Riace, l’accusa chiede 7 anni e 11 mesi per l’ex sindaco Mimmo Lucano, la tesi è quella dell’interesse politico personale
Sette anni e undici mesi perché Mimmo Lucano sarebbe una sorta di padrino dell’accoglienza migranti, una sorta di boss che avrebbe lucrato sui migranti non per soldi (dato che non ve ne sono) ma per ramazzare voti soprattutto in prospettiva futura. Insomam un processo alle intenzioni. Comunque anche se appare strampalata è questa la richiesta di condanna che il pubblico ministero di Locri, Michele Permunian, ha avanzato per l’ex sindaco di Riace Lucano, al termine di una lunga requisitoria che ha raccontato quel modello diventato simbolo di integrazione in tutto il mondo come un’associazione a delinquere. Una tesi che fin da principio la procura ha portato avanti, nonostante la dura reprimenda del giudice per le indagini preliminari che anche nell’autorizzare i domiciliari per Lucano, all’epoca ancora sindaco del borgo, ha bollato l’accusa di associazione a delinquere come priva di fondamento. Quasi tre anni e un lungo dibattimento dopo, i magistrati di Locri insistono, a dispetto dei tanti no distribuiti nel corso del tempo da Lucano alle proposte di candidatura arrivate da piccole e grandi formazioni della sinistra e del numero limitato di mandati alla guida di un Comune previsto dalla legge, accusa che si sarebbe però concretizzata nella prossima probabile candidatura alle regionali calabresi. Evidentemente Lucano avrebbe doti divinatorie tali da fargli predire il futuro perchè, questa la tesi della procura Il modello Riace sarebbe servito solo a trasformare i progetti in un trampolino olitico per lui e in un “postificio” per amici e parenti di amici, tutti potenziali portatori di voti. Che in realtà il paesino conti poche centinaia di abitanti (meno di 2000) e che ovviamente sono in un modo o nell’altro imparentati fra loro o comunque conoscenti è irrilevantea. L’assunzione di gente del luogo – da sempre, pubblicamente motivo di vanto e argomento principe per spiegare come l’accoglienza possa servire per far rinascere un paese eroso da emigrazione e spopolamento – nella ricostruzione dell’accusa diventa progetto criminale per perpetrarsi al potere. Fosse così sarebbero da arrestare la maggior parte dei sindaci delle centinaia di piccoli comuni nella penisola. “Le intercettazioni dimostrano il sistema clientelare costruito da Lucano, dominus di un sistema che garantiva un importante afflusso di denaro. A Lucano – – ha detto il pm nel corso del suo intervento – si rivolgevano i riacesi per ottenere un’occupazione all’interno delle associazioni, il tutto a prescindere da una valutazione sulle competenze in materia di immigrazione. Il corrispettivo per l’assunzione si sarebbe tramutato nel sostegno elettorale nei confronti della compagine politica riconducibile al sindaco”. E i laboratori – ha continuato Permunian – erano solo specchietto per le allodole. Funzionavano per le personalità e per i turisti”. Un sistema – ha riconosciuto però la pubblica accusa – che non era funzionale all’arricchimento. Lucano – si è detto chiaro in corso di requisitoria – non si è mai messo un soldo in tasca, ma per la procura di Locri quel modello era funzionale ad un tornaconto politico futuro.
“Alcune accuse sono completamente inventate. Il profilo che hanno tratteggiato non corrisponde al mio. Vogliono farmi passare per quello che non sono, per me la politica è un ideale. Io ho solo creduto in un ideale. Ogni passo che ho fatto ha avuto queste motivazioni, per il riscatto delle persone che arrivano a Riace” commenta l’ex sindaco ai giornalisti che lo hanno contattato. “All’inizio mi hanno accusato di aver fatto sparire milioni di euro, poi – afferma – il teorema della Procura è cambiato perché il dibattimento ha dimostrato che non era vero e così hanno ripiegato su motivazioni politiche inesistenti”. Presto la parola spetterà alla difesa, agli avvocati Daqua e Pisapia che hanno annunciato che contesteranno in toto le argomentazioni dell’accusa:
“Riteniamo che il dato emerso dall’istruttoria dibattimentale recepito dalla pubblica accusa diverga, e di molto, da quello che abbiamo recepito noi non condividiamo, dunque, le argomentazioni e conclusioni della pubblica accusa che contesteremo sulla base di quanto emerso, anche documentalmente, nel corso del dibattimento”.