Trieste della “memoria.” Risiera blindata, cittadini perquisiti e giornalista antifascista bloccata ai cancelli. Mala tempora currunt
La collega giornalista Claudia Cernigoi di Trieste ha postato su Facebook quanto accadutole alla Risiera di San Sabba nel giorno della Memoria. Come premessa bisogna dire che Claudia è persona conosciuta e non certo per essere una pericolosa terrorista, ma al massimo soggetto che esprime posizioni sgradite, ma mettendoci la faccia e prendendosene sempre la responsabilità. Quanto accadutole è l’ennessima inaccettabile violazione dei diritti, di cronaca innanzitutto. A lei la nostra solidarietà, perchè anche se magari non tutte le sue posizioni possono essere condivisibili, è inammissibile che le sia stato vietato l’ingresso e la possibilità di distribuire il suo materiale informativo e di esprimenre il suo pensiero.
Racconta Cernigoi: “ Sono andata, come tutti gli anni da quando è stato istituito il Giorno della Memoria, 27 gennaio, alla Risiera di San Sabba, luogo deputato a Trieste per queste manifestazioni, dato che si tratta dell’unico lager nazista in territorio italiano. Come ogni anno avevo con me il numero speciale, formato volantino, del giornale che dirigo, La Nuova Alabarda ELCDD (reg. Tribunale di Trieste n. 798/90), che tratta dei temi inerenti questa ricorrenza: il numero di quest’anno titolava “27 gennaio: sia ancora memoria dell’antifascismo” (in perfetta coerenza con la nostra Costituzione, oso dire).
Quest’anno, per motivi asseriti “di sicurezza”, l’accesso alla Risiera (monumento nazionale) era “contingentato” ed era stato pertanto istituito una sorta di posto di blocco sulla strada di accesso (non davanti all’ingresso principale, ma all’ingresso del parcheggio limitrofo), in modo da “contare” le persone che accedevano dai due accessi stabiliti, uno per le autorità e per chi si era prenotato online, l’altro per i comuni mortali. Essendo arrivata prima dell’apertura degli accessi (prevista per le 10.30) ho avuto modo di distribuire il giornale ad alcune persone in attesa, compresi un paio di funzionari Digos, con cui sono in buoni rapporti. Dopo avere superato il posto di blocco (senza subire perquisizioni o sottostare al metal detector, come ho visto fare poco dopo) mi sono fermata nei pressi dell’ingresso principale per distribuire i volantini, ma sono stata quasi subito interrotta da una signora, presentatasi come responsabile della sicurezza (aveva il distintivo della PS) che mi ha detto che non potevo stare lì perché quello era l’ingresso per chi voleva entrare. Io ho risposto che mi trovavo lì per distribuire il volantino, che poi era il numero speciale di un giornale regolarmente registrato, e che non intendevo volantinare all’interno della Risiera, ma solo fuori, come facevo ogni anno. Dopo un po’ di tira e molla, fatta intervenire la dirigente Digos, intervenuti altri funzionari, il volantino preso da tutti costoro, la conclusione è stata che essendo “cambiate le regole” quest’anno io non potevo stare lì a distribuire i volantini ma dovevo uscire. Ho domandato in quale senso sarebbero “cambiate le regole”, non ho avuto chiarimenti. Ho domandato se fosse vietato, nella ricorrenza della liberazione del campo di Auschwitz, diffondere volantini con il richiamo all’antifascismo, non ho avuto risposta. A domanda “mi spieghi perché non posso stare qui e volantinare” mi è stato risposto “perché non può”. Alla faccia della “trasparenza” e della democrazia. Le dirigenti di PS mi hanno diffidato dal filmare la discussione, ho risposto che si trattava di diritto di cronaca, dato che la proibizione a volantinare era un evento pubblico in pubblico, quindi non avevo bisogno di essere autorizzata a filmare il fatto (del resto se la polizia filmava il tutto non vedo perché non potevo filmare io), quindi mi è stato chiesto di esibire il tesserino di giornalista (come se non mi si conoscesse, in questa città).
Ad un certo punto, dato che oltretutto non entrava più nessuno, ho messo i volantini in borsa e ho fatto per entrare, ma mi è stato impedito, perché non potevo entrare a volantinare. Ciò mi ha richiamato alla mente la vecchia storiella yiddish del “qui non si fanno neppure i preparativi”, che magari vi posterò uno di questi giorni, ed ho, con estrema pazienza, ripetuto che io in Risiera non intendevo distribuire i volantini, non l’ho mai fatto, e non intendevo iniziare oggi. Mi è stato allora richiesto di consegnare i volantini, io ho domandato se intendevamo sequestrarmeli, e quindi farmi un verbale, mi hanno risposto che li avrebbero custoditi per ridarmeli all’uscita ed io ho rifiutato, dicendo che non avevo alcuna certezza poi di recuperarli (e in ogni caso sarebbe stata una procedura arbitraria). Ad un certo punto ho avuto una caduta di stile melodrammatica e sono sbottata: “allora arrestatemi, già che ci siete, e vediamo cosa dice il giudice”, perché la situazione mi sembrava peggio che kafkiana. Quindi mi sono allontanata, avviandomi verso l’ingresso, ed ho fatto le riprese della gente perquisita (video su youtube linkato nei commenti), e poi sono uscita, fuori dal comprensorio per cui era previsto il controllo per entrare, iniziando a distribuire il volantino dicendo alle persone cui lo davo che mi era stato impedito di distribuirlo davanti all’ingresso della Risiera.
Ovviamente a quel punto sono arrivati nuovamente polizia, digos, carabinieri eccetera, con le discussioni che si possono immaginare (erano per lo più persone con cui ho rapporti di dialogo da lungo tempo, per cui la discussione era del tutto serena), ma il principio resta.
In sintesi, come ho detto ai funzionari, il senso di “cambiare le regole” quest’anno per l’accesso alla Risiera nel Giorno della memoria, sta nel costringere le persone che vogliono partecipare a sottoporsi a controlli e perquisizioni, impedendo loro di portare dentro bandiere e volantini, e anche giornali, peraltro; ma mi sembra che imporre controlli di questo tipo all’esterno di un monumento che è stato un lager nazista è quantomeno inverecondo.
Poi, dato che l’accesso era davvero scarso (secondo il contapersone, alle 11, ora di inizio delle cerimonie, erano entrate circa 600 persone, comprensive di autorità, istituzioni, rappresentanti delle associazioni d’arma, e religiosi), ho messo in borsa i volantini e mi sono diretta verso il parcheggio, ma sono stata immediatamente fermata da un poliziotto che qualificandosi “sono della polizia” come se non si vedesse la targhetta appesa, mi ha detto che non potevo volantinare neanche presso l’ingresso delle “autorità”, al che sono sbottata “stavo solo andando a vedere quante auto ci sono nel parcheggio”, omettendo di aggiungere che tutta questa volantinofobia mi sembrava fuori luogo. Del resto, quando si inizia con l’impedire di volantinare nelle strade aperte al pubblico, poi non si sa come si va a finire (o forse si sa, e non è un bel futuro).
A questo punto sono del parere che sia il caso di astenersi, come antifascisti, dal partecipare alle commemorazioni ufficiali, dove si deve subire l’imposizione di questo tipo di controlli (è vero che coloro che subirono la detenzione nei lager difficilmente sono ancora in vita o in salute al punto da voler intervenire a queste manifestazioni, ma non oso immaginare come vivrebbero una situazione del genere dopo avere subito la repressione nazifascista), umilianti ed intimidatori.
Dovrebbe essere il caso di pensare ad organizzare manifestazioni autonome, indipendentemente da ciò che decidono le istituzioni, in cui chi partecipa sia rispettato nel suo diritto di partecipazione e di espressione.
E’ il colmo che per manifestare il proprio sentimento di antifascismo e antirazzismo si debba sottostare ad un protocollo che sembra uscito dalla dichiarazione di stato di emergenza con la sospensione dei diritti civili”.
Questo il “volantino della discordia”.