La proposta: Un museo dell’aria in Fvg legato alle Frecce Tricolori ma non solo

Salvare, proteggere e diffondere uno dei patrimoni meno conosciuti ma di grande valore del Friuli Venezia Giulia: la sua storia legata ai pionieri del volo e dell’epopea dell’Aeronautica civile e militare fino al fiore all’occhiello che sono le Frecce Tricolori. A lanciare mediaticamente la proposta Mauro Capozzella ex consigliere regionale e coordinatore provinciale del M5S di pordenone. “La Regione metta mano ad un progetto e realizzi un Museo del Volo portando a conoscenza del vasto mondo degli appassionati e non solo il profondo legame che il nostro territorio ha avuto ed ha con il mondo legato alle “macchine volanti”, i suoi assi, i promotori dei voli aerei passeggeri fino al più grande richiamo internazionale che sono le Frecce Tricolori che hanno la loro sede a Rivolto in provincia di Udine. Da Pordenone a Udine a Trieste e Gorizia ci sono testimonianze uniche nella storia del volo che devono trovare dignità e collocazione a livello divulgativo con un impegno economico e strutturale che può portare migliaia di visitatori con un unicum nel suo genere che farebbe invidia a musei e strutture simili in Italia in Europa. L’idea è di un Museo dell’Aria che fino ad oggi è stata lettera morta e che nasconde una realtà viva e riportata nei libri di storia dell’aeronautica mondiale che la Regione, fino ad oggi, ha scientemente dimenticato”.  “Attualmente, spiega Capozzella,  gli aerei che hanno fatto la storia della Pattuglia acrobatica nazionale sono esposti all’interno dell’aeroporto militare di Rivolto e sono visibili solo a chi può accedere all’aerobase. Il tempo e la scarsa manutenzione rischiano, però, di danneggiare i G-91, F84 e Vampire. Ecco che allora, in accordo con il Ministero, si potrebbe ipotizzare di custodirli all’interno di una vasto Museo dell’Aria – come quello in ipotesi di realizzazione a Gorizia – rendendoli così usufruibili al grande pubblico di appassionati di tutto il mondo. sarebbe davvero un unicum per la nostra regione, visto che alcuni di questi velivoli sono oggi esposti a Vigna di Valle, nel Lazio, al Museo dell’Aeronautica militare. Un Museo dell’Aria siamo certi, conclude Capozzella,   porterebbe in regione migliaia di turisti ed appassionati in un contesto di offerta anche ludica per bambini e ragazzi, esposizioni dedicate, collezioni di modelli, film dedicati al volo e all’attività aeronautica sia per il grande pubblico che documentaristico, modelli di aerei che si possono reperire da altri musei o collezioni private e tanto altro.
Il Friuli Venezia Giulia in realtà, dal punto di vista del volo, non è solo la Pan. Partendo dal pordenonese abbiamo, infatti, la prima scuola di volo civile e poi militare che trovò collocazione all’aerocampo della Comina, oggi, spiega Capozzella,  un campo abbandonato a sé stesso, di fatto, con un aeroporto chiuso che potrebbe essere una struttura attrattiva per voli turistici per aerei privati anche come ponte per arrivi dal nord Europa verso le spiagge adriatiche e non solo. Passando poi alla provincia di Udine ci sono, oltre all’aerobase di Rivolto i cui velivoli storici dovrebbero essere ospitati nel Museo dell’Aria, ci sono le testimonianze della presenza non solo della scuola di volo acrobatico ma anche della attività della squadriglia dell’asso Francesco Baracca, caduto poi sul Montello nel corso della Prima guerra mondiale. Nel goriziano abbiamo, poi, il bellissimo aeroporto Duca d’Aosta oggi in gran parte in rovina che ospitò la scuola di volo per aerosiluranti nel corso della secondo conflitto mondiale. A Monfalcone, poi, abbiamo la presenza della più grande fabbrica di idrovolanti in Italia, i famosi Cant-Zapata impiegati sia per impieghi bellici che civile di cui oggi non restano che poche tracce sia documentali che tecnologiche. Trieste, infine, ma non ultimo, ha il primato di essere stata la prima città ad essere collegata in Italia con un volo aereo civile con Torino lungo il Po a fine anni Venti. Per non dimenticare l’esperienza dei voli di soccorso con elicottero della Elifriulia una fra le prime in Italia dopo le sperimentazioni svizzere nel secolo scorso.