Dal Friuli-Venezia Giulia un “libro bianco” sulle attività del consorzio “Agorà”. Un affaire “nazionale” di finte cooperative già nel mirino di Procura e Fiamme Gialle di Arezzo
Forse i lettori più attenti di FriuliSera ricorderanno la vicenda della Reses ex Agorà Italia balzata agli “onori” della cronaca anche ad Osoppo per una presunta maxi evasione fiscale attraverso la gestione allegra, non certo per gli ospiti, di case di riposo e strutture assistenziali per minori e disabili. Un complesso sistema che vedeva il consorzio, secondo le indagini della Gdf di Arezzo coordinate dal procuratore Roberto Rossi, andare ben oltre la città aretina, oltre la Toscana, con operatività anche in altre regioni del Centro e Nord Italia Friuli compreso. Un consorzio attivo da anni nella gestione di strutture socioassistenziali affidate da enti pubblici e privati. In Friuli l’attività si era focalizzata in quel di Osoppo, la “Casa albergo” e probabilmente voleva essere trampolino per ulteriori future azioni nella evidente “disattenzione” delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni. Tale organizzazione, secondo i finanzieri, avrebbe partecipato a gare pubbliche per l’affidamento di servizi tramite il consorzio, per poi affidare la gestione a cooperative riconducibili sempre ai medesimi soggetti, sembrerebbe un sistema di “apri e chiudi”. Eravamo nel giugno scorso quando scattarono gli arresti, tre ordinanze che riguardavano il presidente di Reses ex Agorà Italia Daniele Mazzetti e gli stretti collaboratori Letizia Beoni e Alessandro Corsetti. L’inchiesta è ovviamente andata avanti fa perquisizioni e interrogatori fino a che, cessate le esigenze di custodia cautelare i tre indagati principali sono tornati in libertà. Era il 22 luglio. Cessata quindi la limitazione della libertà personale, che è stata sostituita con la misura della interdizione dall’esercizio di uffici direttivi del consorzio Reses (ex Agorà) e di tutte le società facenti parte del consorzio stesso proseguono le indagini con procura e fiamme gialle aretine che continuano a indagare sulla complessa vicenda per fare piena luce sugli aspetti ancora opachi, in primo luogo su quale destinazione abbiano avuto i soldi dell’evasione fiscale evaporati dall’esame della contabilità. Gli indagati e i loro difensori si dicono estranei all’evasione fiscale negando l’esistenza di accantonamenti personali in Italia o all’estero, tesoretti e fondi occulti provenienti dai soldi del sistema cooperativistico fasullo che gestisce le Rsa. Secondo le tesi difensive le somme sparite si riferiscano unicamente allo sbilancio effettivo delle cooperative causato dalla onerosa gestione delle strutture che si occupano di anziani, disabili e minori, al massimo ammettono errori gestionali ma nessuna appropriazione. Gli inquirenti vogliono però verificare fino in fondo se nel corso degli anni ci sono stati flussi sospetti su operazioni immobiliari o di altra natura che abbiano distratto patrimoni provenienti dai denari provenienti da rette degli ospiti e somme del servizio sanitario nazionale, su canali non regolari. Ora forse una insperata mano agli inquirenti potrebbe arrivare da un colossale lavoro di indagine, iniziato ben prima che scoppiasse la vicenda giudiziaria che si è concretizzato in un “libro bianco” nel quale con maniacale dovizia di particolari viene ricostruito il complesso meccanismo messo in piedi ad Arezzo ma che, come già detto, operava anche in altre regioni del Centro e Nord Italia Friuli compreso. Ed è proprio dal Friuli VG che si è realizzata questa l’inchiesta dal titolo evocativo: “Giochi di pazienza L’Agorà d’Italia e dintorni: una storia di cooperazione sociale atipica”. Autore il Comitato Paritetico Regionale per la Cooperazione Sociale del Friuli-Venezia Giulia che svolge da anni un originale lavoro di osservatorio sugli appalti. Un corposo documento di ben 132 pagine nato, si legge nell’introduzione, “dalla concreta casistica locale, che si è poi allargato a dismisura tra verifiche, incroci, acquisizione di documenti. Un vero e proprio, faticoso, esercizio di metodo ed autocontrollo, condotto da cooperatrici/ori sociali, impiegate/i amministrative/i e sindacaliste/i, nei ritagli di tempo delle loro tante attività”. La tesi di questa ricerca, spiegano gli autori, è “basata su tre tipi di fonti (giornalistiche; documentali ed orali) e per altro ancora evidentemente incompleta (ad esempio, quanto allo studio dei flussi finanziari), è che ci si trovi di fronte ad un insieme imprenditoriale che utilizza strumentalmente la forma cooperativa come veicolo, pur non manifestando coerentemente i comportamenti concreti di una società mutualistica. Una realtà multiforme e proteica, capace di trasformarsi di continuo, unendo la centralizzazione del comando imprenditoriale con la dispersione in una multipolarità aziendale, almeno 50 le società individuate, tale da massimizzare l’efficacia di pratiche imprenditoriali non esemplari, e di minimizzarne le ricadute in termini di costi, scaricando sui singoli territori le contraddizioni. Sui territori: cioè sull’utenza, sulle operatrici e gli operatori (talvolta designati come amministratori delle cooperative, coinvolgendoli nella responsabilità senza offrire loro effettivi strumenti decisionali), sulle stazioni appaltanti; minimizzando, d’altra parte, la conoscenza del fenomeno, attraverso lo spezzettamento dell’immagine generale in infiniti frammenti, in cui si scompone l’immagine come in un quadro cubista”. Insomma, una storia di false cooperative, nessuna ovviamente aderente a centrali cooperative, usate in maniera talmente disinvolta da essere probabile sodalizio criminale. Il metodo utilizzato era decisamente “professionale” studiato a tavolino, dalle evidenze del libro bianco emerge infatti che “la struttura proteiforme de L’Agorà permette di perseguire uno schema ripetitivo, che però – fino all’inchiesta giudiziaria emersa alla luce nel giugno di quest’anno – è sfuggita finora ad un’analisi globale da parte delle autorità competente in materia di vigilanza cooperativa. Ciò in quanto, finora, le autorità che se ne sono occupate (stazioni appaltanti; organizzazioni sindacali e cooperazione, magistratura) non ne hanno percepito il carattere nazionale e coordinato”. In estrema sintesi il meccanismo era consolidato: la cooperativa acquisisce gli appalti, favorita da meccanismi dove viene valutato più il prezzo basso che la qualità del servizio offerto; il minor costo viene scaricato sui lavoratori, soggetti a ricorrenti periodi di mancata retribuzione; dopo ogni fase vertenziale locale, la cooperativa riprende a pagare in ritardo, spostando il mancato pagamento in altra diversa sede; periodicamente il costo insostenibile viene scaricato sugli amministratori della singola cooperativa satellite, che talvolta sono individuati tra i lavoratori, usati di fatto come prestanome (ma purtroppo responsabilizzati in termini patrimoniali, per cui – oltre al salario – perdono anche beni personali posti a garanzia dell’azienda). Quella cooperativa quindi viene fatta fallire, chiudendo la vicenda senza intaccare il “nocciolo duro”, che si rinnova in nuove aziende in un perpetuo rinnovarsi. Impossibile sintetizzare tutti i contenuti presenti nel libro denuncia che crediamo sarà interessante lettura anche per la magistratura e che progressivamente potremo snocciolare di pari passo con le indagini future. Sappiate solo che non solo si narrano fatti documentati e si fanno nomi e cognomi, ma si evidenziano soprattutto dei meccanismi, un vero e proprio gioco delle “tre carte” che temiamo siano comuni ad altre situazioni similari che si determinano grazie alla “disattenzione” dei controllori, stazioni appaltanti innanzitutto che dovrebbero badare non solo al prezzo più basso ma anche, se non soprattutto, alla qualità dell’offerta. “Anticipando le conclusioni, si legge nell’introduzione del libro denuncia, abbiamo “più domande che certezze. In primo luogo, i controlli. Quando si vede un gruppo di cooperative che vengono svuotate, per poi trasferirle in una sede fittizia a Roma, ed essere tutte liquidate dalla Magistratura senza rendersi conto che costituiscono un tutt’uno, ci si chiede se, nell’epoca di internet e dei “pool” contro la delinquenza organizzata, non siano possibili altri strumenti di controllo.
Si può scaricare il documento in Pdf da http://www.storiastoriepn.it/giochi-di-pazienza-lagora-ditalia-e-dintorni-una-storia-di-cooperazione-sociale-atipica/