Autonomia differenziata: in Fvg c’è voglia di “repubblica del frico e della jota”, nazionalmente c’è il rischio di ampliare la forbice delle diseguaglianze

Prosegue silente ma inesorabile l’attuazione dell’autonomia differenziata. Nonostante la vicenda pandemica ha palesemente dimostrato i grandi problemi che si generano, almeno in ambito sanitario. La totale inadeguatezza dei sistemi regionali incapaci di coordinarsi in maniera efficace e uniforme sui territori dinnanzi ad un virus che, dei confini regionali faceva spallucce e che anzi, come abile generale, insinuava le sue truppe nelle pieghe di litigi da pollaio determinate dai “governatori” ansiosi di dimostrare il loro primato. Una differenziazione e messa continua in discussione delle determine del governo nazionale, con il palese scopo di marcare il territorio anche in maniera partitica ed ideologica, con buona  pace del virus che li ha visti migliori alleati. Tutto questo è stato drammaticamente palese durante la fase del Governo Conte ma è proseguito, anche se in maniera meno sguaiata, anche dopo. Sussurri e grida nonostante il governo di unità nazionale condotto da Mario Draghi. Del resto era scritto che sarebbe stato così, un esecutivo che ha nella sua maggioranza la Lega è destinato alla fibrillazione continua. Del resto il comportamento leghista è chiaro, storicamente legato alle logiche di un federalismo utile alle rivendicazioni del ricco nord, una Lega Nord che ha cercato di cambiare vestito togliendo la parola “nord”, travestendosi in “nazionale” grazie alla collaborazione di una pletora di utili idioti ed arrivisti vari presenti da Roma in giù. Lega in sostanza sostenitrice dell’Italia delle repubblichette e che unisce in maniera contraddittoria la sua anima sovranista. Ma ovviamente perchè il sistema delle autonomie differenziate passi non bastano le motivazioni leghiste, anche a livello bipartisan la voglia di essere piccoli “consoli” ha fatto breccia nei presidenti di regione di ogni colore ma con aspirazioni monarchiche. Intendiamoci che alcune autonomie territoriali possano avere senso per determinati fattori è una realtà incontrovertibile e di cui discutere seriamente, ma in un quadro preciso che eviti aberrazioni e semplificazioni che potrebbero diventare dannosissime per i cittadini. Facciamo un esempio di queste ore, in Fvg che l’autonomia “speciale” l’ha già, le pulsioni da piccolo staterello, da repubblica delle banane, o del frico e della jota se preferite, sono presenti nella maggioranza di centrodestra. Una voglia di potere non certo funzionale ad una migliore organizzazione sul territorio, ma solamente ad allargare le proprie sgrinfie di controllo e probabilmente di gestione finanziaria. Parliamo della volontà di regionalizzare i Vigili del Fuoco. Dopo il capolavoro compiuto l’hanno scorso di mancato rinnovo della convenzione fra Regione e pompieri, si è registrata  l’impossibilità per quest’ultimi di operare in aree non urbane. Incendi boschivi lasciati alla improvvisazione di una Protezione Civile che, per iperbole, sembra assumere nella testa di qualcuno i contorni di una milizia da comandare a bacchetta,   non ha di certo la centenaria esperienza dei Vigili del Fuoco. Ora per “risolvere il problema” si vorrebbe abbandonare il sistema nazionale di protezione del corpo per diventare autonomi. Una follia che, solo per fare un esempio, oltre a provocare disservizi certi nelle aree dei confini regionali, priverebbe o quantomeno renderebbe più difficile il supporto degli aerei antincendio che sono gestiti centralmente. A meno che, nel delirio di onnipotenza, non si pensi di dotarsi di una propria “aviazione” con tanti buoni appalti per amici ed affini. Questo è un esempio, ma per tanti motivi sarebbe necessario un ripensamento generale sull’autonomia differenziata, in primis per la sanità, ma anche per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) dove le priorità dichiarate – come transizione ecologica, digitalizzazione, giovani, donne, Mezzogiorno – richiedono la definizione di obiettivi strategici nazionali non certo il batter cassa per improbabili ovovie sul Carso, muri digitali anti-immigrati e telecamere come vuole la maggioranza di centro destra in Fvg.

FF

L’assemblea dei comitati per il No 

Di autonomia differenziata comunque si parla anche a livello nazionale e il 31 ottobre scorso a Roma si è tenuta l’Assemblea Nazionale dei Comitati per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti. I lavori sono stati aperti dalle relazioni introduttive di Marina Boscaino – portavoce dei Comitati – e di Massimo Villone, Andrea del Monaco e Paolo Berdini. Sono intervenuti, tra gli altri, i senatori De Falco, De Bonis e Granato; il deputato Silvestri; Anna Falcone; Jasmine Cristallo. Nonché rappresentanti di: ANAO – ANPI – Carte in regola – Casa internazionale delle donne – Coordinamento Democrazia Costituzionale – Cittadinanza e minoranze – COBAS – Democrazia e Lavoro Cgil – Flc Cgil -Forum italiano dei movimenti per l’acqua – Forum salute – Giuristi democratici – Indipendenza – Lavoro e Salute – Left – Libertà e giustizia – Nostra – PCI – PRC – Recovery sud – Rete dei numeri pari – Rete delle città in comune – Riconquistiamo tutto Cgil – SGB – Sinistra italiana – Uds – Uil scuola – USB – Volere la luna. Al termine dei lavori (su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=X_hr-BglnRQ), seguiti in presenza da circa 70 persone ed online da oltre 800, è stato approvato un documento nel quale si denuncia e condanna l’aver inserito ancora una volta nella NADEF, come lo scorso anno, un DDL per l’attuazione dell’Autonomia Differenziata, sottraendola così a qualunque dibattito reale nel Paese e alla possibilità di sottoporla poi eventualmente a referendum. Un DDL di cui non si sa nulla: nulla esiste di scritto, di pubblico, di conosciuto e discutibile. In una situazione del Paese che ha visto e vede i disastri della prima regionalizzazione nella sanità, ai quali si è sommata l’incapacità delle Regioni ad assicurare sicurezza nelle scuole e nei trasporti; in una situazione che vede aumentare ogni giorno di più le diseguaglianze tra i territori e all’interno dei territori stessi, dal Nord al Sud del Paese, è inaccettabile che un governo pensi di fare anche solo un minimo passo avanti sulla strada dell’AD, nel silenzio generale. Lungi dall’affrontare i problemi del Paese, qualunque atto concreto verso l’AD aumenterebbe certamente la forbice già ampia delle diseguaglianze e avvicinerebbe la Repubblica al pericolo del suo smembramento e della sua “balcanizzazione”. Su questa base l’assemblea ha deciso di: ● sostenere la raccolta firme sulle due petizioni presentate in Emilia-Romagna e in Lombardia per il ritiro delle rispettive richieste di intesa con lo Stato per l’attuazione dell’AD; ● costituire un Tavolo di coordinamento tra i soggetti presenti per organizzare la mobilitazione ed impedire che il DDL venga inserito nella Legge di Bilancio. A questo scopo il Tavolo: redigerà lettere aperte a soggetti istituzionali affinché si oppongano a collegare l’AD alla Legge di Bilancio e una petizione sul tema della trasparenza delle procedure e sulla democrazia e organizzerà, in occasione della discussione della Legge di Bilancio, un grande presidio nazionale, a Roma, davanti al
Parlamento. Tutto ciò come primo passo per chiedere che l’Autonomia differenziata venga abbandonata e si apra finalmente nel Paese un vero dibattito pubblico che – oltre ad informare i cittadini su ciò che si sta preparando e permettere di mettere in campo tutte le iniziative necessarie (sia di mobilitazione che istituzionali), ne rilevi i bisogni e le necessità; non si può procedere a trasformazioni così profonde della Repubblica senza un approfondito coinvolgimento di tutti i cittadini e tutte le cittadine, seguendo il vecchio
brocardo che ‘ciò che riguarda tutti da tutti deve essere deciso’.