Demodeismo. Una riflessione e una poesia

Mala tempora currunt sed peiora parantur quando l’uomo cerca di farsi sostituire dalle macchine e soprattutto se decide di chiudere in un cassetto la propria creatività affidandosi esclusivamente alle moderne possibilità tecnologiche.
A mio avviso si tratterebbe infatti di uno degli errori più grossolani in cui precipitare nel corso della nostra faticosa evoluzione, uno schiaffo alla storia dell’umanità, perchè traducibile essenzialmente come una progressiva e alquanto distruttiva perdita del suo stesso significato .
Un’autentica degenerazione, che oggi trova un humus quanto mai fertile anche per colpa di un meccanismo sociale che imperversa in mille modi nell’opprimere le coscienze tentando di impedire la comprensione della realtà. Intendo qui anche la consapevolezza di sé stessi, delle proprie peculiari capacità e fragilità, nonché del ruolo che queste devono svolgere nella disordinata e impoverita attualità. Ritengo che tali caratteristiche facciano parte delle basi insostituibili di ogni persona e che di lì si debba partire per poi irradiarsi verso i percorsi che verranno ritenuti congeniali nel corso della vita.
Chiunque miri, in modo più o meno subdolo, ad un generale appiattimento delle coscienze, blocca palesemente il processo di sviluppo dell’essere umano come individuo e anche in senso collettivo, innescando di conseguenza un pericolosissimo meccanismo involutivo (che, in un certo senso, forse è già in atto).
Non rientra certo nelle intenzioni del demodeista il rifiuto degli strumenti digitali, giacchè essi sono di indubbia e riconosciuta utilità. Egli desidera piuttosto intervenire nella sempre più malsana e spaventevole contemporaneità, portando alla riflessione e cercando pure, ove possibile, di scuotere gli animi.
Ritengo che in questo processo l’elemento naturale, considerato anche in ottica universale e colto anche nella sua intrinseca purezza e sincerità, possa svolgere un ruolo importantissimo. Credo cioè che sia fondamentale riuscire a riconnettersi al mondo (così barbaramente calpestato), tornando per esempio a percepire l’essenza del bosco attraverso la limpida comunicazione con i suoi emissari, o accogliendo l’affetto speciale ed esclusivo che solo un animale ci sa regalare.
Convinta quindi che i nostri cuori debbano riaccordarsi con l’imprescindibile battito universale e credendo nell’esigenza di creare un dipinto collettivo fatto di molteplici sfumature, ringrazio e propongo la mia poesia.

Anna Maria Grattarola

Universo 24
A volte credo sia meglio
ascoltare solo il primordiale tuo battito.
Magica tu dalla nivea e tenera pelliccetta,
ormai grigia e spolpata io,
una groggy serale un po’fatata.

Scacciare la modernità. A volte ci vuole,
ritirarsi tra parentesi nell’orda di vacui suoni.
E invece di correre sempre, tornare a camminare al ritmo del torrente.
Provaci, non costa niente.

A proposito di #simbolismoinformatico:
io preferisco natura e animali.
Qualche volta, dipende, persino gli umani
/ma solo se a prova di antivirus/

Dopo vado su internet e chiedo a ChatGPT se per caso conosce le mie coordinate nell’Universo, o al limite nel Metaverso –

Penso all’imperturbabile variabilità della cefeide
vagante lungo la sua striscia di instabilità,
contro il percorso globale di un’insensata esistenza
attorcigliata intorno al terrifico niente.

Scorrendo un post leggo:
“Esistesse un Paradiso,
potrebbe essere quello dei mai più.
Mai più soffocare i cieli con snaturati vapori.
Mai più far del male agli animali (gli angeli più innocenti, preziosi e rari).
Mai più acqua nera nel mare.
Che le onde si animino di antica purezza cerulea!
E non impedite alla luce di brillare…che pesci e sirene siano liberi di potersi specchiare”.