La caduta del desiderio elettorale. La scomparsa del testosterone

Mi sto domandando se vi sia una qualche correlazione tra il votare e l’attività sessuale. Sarà che i miei corrispondenti, amici, conoscenti, interlocutori vari, sono per lo più anziani, ma mai come in questo periodo mi hanno rivolto la medesima domanda: “per chi dobbiamo votare?”. In passato era una specie di forma retorica, ognuno sapeva benissimo cosa aveva in testa, il mio giro non era di ingenui sprovveduti, ma l’argomento di conversazione era comunque ghiotto. Oggi mi sa che il dubbio è proprio reale. Cosa c’entra il sesso. Molto. La procedura elettorale in una solida democrazia è un accoppiamento costruito a partire da una fase preliminare di corteggiamento, proseguito con una conoscenza intima che si concretizza con un assenso formale (il momento del voto) e che porta ad una fase di orgasmo con lo scrutinio finale per quei pochi che si accontentano. Gran parte dei “cittadini” provano delusione e l’atto elettorale-sessuale viene accantonato come in una routine matrimoniale in attesa di una futura avventura. Una sigaretta virtuale e via con le normali preoccupazioni di ogni giorno. Oggi, viste anche le percentuali di quanti volevano tenersi Draghi il più a lungo possibile, mi sembra che siamo in una fase di acuta caduta del desiderio. E stranamente colpisce anche gli anziani che, come sanno tutti i gestori di case di riposo, sono quelli che ai piaceri della vita non vorrebbero mai rinunciare. Per molti non votare pesa come il presentarsi di una malattia temuta. Capisco i giovani. Il voto è un optional che comunque ti spetta non una conquista messa in discussione. Se le offerte non mi soddisfano non c’è alcun motivo per comprarle. Nel 2018 la novità del M5S ha affascinato le classi che oggi hanno tra i 30 e i 50 anni e gli eletti di quella età hanno riempito il parlamento. Oggi il remake della tradizione nazional-popolare di “io sono Giorgia” potrebbe stimolare qualche passione così come alle europee del 2019 il cacciatore dei barconi di migranti, ma mi sembra che lo spirito “queer” della generazione Z non si stia scaldando eccessivamente. Il testosterone viaggia in altri ambiti. La campagna elettorale cerca di arricchirsi di immagini pornografiche per risvegliare istinti e ormoni. “Interesse nazionale”, “tasse in picchiata”, mai più Green Pass, “blocco navale dei barconi”, un milione di alberi, energia nucleare, e via avanti. Per fortuna ci sono i “moderati” che dicono le stesse cose e che garantiscono che nulla cambierà rispetto al passato salvo magari l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. A parte Italexit e qualche “Salvinata”, l’Europa, l’USA e il sostegno all’Ucraina non si discutono. A sinistra fa un po’ di paura il ritorno di “dio, patria e famiglia”, e serve forse a ricompattare quelli che, come me, aspettano il 25 aprile per ritrovarsi con gli amici, ma la convinzione prevalente è che probabilmente, dopo le elezioni, delle cose materiali (economia, lavoro, salari, pensioni) non cambierà molto e che per i diritti (umani) toccherà continuare a battersi come sempre, anche quando la sinistra governava. Sono tentato dal non voto. Anche se mi sembra una cosa falsamente aristocratica. Un po’ come il celibato dei preti cattolici. Ma forse per la prima volta il non voto potrebbe cominciare ad avere un significato politico quando diventerà chiaro che le sovranità nazionali e le democrazie elettorali ad esse vincolate non sono in relazione con i problemi del tempo. Dal riscaldamento globale alle risorse riproducibili da salvaguardare, dalla salute ai limiti delle disponibilità di consumo che una economia insostenibile ci impedisce di affrontare. Con imperi in lotta per un dominio regionale e/o globale pronti a distruggere ogni parvenza di civiltà. Gli “stati” del XXI secolo non ci azzeccano proprio. Le nazioni hanno il diritto di esprimere la loro interpretazione del mondo ma gli stati e gli imperi non sono più strumenti utili a disposizione per garantire all’umanità una saggia presenza nel pianeta. Nè credo che l’alternativa sia tra lo scomparire o l’arrivo del nuovo Leviatano. Per questo l’affievolirsi dell’istinto sessuale riproduttivo nei confronti delle prossime elezioni politiche non deve tanto preoccupare quanto stimolare nuove occasioni di pratica della politica e di (auto)governo delle comunità. Magari come spazio della collaborazione e non della costruzione-distruzione del nemico. Giorgio Cavallo.