Si amplia il silenziatore sui 49milioni che la Lega dovrebbe restituire. Arrivata alla Camera la richiesta di risarcimento, deciderà il leghista Fontana
Una mozione della Lega Nord, il vecchio partito di Umberto Bossi rischia di mettere nei guai la nuova Lega di Salvini. Alla Camera dei Deputati, nell’omertà generale, è arrivata la richiesta di risarcimento relativa ai famosi 49 milioni di euro. Sono debiti che sta pagando il vecchio partito, mentre nel frattempo Matteo Salvini come è noto ne ha furbescamente creato uno nuovo, la Lega per Salvini premier. Ciò che ha portato a far riemergere il caso è una lettera inviata dall’associazione “Lega per il Nord”, formata da ex appartenenti al partito di Bossi, come Giuseppe Leoni, Stefano Stefani e Maria Teresa Baldini. Nel testo riportato dal Fatto Quotidiano, si chiederebbe se Camera e Senato abbiano “iniziato l’azione esecutiva” per avere i risarcimenti in sede civile. Si legge: “Le Camere avrebbero dovuto chiedere quantomeno gli interessi legali dal momento del dovuto all’effettivo saldo”. E questo porterebbe, solo per il 2023, “a 2,4 milioni di euro di interessi”. Ben meno dei 600mila euro stabiliti. L’associazione ha specificato che se Montecitorio e Palazzo Madama non dovessero rispondere partirà una denuncia penale alla Corte dei conti. La Camera ha fatto sapere di aver ricevuto la nota, e che sono in corso gli approfondimenti necessari. Il meccanismo utilizzato da legalista Salvini e soci è quello consolidato che usano gli imprenditori più truffaldini, quando vengono svuotate le aziende in difficoltà lasciando i debiti creando quelle che si chiamano bad company, in genere prive di capacità di ripianare i debiti. Una manovra che – accusa l’ala bossiana dissidente –ha trasformato la vecchia Lega svuotata dei suoi beni, costretta a ripagare un debito ottantennale che ovviamente non è più stata ripresentata alle elezioni per evitare che venissero messe le mani sui nuovi beni generati. Inutile dire che si tratta di una questione delicata di cui si sta occupando il segretariato generale della Camera e che potrebbe creare qualche imbarazzo al suo presidente, il leghista Lorenzo Fontana. Delicata e imbarazzante perché riguarda il risarcimento che secondo i giudici di Genova l’Istituzione, con il Senato, avrebbe dovuto (e non lo ha mai fatto) richiedere in sede civile dopo la costituzione di parte civile nel processo per la truffa dei 49 milioni. Per la quale sono stati dichiarati prescritti Umberto Bossi e l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito (in Appello sono stati condannati rispettivamente a 1 anno e 10 mesi e 3 anni e 9 mesi). Secondo quanto risulta ora l’avvocatura dello Stato starebbe verificando se vi siano i margini per l’azione esecutiva nei confronti del partito. Nel caso in cui sarà accertata la natura non tombale dell’accordo (se il patrimonio di beni e valori riconducibili alla Lega Nord fosse ritenuto ancora abbastanza capiente per onorare anche le pretese delle parti civili) Fontana da un lato e Ignazio La Russa nella sua qualità di presidente del Senato potrebbero decidere di agire in sede civile.
“Le Camere – si legge nella mozione della “Lega per il Nord” – avrebbero dovuto chiedere quantomeno gli interessi legali dal momento del dovuto all’effettivo saldo”. E fanno i loro calcoli: “Dal 1 gennaio di quest’anno, gli interessi legali sono stati fissati in misura pari al 5 per cento: ciò porta, solo per il 2023, a 2,4 milioni di euro di interessi. La rateizzazione concessa a Lega Nord per la confisca è di circa 600 mila euro annui. Ciò significa che nel 2023 la Lega pagherà poco più di un quarto di quanto dovuto per i soli interessi”. Qualcosa però ci fa sospettare che non se ne farà nulla dato che la vicenda sembra essere stata silenziata, speriamo di essere smentiti, anche dalle parti delle opposizioni. Già grida vendetta il fatto che sia stata decisa una “rateizzazione” in 80 anni (ottanta), ora si scopre che manco vengono calcolati gli interessi e che tutto è stato imputato al vecchio svuotato partito come se il nuovo non stesse lavorando in continuità. Una presa per il culo che non bisogna si sappia più di tanto.