Ateneo friulano e rettore Pinton ricordano Pierluigi Di Piazza

Pierluigi Di Piazza alla cerimonia di conferimento della laurea honoris causa

«La scomparsa di don Pierluigi Di Piazza addolora profondamente tutta la comunità dell’Università di Udine» così il rettore dell’Università di Udine, Roberto Pinton, dopo la triste notizia. «Don Pierluigi – spiega il rettore – ha portato l’esempio dell’umanità, della solidarietà e dell’operosità del Friuli in tutto il mondo». Appassionato divulgatore della cultura della pace, della non violenza e della solidarietà, era parroco di Zugliano, frazione di Pozzuolo del Friuli, dove, nel 1989, fondò il Centro di accoglienza per immigrati, profughi e rifugiati politici, intitolato a Ernesto Balducci nel 1992. Centro che ha diretto e animato instancabilmente fino agli ultimi giorni con capacità, lungimiranza e grande passione. «L’accoglienza senza pregiudizi e l’attenzione verso la diffusione a tutti della cultura ne fa un modello per l’Università di Udine – evidenza il rettore – che si onora di averlo avuto partecipe in moltissime attività, anche in veste istituzionale, per oltre vent’anni». In particolare, il 13 gennaio 2006 l’Ateneo friulano gli conferì la laurea honoris causa in Scienze economiche, su proposta dell’allora facoltà di Economia in quanto «imprenditore di solidarietà». Di Piazza, recitava la motivazione, «è ispiratore, realizzatore e infaticabile animatore del Centro Balducci: un contenitore di concreta solidarietà, ma anche centro di elaborazione culturale di rilievo internazionale sui temi della pace, della non violenza e dell’incontro con il diverso». Nel 2011, invece, don Pierluigi fece parte, come componente esterno, della commissione che redasse il Codice etico dell’Università. In occasione della consegna della laurea honoris causa, Di Piazza, nella sua lectio magistralis, esortava a passare dall’«economia di morte all’economia di vita», che è poi quell’«economia della solidarietà» sperimentata come possibile proprio dal Centro Balducci e che consiste anche nell’«investire in istruzione, ricerca, cultura, sanità». “Un’economia di solidarietà per umanizzare il mondo” si intitolava la sua lezione magistrale pronunciata davanti a un’aula magna gremita di oltre 350 persone. «Favorire l’umanizzazione del mondo» è una scelta obbligata diceva don Pierluigi nella convinzione che «oggi il realismo più veritiero è quello dell’utopia da tradurre in programma e scelte storiche concrete». Nella sua lectio spiegava che «il futuro, con la valorizzazione delle culture, delle competenze, delle abilità del lavoro delle persone e delle comunità potrà, a poco a poco, diventare più umano se i diversi saperi, la scienza, la tecnologia, la telematica, saranno verificati dall’etica del bene comune e non continuando ad aumentare i privilegi di una piccola parte del mondo». «Pace e solidarietà» spiegava la professoressa Marina Brollo nella laudatio, «sono le parole chiave dell’itinerario e dell’impegno di Di Piazza, che ruota intorno al fulcro dell’incontro con la diversità dell’“altro”». Una figura, quella di don Pierlugi, che Brollo riassumeva in due immagini: «il prete radicato nella sua comunità di fede, con il coraggio di guardare sempre avanti; l’uomo che, per costruire un mondo migliore, “vola in alto” ma con i piedi ben piantati nella sua terra friulana». Obiettivi, concetti, proponimenti che Di Piazza, poco più di un anno dopo, nella primavera del 2007, elaborava così partecipando a un convegno dell’Ateneo friulano intitolato “Per un’etica mondiale”. «L’ingiustizia strutturale, l’impoverimento e la fame, le violenze, le armi e le guerre; le diverse forme di discriminazione e di razzismo; l’usurpazione delle risorse, la distruzione e l’inquinamento dell’ambiente vitale – affermava Di Piazza – esigono un’etica mondiale che, frutto delle diverse ispirazioni culturali e religiose, vincoli tutta l’umanità a decisioni e a una comune responsabilità per la giustizia, la pace, l’accoglienza, la dignità e i diritti umani di ogni persona e comunità, di tutta la famiglia umana». Il 13 dicembre dello stesso anno partecipò all’incontro della comunità universitaria udinese con il Dalai Lama, davanti al quale evidenziò «l’importanza di valori quali giustizia, pace, compassione e accoglienza, per prepararsi come persone umane a rendere più umano questo mondo». Nel maggio 2014 ha accompagnato una cinquantina di studenti del corso di laurea in Scienze della formazione primaria, e i loro docenti, a Barbiana “sulle tracce” di don Milani. Don Lorenzo era uno dei suoi punti di riferimento e ispiratori con il concetto di “prendere a cuore”, «fondamento – diceva Di Piazza – di ogni umanità attenta, sensibile, coinvolta e partecipe, liberata dall’indifferenza, dal cinismo, dalla crudeltà». E proprio parlando di crudeltà, nel 2019, intervenendo premio di laurea intitolato a Silvia Gobbato, Di Piazza, parlando di donne e migrazioni, sottolineò quanto «la situazione delle donne migranti ci rivela la condizione che si vive nei Paesi da cui partono, spinte anche dalla violenza economica, con tutta una serie di diritti umani negati, ma anche le numerose e forti testimonianze di lotta e di resistenza, quindi da loro abbiamo molto da imparare». Don Di Piazza fu tra i promotori della laurea honoris causa a Georg Sporschill, gesuita che ha dedicato la sua vita agli ultimi: non a caso la cerimonia di consegna del titolo si tenne, nel settembre del 2019, presso il “Centro Balducci” e vide anche un intervento dello stesso Di Piazza. «Pierluigi era un uomo buono, colto e semplice allo stesso tempo – sottolinea Pinton –, con il sorriso e la pacatezza delle persone dolci e appassionate interamente protese a fare del bene al prossimo. Era un punto di riferimento per tantissimi, ma soprattutto per i più deboli e i più indifesi. Una persona di un’apertura culturale assoluta, senza dogmi e pregiudizi, con una fortissima e costante attenzione verso la crescita culturale quale strumento principe per affrancarsi dall’emarginazione, un obiettivo sul quale ha incontrato la nostra Università e la sua vocazione alla formazione e alla crescita, anche culturale, del Friuli. Anche per questo ci mancherà moltissimo, ma il suo esempio resterà per sempre illuminante per tutta la nostra comunità e, in particolare, per i nostri giovani studenti».