Salute in svendita a Trieste: questa la conseguenza dell’ipotizzata riforma sanitaria by Riccardi

«La Salute Territoriale di Trieste è in svendita! Ridurre a metà i distretti sanitari e i centri di salute mentale, accorpare salute mentale e dipendenze vuol dire allontanare i servizi dalle persone e dai loro bisogni!» La denuncia è di un centinaio di cittadine e cittadini, che nel mezzo dello shopping natalizio si sono dati appuntamento in largo Barriera per sensibilizzare i triestini e le triestine sulle gravi conseguenze che avrebbe l’ipotizzata riforma del sistema sanitario regionale. Il piano aziendale proposto dall’Azienda Sanitaria per il territorio giuliano riduce i servizi di salute territoriale, diminuendo la capacità del sistema di salute di essere vicino alla cittadinanza. Così si pone a rischio un modello di eccellenza territoriale, attaccando soprattutto il sistema triestino, già indebolito dalla scelta di non sostituire il personale in uscita negli ultimi anni. È una strategia portata avanti da diverso tempo che si affianca a una generale tendenza a portare i servizi distanti dalla cittadinanza, svuotandoli di senso e di direzione. Questo non può che portare all’impoverimento dei servizi pubblici e a uno spostamento delle risorse pubbliche a favore di strutture specialistiche, non votate al bene pubblico ma all’interesse privato e che hanno drammaticamente mostrato i loro limiti negli ultimi due anni di pandemia. L’Assessore Riccardi aveva dichiarato a inizio legislatura che il suo obiettivo era spostare ingenti risorse pubbliche dedicate alla sanità verso il settore privato. A quanto pare — dichiarano i promotori — la violenza sociale e sanitaria della pandemia non gli ha fatto cambiare idea. Le “cittadine e i cittadini per una salute pubblica e di prossimità” si chiedono perché, visto che il consenso sulla necessità di rafforzare oggi i servizi sanitari territoriali e pubblici è trasversale. Non solo, infatti, i dati epidemiologici attuali mostrano l’efficacia di un modello territoriale di prossimità, ma il modello triestino è stato riconosciuto come un’eccellenza globale nella salute mentale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E infine le linee di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza promuovono proprio questa direzione con cospicui finanziamenti. L’organizzazione proposta nell’Atto aziendale per Trieste non dà risposte alle persone più fragili, agli anziani, a chi si trova ogni giorno a confrontarsi con i servizi e dovrà battere a mille porte visto che la complessità dei propri problemi non troverà più una risposta coordinata e integrata. E così i cittadini dovranno cercare la propria strada nelle strutture decadenti di Cattinara oppure in distretti accorpati in modo fantasioso, che sposteranno a chilometri di distanza servizi che fino ad oggi sono di prossimità. I servizi territoriali triestini devono essere rafforzati, non indeboliti, perché possano rispondere meglio di quanto hanno fatto in questo ultimo anno ad una situazione di eccezionale stress. I lavoratori e le lavoratrici della salute territoriale hanno svolto un grande lavoro, da tutti riconosciuto, ed è necessario rafforzare il loro ruolo e le risorse umane ed economiche a disposizione per poter far fronte al difficile momento storico che stiamo attraversando. Perché i servizi di salute a Trieste continuino ad essere servizi di prossimità e pensati attorno alla vita delle persone e non distanti, burocratici e specialistici.