Domani sciopero dei lavoratori del terziario e del turismo. Contratti non rinnovati e condizioni di lavoro insostenibili
Sarà sciopero il 22 dicembre, per oltre 7 milioni di lavoratrici e lavoratori dei settori del terziario e del turismo. La giornata di sciopero organizzata da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil mira a spingere per una ripresa dei negoziati, evidenziando l’impasse delle trattative e la difficile situazione in cui si trova chi lavora in questi settori. Rimuovere le «condizioni irricevibili» poste dalle associazioni datoriali e manifestare una «concreta disponibilità ad erogare un aumento salariale dignitoso ed adeguato, che applichi gli indici inflazionistici e che prenda in considerazione tutto il periodo trascorso dalla scadenza dei Ccnl e i futuri 3 anni di vigenza in caso di rinnovo». Sono le ragioni dello sciopero nazionale proclamato come detto unitariamente da Filcams Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil nei settori del terziario e del turismo. La giornata di astensione dal lavoro interessa una platea di circa 100mila lavoratori in Friuli Venezia Giulia. A bloccare la trattativa sul rinnovo dei contratti, scaduti nel 2019, le distanze non solo sull’entità degli incrementi retributivi, ma anche sulla disciplina della malattia e degli infortuni, su mansioni e inquadramento, oltre alla richiesta, da parte datoriale, di un ulteriore incremento della flessibilità, pretesa considerata irricevibile dai sindacati. Contratti nazionali scaduti da ormai troppi anni, in una situazione insostenibile dovuta alle posizioni delle associazioni datoriali e delle imprese, che non vogliono riconoscere aumenti retributivi dignitosi, indispensabili per contrastare l’inflazione e la riduzione del potere di acquisto delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie, come invece previsto dagli accordi interconfederali, e pretendono invece di manomettere non solo diritti acquisiti, che incidono sulle retribuzioni, come scatti di anzianità, quattordicesima e permessi retribuiti, ma anche diritti fondamentali e di interesse sociale come il periodo massimo per la conservazione del posto di lavoro in caso di malattia e infortunio. Ma non basta: le nostre controparti sollecitano anche interventi per aumentare una flessibilità già insostenibile, che rende impossibile la conciliazione dei tempi lavoro e vita privata, e una revisione al ribasso sulle mansioni e sui livelli di inquadramento, invece di migliorare il riconoscimento della professionalità.
Filcams, Fisascat e Uiltucs chiedono ormai da mesi che sui tavoli vengano rimosse queste condizioni irricevibili e che ci sia invece la concreta disponibilità ad erogare un aumento salariale dignitoso ed adeguato, che applichi gli indici inflazionistici e che prenda in considerazione tutto il periodo trascorso dalla scadenza dei Ccnl e i futuri 3 anni di vigenza in caso di rinnovo.
Per chi, come Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, crede nell’importanza fondamentale del negoziato e svolge con senso di responsabilità il proprio ruolo, determinate scelte datoriali appaiono unicamente improntate a far strage di diritti e a far crescere la precarietà. Senza contare che quando non si rinnovano per lassi temporali così lunghi i contratti, si mette in seria discussione valore, funzione e intera tenuta economica del nostro paese.
«Vogliamo riprendere il negoziato, ma vogliamo che ci sia la concreta volontà di non giocare sempre al ribasso nelle condizioni normative e retributive di un mondo lavorativo che oltretutto è formato perlopiù da donne, strizzando così di fatto l’occhio ad una situazione già difficile di discriminazione», spiega Marika Baio, coordinatrice Filcams-Cgil Friuli Venezia Giulia.
«La fuga di personale dai settori dovrebbe essere un forte campanello di allarme per le associazioni datoriali e le aziende, che invece giocano la carta del “prendere tempo» per risparmiare sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori, che pretendono scambi diritti per salario, che non sono in grado di formulare proposte economiche dignitose. Un paese che non capisce l’importanza dell’investimento sulle retribuzioni per contrastare la perdita di potere di acquisto è un paese destinato alla recessione. I settori del Terziario e del Turismo segnano bilanci e profitti positivi, non si nascondano dietro falsi muri», spiega Matteo Calabrò, segretario generale della UILTuCS Friuli Venezia Giulia
«L’accordo ponte del dicembre 2022 – aggiunge Adriano Giacomazzi, segretario della Fisascat CISL regionale – aveva un chiaro impegno, rinnovare i contratti nazionali entro giugno 2023. L’impegno è stato disatteso dei rappresentanti delle imprese, lasciando lavoratrici e lavoratori in balia degli aumenti dell’inflazione. Le famiglie dei lavoratori del commercio e del settore turistico e della ristorazione collettiva hanno la necessità e il diritto a retribuzioni dignitose per il periodo che il Paese sta affrontando. Bisogna richiamare le imprese al loro ruolo sociale, creare benessere sul territorio attraverso salari dignitosi ai propri fondamentali collaboratori. Il contratto nazionale deve rimanere il pilastro del rapporto di lavoro e il suo rinnovo è un dovere per le imprese».
L’auspicio delle tre federazioni è che «prevalga finalmente un senso di responsabilità finora assente in chi rappresenta le aziende e lo sciopero del 22 dicembre sarà un chiaro e forte segnale per ricondurre le associazioni datoriali ad un confronto serio, rispettoso delle dignità di chi lavora».