Città e governi cominciano a dichiarare lo stato di emergenza climatica
Le imponenti mobilitazioni per un’azione decisa riguardo alla crisi climatica e ambientale che si sono susseguite negli ultimi mesi in tutto il mondo, toccando l’apice a metà aprile con le manifestazioni dei giovani e anche le clamorose azioni di disubbidienza civile organizzate da Extinction Rebellion, hanno cominciato a scuotere l’apatia dei politici.
Extinction Rebellion è il nuovo movimento ambientalista radicale e non violento nato nel maggio del 2018. Extinction Rebellion in sostanza è un movimento variopinto e pacifista, ma anche organizzato e che usa la matematica come strumento per pianificare le proteste. Per undici giorni, ad esempio, migliaia di persone hanno bloccato Londra, senza alcuna violenza, sospinte da un’idea grandiosa: salvare il pianeta morente. Hanno formato catene umane per bloccare ponti e incroci, si sono sdraiati lungo le strade, si sono incollati all’ingresso della Borsa di Londra e sulle porte delle metropolitane e oltre mille manifestanti sono stati arrestati. “Tutti gli uomini riconoscono il diritto alla rivoluzione, quindi il diritto di rifiutare l’obbedienza, e d’opporre resistenza al governo, quando la sua tirannia o la sua inefficienza siano grandi ed intollerabili”, scriveva Henry David Thoreau nel saggio Disobbedienza civile. Proprio la disobbedienza civile è la strategia adottata da Extinction Rebellion (XR), movimento di disobbedienza per il clima nato per chiedere interventi urgenti per arrestare la crisi climatica e ambientale che minaccia la sopravvivenza della nostra e di molte altre specie.
Ora secondo il sito https://climateemergencydeclaration.org 507 amministrazioni locali in Canada, Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Svizzera, corrispondenti a 43 milioni di cittadini, hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica. Tra di esse si contano città importanti come Londra, Basilea, York, San Francisco, Melbourne ed Edimburgo. Il 28 aprile il Primo Ministro scozzese Nicola Sturgeon ha dichiarato l’emergenza climatica durante il congresso annuale del suo partito, seguita il giorno dopo dal governo gallese. Ieri, 1° maggio, il leader laburista Jeremy Corbyn ha presentato una mozione chiedendo al Parlamento britannico di dichiarare lo stato di emergenza ambientale e climatica a livello nazionale, nella speranza che un voto favorevole costituisca un esempio per altri paesi. Dopo l’incontro con Greta Thunberg a Londra, Corbyn ha ripetuto più volte che la possibilità di agire va colta subito e non sarà disponibile per altre generazioni, per poi sostenere che il governo conservatore non ha fatto abbastanza per ridurre le emissioni di carbonio. Il Ministro dell’Ambiente Michael Gove ha ammesso che il cambiamento climatico rappresenta una crisi che tutti i politici devono affrontare e il Primo Ministro Theresa May l’ha definito “uno dei più grandi problemi che il mondo si trova davanti”. Data l’inazione del governo sul tema (Theresa May è stata tra l’altro l’unica leader a disertare l’incontro con Greta Thunberg) viene da chiedersi quanto siano sincere queste dichiarazioni. Anche quando viene dichiarata l’emergenza climatica, nella maggioranza dei casi si punta ad azzerare le emissioni entro il 2050, ma questa data viene ritenuta troppo lontana dai giovani attivisti. In particolare Extinction Rebellion punta all’obiettivo di emissioni zero entro il 2025. Vedremo se la crescente pressione smuoverà altri politici, spingendoli ad agire. In questo senso il secondo sciopero globale per il futuro, previsto per venerdì 24 maggio (a due giorni dalle elezioni europee), potrebbe rappresentare un punto di svolta.