamismo culturale, economico e di visione che per anni l’aveva contraddistinta e che la faceva considerare la “Capitale del Friuli” oggi di quella immagine restano solo i cartelli dispensati cn generosità dal sindaco ad ogni ingresso della città.  In sostanza la sensazione è che le attività, oltre a quelle nefaste di taglio alberi e mala gestione della raccolta dei rifiuti, siano relative alla presenza di sindaco e assessori a tagli di nastri, istallazione di cartelli e corone sulle lapidi. Attività nobili, almeno in qualche caso, ma che si inquadrano nella mera logica della propaganda. Facile quindi per gli esponenti Dem affondare il colpo, fra l’altro, proprio oggi che a livello nazionale si discute dei miliardi del Recovery fund che Udine rischia di vedere con il binocolo.

“Una delle frasi tanto amate da Fontanini è ‘Udine capitale del Friuli’, ha detto Cristiano Shaurli segretario regionale Pd presente all’incontro, più che un’esortazione pare però un epitaffio. In questo momento Udine non sta svolgendo alcun ruolo per il territorio e il Friuli. Fontanini presenta dei progetti che non stanno nei tempi del Recovery fund ( il riferimento è al progetto Udine 2050 ndr) ma soprattutto manca la volontà di coinvolgere un territorio più vasto. Udine è tanto più importante se con la cintura cittadina e con il territorio friulano fa pesare i suoi 500mila abitanti, fa pesare la più grande area industriale e manifatturiera della Regione. Fontanini non si sogna nemmeno di coinvolgere i sindaci friulani né di dimostrarsi punto di riferimento e si dimentica anche di quell’università nata anche per la crescita del nostro territorio. Udine e il Friuli, nel silenzio assordante non solo di Fontanini, stanno perdendo un treno epocale”. A rincarare la dose delle critiche Maria Grazia Santoro consigliere regionale e il capogruppo Pd in Consiglio comunale a Udine Alessandro Venanzi nonché il segretario cittadino Pd Vincenzo Martines.

da sx Santoro, Shaurli, Venanzi e Martines

“La sfida del Recovery plan tocca nel vivo una grande opportunità ormai perduta – ha preso atto Venanzi. “Siamo preoccupati perché non si è previsto di sviluppare un ragionamento ampio sulla città di Udine. A Fontanini diciamo che se bisogna lavorare sul sistema dei trasporti e sul dialogo con Rfi – ha chiarito Venanzi – a noi interessa un’unica cosa: l’eliminazione dei passaggi a livello”. Rimarcando che “il sindaco ci presenta un piano per l’interramento di una ferrovia e per edifici imbellettati”, Martines ha indicato “un quadro generale di politica industriale che rischia di far schiacciare il Friuli tra la pressione veneta e quella dell’alto Adriatico. C’è bisogno di una valutazione complessiva e condivisa di quello che vuole essere il Fvg. Senza una solidarietà competitiva non si giustifica la specialità della regione. Ma nell’attuale versione della politica industriale che si definisce secondo le direttrici a sud della ferrovia e a ovest della Gemona-Sequals – ha sottolineato il segretario dem – non si capisce che ruolo può avere il Friuli centrale”.
“È un errore – ha spiegato Santoro – il fatto di non aver nemmeno nominato il sistema di produzione più forte della regione e rischiare di rimanere ai margini delle dinamiche produttive regionali. È un tema di prospettiva del nostro Friuli, per il futuro economico dell’intera regione”.
A proposito dell’interramento della ferrovia, Santoro ha retoricamente chiesto “se sia plausibile che entro il 2026 siano finiti e rendicontati i lavori di abbassamento a -10 metri della stazione di Udine. È una presa in giro per i cittadini, a chi sa che gli interventi che hanno necessità di tempi e di espropri. L’area ex Safau – ha aggiunto – non è più industriale e vorremmo che Fontanini si sedesse a un tavolo con la proprietà invece di inseguire chimere irrealizzabili”.