Biodiversità nel prato stabile dell’Ateneo di Udine: Identificati più 100 specie vegetali e oltre 50 tipi di insetti
Oltre 100 specie vegetali diverse, tra cui alcune di notevole pregio perché legate ad ambienti poco “disturbati”, e una cinquantina di specie di insetti in un’area di appena 5mila metri quadrati. È il patrimonio biologico che gli studenti dell’Università di Udine hanno riscontrato nel prato stabile dell’Azienda agraria universitaria “Antonio Servadei”, a Sant’Osvaldo. Un vero e proprio laboratorio all’aria aperta per le sperimentazioni e la didattica utilizzato da una settantina di studenti, accompagnati dai docenti, del percorso in “Salvaguardia del patrimonio naturale e della biodiversità” del corso di laurea in Scienze per l’ambiente e la natura.
«Da circa un anno, la tutela della biodiversità è entrata a far parte della nostra Costituzione, a dimostrazione dell’urgenza di questo tema di fronte ai dati sempre più allarmanti riguardanti la sesta estinzione di massa: la prima provocata dall’uomo. Anche l’università di Udine ha deciso di impegnarsi nello sforzo di tutela, formando giovani professionisti capaci di capire ed intervenire per mantenere questa importante risorsa».
In continuità è stato attivato a Udine un gruppo di ricerca, inquadrato all’interno del National Biodiversity Future Center, per svolgere ricerche sul tema della biodiversità, approfittando delle peculiarità del territorio friulano che ospita una fauna e una flora ricchissime.
I prati stabili – I prati stabili sono formazioni vegetali caratterizzate da una flora e una fauna molto ricche, favorite dal perdurare decennale di una gestione agricola sostenibile, caratterizzata da un basso disturbo antropico (uno o due sfalci annuali). Un tempo queste formazioni erano perfettamente integrate nel sistema agricolo friulano, come fonte di foraggio per gli animali di allevamento. Di conseguenza, ora hanno anche un’importante valenza storica e culturale.
«È sembrato del tutto naturale – sottolineano Francesco Boscutti e Francesco Nazzi, docenti dei corsi di Biodiversità vegetale e Biodiversità animale – utilizzare il prato stabile dell’Azienda come un laboratorio all’aria aperta in cui far sperimentare sul campo agli studenti i metodi che la ricerca correntemente impiega per valutare la biodiversità degli ambienti naturali».
Gli studenti misurano la biodiversità – Così, a inizio maggio, gli studenti, suddivisi in dieci gruppi di lavoro, hanno installato trappole utili a raccogliere gli insetti pronubi (che trasportano il polline da un fiore all’altro permettendo l’impollinazione) e gli altri insetti che si muovono sul terreno. Contestualmente sono state anche censite tutte le piante presenti nel prato. Infine, tutto il materiale raccolto è stato smistato e determinato per elaborare i dati da presentare. Nel prato sono state identificate più di cento specie vegetali e una cinquantina di specie diverse di insetti. In questo caso si può ben dire che la diversità vegetale fa il paio con un altrettanto ricca comunità di insetti. Molti degli insetti campionati, infatti, vivono del nettare messo a disposizione dalle piante che ricevono in cambio un insostituibile aiuto alla riproduzione.
L’orchidea Ophrys apifera – Sono venute alla luce anche alcune storie interessanti. Come quella dell’orchidea Ophrys apifera che presenta un fiore trasformato così profondamente da somigliare a un’ape femmina. Così, i maschi dell’ape, attratti dal fiore “travestito da femmina”, dovrebbero posarsi di esso venendo a contatto con due strutture piene di polline che involontariamente trasporterebbero al fiore successivo, contribuendo alla fecondazione incrociata della specie. Solo in teoria però, perché nel frattempo quella specie d’ape si è estinta e Ophrys apifera ha dovuto imparare a fare a meno di quel provvidenziale “postino di geni” ricorrendo all’autofecondazione.
«Una soluzione, l’autofecondazione, impiegata da molte altre specie che tuttavia – spiegano Nazzi e Boscutti – comporta non pochi rischi biologici, determinando una drastica riduzione della variabilità genetica e, di conseguenza, una maggiore vulnerabilità nei confronti dei cambiamenti ambientali. E così, attraverso questa ed altre storie, tutti gli studenti hanno potuto apprezzare quanti tesori racchiuda un semplice prato, ma anche intuire i rischi legati alla perdita della biodiversità».