Lacrime vere e lacrime di coccodrillo
Nell’autunno del 2018 era la montagna friulana, la Carnia in particolare, a piangere sotto la violenza della tempesta Vaia. Ora è la pianura friulana, come la Romagna e la Padania, a piangere colpita dai violenti fenomeni atmosferici di questi giorni. Con essa piangono le isole e i territori mediterranei, e non solo, investiti da alte temperature e dagli incendi. E’ ormai evidente che ci troviamo di fronte a cambiamenti climatici la cui causa principale sta nel riscaldamento ed inquinamento dell’atmosfera provocato dall’uso dei combustibili fossili. Eppure in Friuli Venezia Giulia l’Assessorato alla Difesa del Territorio e all’Energia ha autorizzato la Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino (SIOT) della Transalpine Pipeline (TAL), i cui azionisti sono le multinazionali del petrolio, ad installare, su progetto Enerproject, i cogeneratori di
elettricità e di calore funzionanti a metano nelle stazioni di pompaggio di San Dorligo della Valle, di Reana del Rojale, di Somplago e di Paluzza. Queste ultime stazioni di pompaggio sono ubicate rispettivamente nelle strette valli montane del Lago dei Tre Comuni e del torrente But. La strettezza di queste due valli montane favorirà la concentrazione nell’atmosfera dei gas inquinanti provenienti dalla combustione del metano con grave danno alla salute degli abitanti, all’agricoltura, al turismo e all’ambiente tutelato dalla Convenzione Internazionale della Protezione delle Alpi. La SIOT motiva l’installazione dei generatori a metano con il vantaggio dell’autonomia, dell’efficienza e risparmio energetici e le minori emissioni inquinanti: ma è proprio la combustione del metano ad aumentarle! Intende avere autonomia energetica per proteggersi da eventuali black-out quando invece questi – e ben altre tragedie – sono la conseguenza dei cambiamenti climatici provocati proprio dai combustibili fossili come il metano che la SIOT intende utilizzare. Metano per il quale l’Italia è dipendente da altri stati fornitori: altro che autonomia energetica! Le motivazioni della SIOT confliggono con la realtà. Da oltre 50 anni l’oleodotto ha sempre convogliato normalmente il petrolio da Trieste all’Europa centrale utilizzando l’energia elettrica della rete alimentata principalmente dalle tante centrali idroelettriche esistenti nella nostra regione.
A dimostrazione che ben altre sono le reali motivazioni di tale scelta è l’accurato studio dell’Agenzia per l’Energia del Friuli Venezia Giulia (APE), di cui sono soci i Comuni, eseguito sul progetto SIOT per il Comune di Paluzza. Infatti lo studio APE così conclude: “Enerproject e SIOT perciò potranno ottenere un beneficio economico netto di 4,4 milioni di euro l’anno (dichiarato anche nella relazione tecnica del progetto), corrispondente alla somma dei certificati bianchi e della differenza dei costi di pompaggio. Calcolando un tempo di ritorno semplice sull’investimento l’intervento di 7,4 milioni di euro si ripaga in soli 1,7 anni, come dichiarato nella relazione tecnica del progetto. Se i calcoli e le stime presentate dovessero essere confermati, rivelano la natura prevalentemente economica di questi investimenti senza evidenti benefici per l’ambiente ed i cittadini”. La morale è che, mentre a causa dei cambiamenti climatici provocati dalle emissioni inquinanti dei combustibili fossili i territori colpiti da tragedie piangono, le multinazionali del petrolio invece ridono realizzando extraprofitti. I governanti versano lacrime di coccodrillo ma non attuano una seria politica ambientale. La SIOT rinuncia all’attingimento dalla rete elettrica per bruciare metano
nei cogeneratori inquinando l’ambiente. Ciò con l’autorizzazione dell’Assessorato Regionale per la Difesa dell’Ambiente e l’Energia. Visto il caso in esame e la mancanza di tutela delle acque e del territorio non sarebbe forse il caso di cancellare “per la Difesa dell’Ambiente” dalla tabella apposta all’ingresso del palazzo dell’assessorato o addirittura cambiarne l’inquilino?
Franceschino Barazzutti