La nave di Mediterranea Saving Humans minacciata di sanzioni penali e arresto dopo le operazioni che hanno tratto in salvo 182 persone
Alla conclusione della missione 18, la nostra nave Mare Jonio ha fatto ritorno a Trapani per sostenere le visite annuali del RINA e le ispezioni previste della Capitaneria di Porto. Qui è stato notificato ad Armatore e Comandante della nave un provvedimento dell’Autorità Marittima di bandiera che testualmente “diffida la società proprietaria e armatrice del rimorchiatore MARE JONIO dal continuare a intraprendere ogni attività preordinata alla effettuazione sistematica del servizio di ricerca e soccorso in mare”. Così in una nota di Mediterranea Saving Humans che prosegue: “Le motivazioni addotte? Sarebbero la mancanza della “relativa certificazione di idoneità.” Non solo: il documento si chiude con una minaccia: “l’inosservanza sarà sanzionata ai sensi dell’art. 650 c.p.”, cioè quella norma del Codice Penale che prevede l’arresto fino a tre mesi per chi non ubbidisce ai provvedimenti delle Autorità. È un provvedimento grave e paradossale al tempo stesso commenta la Onlus. Si tratta senza alcun dubbio di un’iniziativa voluta dal Governo in carica, dal ministro dell’Interno e da quello dei Trasporti. Un ulteriore capitolo nella guerra cieca e insensata condotta da questo esecutivo contro le navi della Flotta civile e il soccorso in mare. Il documento fa infatti esplicito riferimento alle operazioni di soccorso condotte dalla Mare Jonio tra il 24 e il 25 agosto, in stretta collaborazione con le motovedette della Guardia Costiera italiana, che in due casi su tre hanno trasferito a Lampedusa le persone (67 prima e 50 poi) assistite e recuperate dalla nostra nave, e in coordinamento con IT MRCC di Roma (la sala operativa nazionale per il soccorso marittimo della stessa Guardia Costiera) che ha assegnato poi il porto di Pozzallo per lo sbarco delle ultime 65 persone messe in salvo. Mentre in mare la Guardia Costiera collabora con la Mare Jonio per la salvaguardia di 182 vite umane, le Autorità Marittime – su ordine del Governo – ci diffidano dal soccorrere e minacciano sanzioni.
Ma anche nel merito il provvedimento è del tutto ingiustificato: solo pochi giorni fa – il 28 agosto scorso – la Mare Jonio è stata ispezionata dal Registro Navale Italiano – RINA (Ente tecnico di certificazione riconosciuto e delegato dallo Stato per la classificazione dei natanti) che ha confermato il Certificato di classe, che abilita la nostra nave come “particolarmente equipaggiata per il servizio rescue”, cioè la ricerca e il soccorso in mare. Il certificato d’Idoneità a cui il documento fa riferimento è stato rilasciato nel settembre 2023 e il mancato riconoscimento come nave “di soccorso”, basato su due circolari del Comando Generale CP, è stato contestato con un ricorso da allora pendente davanti al TAR del Lazio.
Anche questa volta siamo costretti a perdere tempo, energie e soldi, per tutelare la Mare Jonio in ogni sede legale. Tempo, energie e soldi che stiamo invece già dedicando a preparare la prossima missione in mare. Anche perché, ultimo ma decisivo argomento, come purtroppo ci ricorda anche l’inchiesta aperta dalla Magistratura sulla strage di Cutro: la ricerca e il soccorso in mare non è un’“attività sistematica” che si può scegliere di compiere a discrezione, ma un preciso dovere etico, obbligo di legge, che vale per chiunque vada per mare. Non farlo, questo sì, è un crimine.