In scena anche a Udine il Vannacci show, perché in Friuli non dobbiamo farci mancare nulla, neppure la demenza ideologica. Riuscito il sit-in di protesta
L’odio non è un diritto, così si leggeva nello striscione sotto il quale campeggiavano parecchie decine di persone nel sit-in “d’accoglienza” al generale Roberto Vannacci giunto in città per presentare, in una sala del centro, il libro “Il mondo al contrario”. Ha aperto la manifestazione l’attivista per i diritti civili e organizzatrice della manifestazione Raffaella Barbieri che ha ribadito “Quanto in questo periodo storico sia pericoloso rivendicare il diritto ad odiare, spesso viene già subdolamente ostacolato l’esercizio dei diritti e le minoranze vengono discriminate” ha poi aggiunto che “se la normalità è quella descritta da Vannacci siamo fiere e fieri di non essere normali, sono seguiti gli interventi di ANPI, FVG Pride, NonUnaDiMeno Udine, Possibile FVG. È stato intonata Bella Ciao e slogan contro ogni tipo di violenza. La manifestazione si è svolta senza disordini, salvo un paio di contestazioni provenienti dalle persone in attesa di entrare alla presentazione, alcuni manifestanti hanno chiesto di entrare per confrontarsi accogliendo l’invito lanciato dal generale in un comunicato, ma in realtà, si legge in una nota, non gli è stato permesso. Vannacci dal canto suo ha presentato il suo libro in una sala affollata. Insomma tutto è andato come da copione, uno stupido copione, perché a Udine non dobbiamo proprio farci mancare nulla, neppure le tesi demenziali di un generalissimo scribacchino dalle strampalate idee retrograde che però, evidentemente, piacciono a non pochi nostalgici di un tempo che fu. Se questa è la rivoluzione culturale della Meloni non c’è certo da preoccuparsi, se non fosse che dopo Sangiuliano che i libri non li scrive ma come è noto manco li legge, potremmo trovarci Vannacci ministro della cultura. Fallisce così anche nel sostegno alle tesi del generalissimo la sfida del conservatorismo meloniano di affrancarsi dal post-fascismo per spostarsi nell’asse della destra di governo europea. Viene smascherata così la falsità di una strategia inizialmente percepita sulla quale pesa la consistenza del partito, la qualità della classe dirigente, le nostalgie ideologiche e una concezione della società già per fortuna ampiamente archiviata dalla realtà italiana.