Proseguono con la manifestazione di mercoledì prossimo le iniziative del neonato Comitato contro il carovita di Udine

Con lo slogan “ORGANIZZIAMOCI CONTRO IL CAROVITA” come in tante altre città italiane anche a Udine si è costituito un comitato spontaneo  contro il carovita. Il sodalizio friulano nasce con l’adesione di volti vecchi e nuovi tutti o quasi,  appartenenti all’area di sinistra e si muove sulla base di una piattaforma di rivendicazioni articolate. Dopo l’assemblea costitutiva è stato stilato un programma di attività. Il prossimo appuntamento è per una manifestazione a Udine in piazza Venerio mercoledì 21 dicembre ore 18.00 in concomitanza con una mobilitazione nazionale. Previsti anche alcuni successivi punti informazione in città allo scopo anche di raccogliere adesioni al comitato.

Questi gli appuntamenti con i tavoli informativi:
Martedì 27 via Zanon fronte Galleria Bardelli ore 10.00-13.00
Mercoledì 28 via Zanon fronte Galleria Bardelli ore 10.00-13.00
Giovedì 29 piazza Matteotti fronte Chiesa ore 16.00-19.00
Venerdì 30 piazza Matteotti fronte Chiesa ore 16.00-19.00

Le proposte

Chiediamo che gli extraprofitti, realizzati dalle imprese nel comparto energetico con l’accelerazione del conflitto in Ucraina e grazie anche a dinamiche speculative sui mercati finanziari e ai ritardi nella transizione alle fonti rinnovabili, vengano tassati all’80%. Chiediamo che ad essere assoggettate al contributo straordinario siano anche imprese nel settore assicurativo e farmaceutico. Un simile ampliamento dei soggetti passivi permetterebbe di raddoppiare il gettito rispetto a quanto stimato dal Governo nella relazione tecnica all’art. 28 della legge di bilancio per il 2023 che stabilisce il contributo a carico del solo settore energetico. Le risorse raccolte vanno interamente destinate al pagamento delle bollette di chi è in difficoltà, aumentando gli stanziamenti per contrastare la povertà energetica e modificando il disegno del bonus sociale energetico, che fino ad oggi ha escluso troppi potenziali beneficiari, alla copertura degli acquisti di beni alimentari di prima necessità e delle spese sanitarie delle famiglie con basso ISEE. Chiediamo che Il Reddito di Cittadinanza venga sostenuto e rafforzato, rendendo la misura meno condizionata e investendo il doppio delle risorse rispetto a quanto fatto finora, con l’obiettivo di raggiungere una platea più ampia di beneficiari, abolendo discriminazioni ed esclusioni sessiste e razziste. Ogni persona in condizione di povertà deve poter accedere al RdC come previsto dai Pilastri sociali europei, non solo perché impossibilitata a lavorare come sostenuto dal Governo. Questo rappresenta un ragionamento contrario allo spirito e agli obiettivi dello strumento del RdC perché significa criminalizzare la povertà, considerandola una responsabilità individuale di chi non è in grado di lavorare. Il RdC serve, invece, anche per non consegnare alla miseria chi non trova lavoro o percepisce salari da fame; permette la possibilità di rifiutare impieghi precari, sottopagati e di sottrarsi al welfare sostitutivo mafioso che spesso costituisce l’unica risposta in molte periferie in assenza di interventi dello Stato. Abolire il RdC senza alternative migliori in un momento di crisi multidimensionale inedito sarebbe una vergogna inaccettabile e un atto di vigliaccheria cinica nei confronti di chi è in difficoltà. Sarebbe la conferma che questo Governo, come il precedente, è esclusiva espressione delle élite e dei ricchi facendo pagare la crisi e i loro profitti ai lavoratori, alle lavoratrici e continuando a impoverire milioni di persone. Il Governo non contrasta l'evasione fiscale, ammicca agli evasori e favorisce comportamenti opportunistici. Nessuna tregua fiscale, né condoni per gli evasori, né innalzamento del limite all’uso del contante. Il sistema fiscale deve garantire maggiore equità, eliminando trattamenti fiscali differenziati tra contribuenti a parità di condizioni economiche. Il Governo deve garantire una reale progressività fiscale in ottemperanza ai principi costituzionali. Chiediamo che sia garantito il diritto all’abitare con un Piano casa strutturale che metta al centro la dignità e i diritti delle
persone. Chiediamo che il Governo assicuri alle 650 mila famiglie in graduatoria che attendono la casa popolare e alle 150 mila sotto sfratto il diritto alla casa attraverso il recupero e l’efficientamento energetico di immobili pubblici e privati in disuso per incrementare il patrimonio pubblico immobiliare. Chiediamo la ricapitalizzazione del fondo sociale affitti e quello per la morosità incolpevole; uno stanziamento immediato per i Comuni che permetta di acquisire il patrimonio libero degli enti previdenziali e di altri enti pubblici da utilizzare per garantire il passaggio da casa a casa dei nuclei sottoposti a sfratto esecutivo. Chiediamo l’eliminazione del privilegio della cedolare secca sui contratti a libero mercato e l’utilizzo del gettito extra che ne deriverebbe per finanziare il Piano casa in modo strutturale. Chiediamo l’istituzione del Salario Minimo per legge adeguato ai livelli europei che coincida con i minimi contrattuali e non diventi uno strumento di sostituzione del contratto di lavoro. Questo ridurrebbe la disuguaglianza salariale, proteggerebbe i lavoratori e le lavoratrici da salari estremamente bassi, restituirebbe dignità al lavoro e non altererebbe il ruolo della
contrattazione collettiva nazionale tra Governo e parti sociali. Un provvedimento quanto mai urgente anche per contrastare il fenomeno sempre più diffuso del lavoro povero che oggi nel nostro Paese coinvolge circa il 30% dei lavoratori e delle lavoratrici. Il Governo prevede di ridurre tra il 2024 e il 2025 gli investimenti per i servizi sociosanitari passando al 6% del PIL dall’attuale 7%. Allo stesso modo risultano insufficienti gli stanziamenti per l’Istruzione pubblica mentre si registra un aumento dei trasferimenti alle strutture private. Chiediamo che il Governo innalzi le retribuzioni del personale sociosanitario e docente delle strutture pubbliche al fine di contrastare l’abbandono del servizio pubblico a favore del privato. Chiediamo che le risorse da destinare alla Salute e all’Istruzione vengano innalzate all’attuale media europea portandola rispettivamente all’8% e al 4,7% del PIL. Chiediamo che venga cancellata qualsiasi ipotesi di Autonomia differenziata, che mina l'unità della Repubblica e aumenta le diseguaglianze nella fruizione dei diritti. Chiediamo la cancellazione del comma 3 dell’ art 116 della Costituzione, che impedirebbe definitivamente alle Regioni a statuto ordinario di accedere a ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, definendo diritti sociali disomogenei tra Regione e Regione e non, invece, uniformi su tutto il territorio nazionale. È necessario aprire un grande e trasparente dibattito pubblico su un tema sostanzialmente secretato.