Cervello e videogiochi: perché giocare potrebbe aiutare i nostri neuroni

Da quando i videogiochi sono entrati nelle case e nella quotidianità di moltissime persone intorno agli anni ‘90 si è aperto il dibattito sugli effetti che possono avere sulla vita dei giocatori. E così abbiamo assistito a lunghissimi dibattiti sulle influenze negative, titoli messi al bando perché troppo violenti, discussioni sulla dipendenza e molto altro. In realtà la ricerca scientifica ha fatto molti passi avanti da quegli anni e oggi il gaming è stato ampiamente rivalutato perché in grado di stimolare il cervello e renderlo più reattivo agli stimoli. Proviamo a capire come e in che modo leggendo gli studi più importanti pubblicati in epoca recente. I videogiochi, come tutte le attività che richiedono l’utilizzo dei 5 sensi, sono in grado di stimolare diverse parti del cervello. E non necessariamente in senso negativo. La conferma è arrivata recentemente da una ricerca  realizzata in collaborazione dall’Università Aperta della Catalogna e dal Massachusetts General Hospital di Boston e pubblicata sul prestigioso “Frontiers in Human Neuroscience”. Il gruppo di lavoro ha analizzato i risultati di moltissimi studi legati all’argomento ed è giunto a una importante conclusione: i videogiochi, se usati consapevolmente e nel modo giusto, sono in grado di rendere i neuroni responsabili dell’attenzione più reattivi e prestanti. Di conseguenza migliorano la capacità di attenzione selettiva e la durata della concentrazione. Ma non solo: giocare sembra in grado di stimolare quelle aree del cervello che intervengono sulle abilità visuo-spaziali. Chi gioca costantemente e chi si “allena” col joypad sembra avere un ippocampo destro più grande.

Un discorso valido non soltanto per i videogiochi di più recente concezione. Anche giochi classici come le slot machine e il blackjack che oggi possiamo trovare su importanti portali come PokerStars Casino  hanno effetti benefici sul cervello e sulle capacità di concentrazione. Alcuni studi hanno dimostrato che queste discipline sono in grado di migliorare la coordinazione motoria, ma soprattutto di stimolare le capacità di problem solving, quelle strategiche e quelle matematiche. Proprio sul problem solving si è concentrata una recente e interessantissima ricerca realizzata da team di famosi esperti in neuroscienze come Adam Eichenbaum, Daphne Bavelier e C. Shawn Green. Gli scienziati hanno raccolto i dati di importanti ricerche in tema di videogiochi e sono riusciti a sintetizzare altri benefici che il gaming ha sulla mente umana. In particolare, i gamer allenati sono maggiormente in grado di ottimizzare le proprie risorse e capacità rispetto a chi non gioca mai. Quando giochiamo siamo costretti a fare scelte decisive e in tempi rapidissimi. Una dimestichezza che si riflette sulla vita quotidiana e sull’abilità di svolgere diverse azioni in simultanea. Nello sterminato mondo della ricerca legata all’impatto dei videogiochi sulla vita quotidiana ci sono altre importanti testimonianze che hanno indagato sul rapporto tra gaming e lavoro. Anche in questo caso i riscontri sono stati decisamente positivi. Giocare migliora l’attenzione, la coordinazione motoria e la memoria operativa. Due studi in particolare, uno del 2007 e uno del 2009, sono degni di citazione. Entrambi affermano che i chirurghi con un passato da videogiocatori hanno più capacità e precisione durante gli interventi più delicati. Sembra in ambito medico, alcuni giochi sono stati utilizzati in via sperimentale  come strumento di cura per molte patologie legate alle abilità visuali e cognitive. Nel 2010 il dottor Roger Li del famoso ateneo di Berkeley ha dimostrato che i videogiochi potrebbero rivelarsi utilissimi per migliorare le condizioni di chi soffre di sindrome dell’occhio pigro. Nella ricerca di Li, i pazienti che sono stati “curati” integrando sessioni di action-game alle terapie hanno spesso recuperato completamente le funzionalità oculari. I benefici dei videogiochi non porterebbero benefici soltanto in ambito lavorativo o alle menti “più giovani”. Nel 2011 Ana Carla Seabra Torres dell’Università di Porto ha analizzato l’impatto del gaming anche sulla qualità di vita delle fasce d’età più anziane. Ed è riuscita a dimostrare che inserire il gioco nella quotidianità può rallentare il declino della flessibilità cognitiva, migliorare la capacità di attenzione e quella mnemonica.