Presentata la campagna per il referendum sull’eutanasia attiva. Non una liberalizzazione dell’omicidio, ma rispetto della vita fino alla fine

Si è svolta  a Udine la presentazione della apertura campagna di raccolta firme per il referendum “liberi fino alla fine” quesito parzialmente abrogativo dell’art 579 cp  sull’eutanasia attiva depositato lo scorso aprile dall’associazione Coscioni e che vede numerosi partiti, movimenti ed associazioni fra i suoi promotori. I referenti per la provincia di Udine, avv. Andrea Castiglione ( PSI) e Raffaella Barbieri (Associazione Coscioni), hanno illustrato le ragioni del referendum nonché le modalità di raccolta delle 500.000 firme necessarie da completarsi entro il 30 settembre. Sono intervenuti rappresentanti di alcuni dei promotori ( Piu’ Europa, Sinistra Italiana, Volt ). Si è ricordata l’accelerazione imposta dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso DJ Fabo, che ha aperto la possibilità, a determinati criteri, di scriminare le ipotesi di aiuto al suicidio per soggetti affetti da patologie irreversibili e da sofferenze non tollerabili, tenuti in vita con ausili medici e meccanici e con piena capacità di determinazione. La sentenza tuttavia, pur importantissima, non contempla i casi di chi non è tenuto in vita da sostegni vitali, come ad esempio i malati di cancro, ed i pazienti che non sono in grado di darsi la morte da soli, perché immobilizzati totalmente. Una questione giuridicamente complessa per le sue implicazioni anche ideologiche, religiose ed etiche che si lega anche alla necessità di regole sul testamento biologico.  Del resto  la discussione sul fine vita in Italia ha una storia lunga e travagliata, con campagne mediatiche che hanno posto al centro dei riflettori le vicende umane di chi ha richiesto di morire alle proprie condizioni in seguito a incidenti molto gravi e malattie fortemente invalidanti. Tutti gli iter per l’approvazione di una legge a favore dell’eutanasia in Parlamento si sono arenati, il motivo è preso detto. si tratta di un argomento divisivo con implicazioni complicate ma soprattutto non si è mai trovata una mediazione tra le posizioni  di chi  chiede la legalizzazione di questo diritto, e i pro life, cattolici in testa. C’è poi la ormai perniciosa incapacità del parlamento di legiferare in assenza di una maggioranza omogenea e che riesca a discutere di questioni che vadano oltre gli interessi  di bottega. Ma cosa si intende per eutanasia? Si intende per eutanasia attiva qualsiasi intervento medico che prevede la somministrazione di un farmaco letale per un paziente che ne fa richiesta. Al momento le leggi del nostro Paese la vietano. In Italia è a tutti gli effetti un reato che rientra nelle ipotesi previste e punite da due articoli del Codice Penale, e può essere sanzionato con il carcere fino a 15 anni. L’articolo 579 del Codice Penale prevede il reato di “omicidio del consenziente“. Punisce chi uccide una persona con il suo consenso. La ratio è quella della tutela della vita come bene collettivo.  L’articolo 580 del Codice Penale prevede il reato di “istigazione o aiuto al sucidio“. Punisce chi agevola il suicidio di un’altra persona. Ma in realtà alcune cose sono cambiate in quanto invece esiste l’eutanasia passiva, quella che avviene con la sospensione delle cure necessarie per sopravvivere che è  invece tutelata dalla Costituzione e da una legge del 2017. Il problema è complesso, l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’articolo 5 della legge 219 del 2017 esplicita la possibilità di rifiutare, in maniera totale o parziale, accertamenti diagnostici e trattamenti sanitari, compresi la nutrizione e l’idratazione artificiali, in qualsiasi momento, mentre esiste a possibilità del suicidio medicalmente assistito che differisce dall’eutanasia perché gli operatori sanitari mettono a disposizione gli strumenti per togliersi la vita al paziente stesso, che compie l’ultimo gesto, generalmente autosomministrandosi un farmaco tramite un’iniezione.  La sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale ha infatti creato un precedente e, di fatto, legalizzato il suicidio medicalmente assistito in Italia. Nota come sentenza Cappato, dal nome dell’attivista e politico Marco Cappato che nel 2017 accompagnò Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, tetraplegico e non vedente dopo un grave incidente, da Milano verso una clinica di Zurigo per procedere con le operazioni di fine vita. Al suo ritorno in Italia si autodenunciò per istigazione al suicidio. Con una decisione storica, la Consulta stabilì che l’eventuale colpevolezza per il suicidio assistito deve rimettersi alla fattispecie del caso. Tuttavia dalla sentenza si evincono solo quattro condizioni per cui chi accompagna alla morte un paziente non è punibile. Chi fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e di volere. Il paziente deve avere una patologia irreversibile. Tale patologia deve implicare gravi sofferenze fisiche o psichiche. Il paziente può sopravvivere solo grazie a trattamenti di sostegno vitale. La sentenza è stata applicata per la prima volta il 16 giugno 2021 dal Tribunale di Ancona, che ha accolto la richiesta di un 43enne tetraplegico a causa di un grave incidente stradale e disposto che l’azienda sanitaria competente faccia i dovuti accertamenti e accompagni l’uomo al fine vita.

Arriviamo quindi al perchè del referendum presentato oggi anche a Udine. Considerando quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, sono escluse dalla possibilità del suicidio assistito alcune categorie di pazienti gravi, come i malati oncologici o quelli che, pur soffrendo di patologie invalidanti e dolorose, possono sopravvivere senza l’ausilio di macchinari e trattamenti sanitari. Per questo l’associazione Luca Coscioni, di cui Marco Cappato è tesoriere, ha proposto il referendum abrogativo contro l’articolo 579 del Codice Penale, referendum al quale stanno aderendo molte personalità, organizzazioni e associazioni ed anche alcuni partiti politici.  Saranno necessarie 500 mila firme, da raccogliere entro il 30 settembre 2021, per portare la domanda ai seggi una missione, è stato spiegato questa mattina ad Udine complicata vista la stagione estiva.  Di fatto l’abrogazione parziale della norma cancellerebbe il reato di omicidio del consenziente dal nostro ordinamento, se non per determinati casi. Questo rimane l’ultimo ostacolo per la legalizzazione dell’eutanasia in Italia. Il quesito referendario è il seguente.

“Volete voi che sia abrogato l’articolo 579 del Codice Penale (omicidio del consenziente) approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni»; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole «Si applicano»?”. Se si dovesse arrivare al referendum, che necessiterà di quorum, e se dovesse vincere il si all’abrogazione della norma per l’eutanasia attiva in Italia cambierebbe molto, ma soprattutto si creerebbe un problema legale interpretativo molto serio che costringerebbe il  parlamento ad agire per evitare il caos.  Il testo dell’articolo 579 diventerebbe infatti il seguente: “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61 ma si applicano le disposizioni relative all’omicidio (previste dagli articoli 575 e 577) se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto, contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti. Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno”.

Rimarrebbe dunque vietata, anche con l’approvazione del referendum, l’eutanasia per i minori, per le persone incapaci di intendere e di volere o circuite. La formula “col consenso di lui” prevede il ricorso al consenso informato, mediante anche l’utilizzo del testamento biologico. Insomma se dovesse essere raggiunto il quorum e vincere il sì al referendum per legalizzare l’eutanasia in Italia, è possibile immaginare che il Parlamento legiferi in tal senso, prevedendo delle norme esplicite e dei protocolli a livello nazionale.   Di qui l’importanza di un intervento legislativo risolutore, piu’ volte stimolato dalla Corte Costituzionale e mai intervenuto e che nelle condizioni di maggioranza politica attuale rischia di slittare di diversi anni. Il referendum oltre a aprire la possibilità di un fine vita dignitoso anche per quei soggetti che non rientrano nei criteri individuati dalla Corte Costituzionale, ha l’obiettivo di stimolare un intervento sollecito del legislatore che individui regole precise che consentano l’autodeterminazione e la libertà di scelta in tema di fine vita. Nessuna liberalizzazione dell’omicidio certamente, ma regole precise nel rispetto della vita, comprensiva della sua fase finale, e della dignità della persona.

 

Sarà possibile apporre la propria firma in appositi banchetti che verranno allestiti, presso i Comuni ma, novità recente, anche presso gli studi legali.

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