Ricongiungimenti familiari: approvata dalla regione Fvg “norma infame”
“Una norma infame è stata approvata oggi in Consiglio Regionale dalla maggioranza di destra che ci governa. Prevede l’inasprimento delle condizioni per il ricongiungimento familiare dei lavoratori regolari
non comunitari. È una norma vergognosa perché vuole limitare i ricongiungimenti alzando il reddito minimo per poter fare domanda. Ma così implicitamente riconosce che ci siano aziende, alcune anche a capitale pubblico, che fanno lavorare i propri dipendenti per salari così miseri da negare loro il diritto di convivere con i propri cari. Una norma come questa sarebbe accettabile solamente se ci fosse, soprattutto nelle aziende che arricchiscono di più la nostra Regione, un salario minimo che non comprima i diritti dei lavoratori. Come Open Sinistra FVG abbiamo dato voto negativo a questa proposta di legge nazionale.”
Così si è espresso Furio Honsell di Open Sinistra FVG. Interviene sulla questione anche il consigliere regionale Cristiano Shaurli (Pd), relatore di minoranza della proposta di legge nazionale 18 in materia di immigrazione e condizione dello straniero, presentata dalla Lega e discussa in Aula. “Senza pudore e senza remore, la Lega ora alza il tiro sugli stranieri (legalmente in Italia con un regolare contratto di lavoro) e colpisce uno dei pilastri della società, la famiglia. L’obiettivo è chiaro: tenere alta l’emergenza migranti. Attraverso una proposta di legge nazionale, targata Calligaris-Cisint, la Lega continua con un approccio ideologico pensando di rispondere ai suoi fallimenti sui fenomeni migratori inasprendo le norme sui ricongiungimenti familiari, anziché affrontare la strada dell’inserimento e dell’integrazione per, bisogna ricordarlo, persone che qui lavorano, consumano e pagano le tasse”. “Le problematiche legate alle persone straniere, in Italia per lavoro, sono reali. Ma la strada scelta dalla Lega – attacca Shaurli -, oltre a essere in contrasto con il diritto della comunità europea e del nostro Paese, non vuole risolvere alcunché anzi rischia di far cadere nell’illegalità famiglie intere. Inasprisce il clima per pura speculazione elettorale anziché favorire soluzioni, proprio a partire dal coinvolgimento attivo nelle nostre comunità delle famiglie di stranieri che sono presenti in Italia in maniera assolutamente legittima e con un regolare contratto di lavoro”. “Fingendo di dare un controllo dei flussi migratori, in realtà minano quello che in passato, e ancora oggi, è stato e resta uno dei pilastri per molte persone emigrate all’estero per lavoro, ossia la famiglia. Un elemento di stabilità che ha sempre favorito stabilità alle persone, legalità e integrazione. Più comodo chiudere le porte a questa prospettiva, continuare a favorire la propaganda e a indicare gli stranieri, anche se regolari lavoratori, solo come pericolo”.
Di parere simile anche il capogruppo del Patto per l’Autonomia, Massimo Moretuzzo: “La proposta di modifica della normativa nazionale in materia di ricongiungimento familiare, approvata dal Consiglio regionale, è una norma ideologica che non tiene conto della realtà e del fatto che il ricongiungimento non deve essere ostacolato ma, anzi, aiutato in quanto strumento indispensabile per facilitare l’integrazione”.
“Questa norma, che potremmo a tutti gli effetti chiamare legge Cisint, cambia le regole per il ricongiungimento familiare dei lavoratori stranieri regolari su tutto il territorio nazionale – prosegue l’esponente autonomista – per tentare di risolvere una situazione sicuramente complessa, ma molto specifica, qual è quella di Monfalcone e del suo territorio contermine”.
“È evidente – continua Moretuzzo – che limitare il ricongiungimento familiare non risolve le criticità ma, semmai, le esaspera e ne porta di nuove. Forse ai consiglieri regionali della Maggioranza sembra ottimale avere una norma di bandiera, indubbiamente utile come slogan da urlare, ma che nulla apporta rispetto alla necessità di affrontare veramente i problemi e trovare soluzioni efficaci ed efficienti per la popolazione e il territorio”. “Non è togliendo diritti ad alcuni – conclude la nota – che una società si evolve”.