Udine, il commercio cittadino continua a perdere insegne. Indagine Ufficio Studi Confcommercio

Nell’anno del Covid le imprese del terziario udinese hanno tenuto. Tuttavia, non manca pure stavolta una riduzione delle attività, un emorragia che evidentemente è legata alla pandemia ma che in realtà segna il passo ed è iniziata da tempo con il venir meno della funzione emporiale della città stretta nella morsa della concorenza dei centri commerciali prima e dell’ e-commerce ora. Il tutto grazie alla miopia della politica che non ha saputo e voluto tutelare per davvero il commercio di prossimità e questo ovviamente negli anni e non certo a causa Covid.  Secondo l’indagine di Confcommercio nazionale sui capoluoghi di provincia, giunta alla sesta edizione, rispetto al 2018 si sono perse 5 insegne commerciali in centro storico (da 508 a 503) e 14 al di fuori (da 376 a 362), mentre per quel che riguarda alberghi, bar e ristoranti si passa da 376 a 368 (-8) in centro storico, con un incremento invece (+5) in area non centrale (da 253 a 258). Il saldo complessivo è di -22 dal 2018 al 2020 (da tenere presente, peraltro, che i dati 2020 sono fotografati a fine giugno, dunque all’inizio della crisi).
L’elaborato statistico è dell’Ufficio Studi Confcommercio su dati camerali. Il confronto è possibile pure sul 2012, un arco temporale più ampio in cui la perdita di imprese appare ben più pesante nel commercio: siamo infatti a -102 tra centro storico (da 564 a 503, -61) e non centro storico (da 403 a 362, -41). Al contrario alberghi, bar e ristoranti sono in aumento sia in centro storico (da 358 a 368, +10) che all’esterno (da 235 a 258, +23). Un dato però non confermato nell’ultimo biennio in centro per quel che riguarda pubblici esercizi e ristorazione. Nel periodo breve, dal 2018 al 2020, l’anno segnato dal Covid, bar e ristoranti calano infatti da 356 a 346 (-10).
«La situazione è ancora di stabilità – commenta il presidente del mandamento di Confcommercio Udine Giuseppe Pavan –, ma è evidente che c’è molta preoccupazione per un anno, il 2021, segnato da una grave incertezza a causa dell’emergenza sanitaria ed economica. Di certo, più in generale, andrà ricercata una nuova capacità di pianificazione, meno burocratica, per dare risposte alle esigenze contingenti e arginare la perdita di funzioni delle città. Sono necessari modelli di governance urbana che, con il contributo di chi nella città vive e lavora, guardino al medio-lungo termine e siano realmente capaci di dare risposte concrete all’economia reale e alla vita quotidiana dei cittadini e degli imprenditori».
Proposte da tenere ben presente per quando la pandemia sarà superata. L’emergenza Covid, ricorda non a caso Confcommercio, si è abbattuta in maniera drammatica sul nostro sistema di imprese colpendo, in particolare, le filiere del turismo e della ristorazione che hanno azzerato i loro fatturati, ma anche moltissime imprese del commercio al dettaglio e del comparto del tempo libero (attività artistiche, sportive e di intrattenimento) che hanno chiuso definitivamente l’attività. Per il 2020 in Italia l’Ufficio Studi di Confcommercio stima una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia, a cui si deve aggiungere anche la perdita di circa 200mila attività professionali. Complessivamente, nel 2020 sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil, 120 miliardi di consumi e il 10% di ore lavorate.