Pensieri, parole e delusioni in libertà: “sinistricamente” disuniti e pronti ai duelli intestini all’ultimo sangue

Negli ultimi mesi ho partecipato come osservatore “indipendente” ad alcune riunioni propedeutiche alla costruzione di una possibile alternativa di sinistra, inclusiva e aperta, con l’obiettivo di strappare alle prossime elezioni alla destra la guida della città di Udine. Operazione che ritenevo importante, non solo per opzione ideologica o di schieramento, ma soprattutto per farla finita con i disastri attuati dalla giunta Fontanini. Ferite aperte sulle quali non basterà una semplice sutura, ma lunghe cure riabilitative. L’idea era quella di una “civica” (brutto termine) meglio di un laboratorio di idee che avesse ben chiaro chi fosse l’avversario da battere. Una lista aperta alle forze democratiche che potesse poi trovare possibili ed eventuali alleanze anche con altri. Creare una sorta di Cln, per esemplificare. Niente di autenticamente innovativo in realtà, un progetto semplice, semplice, se non fosse che siamo di sinistra e purtroppo soffriamo di una sindrome, un tarlo nel dna, che fra l’altro ci caratterizza negativamente in maniera altamente autodistruttiva rispetto alla destra facendo sì che le divisioni combattono con gli avversari. Se ci si riunisce anche in un piccolo gruppo, ecco sorgere le divisioni, si litiga sterilmente perfino sulle singole parole, come se queste potessero determinare o meno la “linea” e la purezza della fedeltà al proprio partitino, quasi una certificazione di purezza della della razza con dosi di razzismo latente verso gli altri a sinistra, nella migliore delle ipotesi considerati compagni che sbagliano, nella peggiore destrorsi mascherati. Personalmente, non vogliatemene, ho sperato che le esperienze del passato potessero far correggere il tiro, ma pur con la stima individuale che posso avere nei singoli, ormai vedo solo una patetica manifestazione di demenza ideologica che alla fine fa somigliare le riunioni all’Asilo Mariuccia, non certo ad un soviet, come forse qualcuno sotto, sotto auspicherebbe, nel suo delirio di autolegittimazione dell’esistenza come “avanguardia”. Alcuni anni fa avevo letto un bell’articolo giornalistico nel quale ci si poneva la domanda del secolo: Dove sta in Italia la differenza tra destra e sinistra o se preferite centrosinistra? La risposta era sorprendente e aimè condivisibile. Nella destra anche la più “moderata” si è sviluppata una vocazione al potere che diventa potente cicatrizzante, magari si compattano su quelle sfumature di razzismo e di ostilità agli immigrati il cui rifiuto diventa il cavallo di battaglia elettorale del “vincere”. Ma la strategia di lotta diventa unica. Insomma la destra è furba, nonostante le divisioni, ci sono globalisti e sovranisti, razzisti espliciti e più tolleranti, nazionalisti, localisti e perfino fascisti dichiarati, ma quando c’è puzza di schede elettorali ogni contrasto viene temporaneamente sopito. Insomma sono abbastanza volponi da anestetizzare le differenze per ritrovarsi e ritrovare elementi di unione, lasciando a temporanea amnesia le divisioni, anche quelle ideologiche più spinte. Nel centrosinistra, anzi diciamolo apertamente, nella sinistra (perché il pezzo più consistente del centrosinistra si è comunque ritrovato, nel bene e nel male, sotto l’ombrello Pd) il gusto per la divisione perniciosa è tale che si preferisce far vincere l’avversario anziché ripianare differenze di quel tanto che basterebbe per essere competitivi. Questa tara genetica che genera overdose di presunzione di sapere, perché ognuno pensa di essere più studiato dell’altro, non risale a oggi, è antica, è una stupidità mascherata da purezza ideologica. Quella per intenderci che ha segnato la storia politica italiana almeno nell’ultimo quarto di secolo. Facciamo l’esempio degli esempi: era il 2008 che le divisioni del centrosinistra affossarono Prodi, senza fare dietrologia su chi sbagliò cosa, il risultato pratico è scolpito nella storia. Il Paese finì nelle mani di Berlusconi e si ampliarono a sinistra odi e voglie di reciproca di vendetta. Voglie che ancora oggi scorrono nelle vene di molti che forse più per autoassolversi dai propri errori, vomitano il loro dissenso  sul mondo. Volendo spingersi oltre, possiamo dire, pur esemplificando molto, che a causa del verme solitario che dilania le interiora, ancora oggi, c’è una sinistra tutta ripiegata su se stessa, incapace di parlare alle persone e captare le nuove istanze ed esigenze della nuova ”pancia” del paese e che invece pensa ancora di dirigere le masse. Anche per questo si generò, ad esempio, il successo del grillismo, inizialmente sconosciuto oggetto politico magmatico, ma che oggi in preda a spasmi e divisioni forse si colloca, a propria insaputa, in gran parte a sinistra. Infatti, studi credibili oggi raccontano di un elettorato grillino nelle marginalità della sinistra che però difficilmente, viste le premesse, potrà farsi catalizzatrice,  semplicemente perché anziché conquistarli con la forza di programmi e idee comuni, cercherà semplicemente di annetterli, con il risultato di respingerli nelle sgrinfie di una destra molto pragmatica, pronta in maniera camaleontica ad ogni dichiarazione piroettante  pur di magnetizzare voti. Oggi, fra l’altro, dopo che la pandemia prima e la guerra poi stanno drammaticamente indicando terreni impervi e vie contradditorie, il rischio che si arrivi all’apoteosi delle divisioni e del solito tutti contro tutti è altissimo, anzi è quasi una certezza. Se questo è valido a livello generale ancora di più lo diventa nella periferia dell’impero, compresa la realtà del capoluogo friulano, dove ci sarebbe materia per uscire dalle sterili discussioni di schieramento, attirare su temi concreti l’attenzione degli elettori e concentrarsi sui programmi per la città andando semplicemente alla presa di palazzo d’Aronco non di quello “d’Inverno”. Ed invece no, nei tavoli, non in tutti per fortuna, prevale l’asilo Mariuccia e gli improbabili duelli all’ultimo sangue. Diciamolo senza reticenze, se la sinistra aveva qualche modesta possibilità di non essere ininfluente alle prossime elezioni, se l’è giocata prima di cominciare. E quindi un consiglio, continuate pure a sfidarvi a singolar tenzone, scoprirete così chi ha il sangue più rosso. Personalmente non mi presterò a fare il padrino per nessuno. Ovviamente FriuliSera, che per propria vocazione, è aperto alle idee, quando queste si manifesteranno con concretezza, non mancherà di veicolarle e sostenerle, almeno finché il nostro “tempo editoriale” non si esaurirà, ma anche di raccontare le verità scomode come semplici osservatori della realtà.
Fabio Folisi