Le bugie hanno le gambe corte. Nel ricorso al Tar della Danieli si legge: “proporre contro i sottoscrittori della petizione querela per diffamazione, ovvero azione per il risarcimento del danno”

Questa mattina nel corso di una conferenza stampa dell’Osservatorio Civico contro le illegalità è stato pubblicamente reso noto il contenuto del Ricorso al Tar con il quale la Danieli vuole conoscere i nomi e cognomi degli oltre 21000 firmatari della petizione popolare contro l’acciaieria che sarebbe dovuta sorgere, nelle volontà della Danieli, in quel di San Giorgio di Nogaro. Come FriuliSera abbiamo potuto visionare in anteprima l’atto e diciamo subito, in via preliminare, che nel testo del ricorso è chiaramente espresso l’intento della Danieli di proporre “contro i sottoscrittori della petizione, alternativamente, querela per diffamazione, ovvero azione civile per il risarcimento del danno da lesione della propria immagine e reputazione commerciale”. Una azione senza precedenti sulla cui natura arrogante non vale neanche la pena opporre commento tanto è abnorme se non quello relativo al fatto che solo il 4 gennaio scorso, con un comunicato stampa riportato con grande enfasi acriticamente dai giornali amici, la Danieli ha affermato che l’accesso agli atti richiesto alla Regione (e conseguente ricorso al Tar dopo il diniego)  era “al solo fine di avere un quadro informativo completo dal punto di vista amministrativo, rigettando come “ricostruzioni giornalistiche fantasiose e destituite di ogni fondamento l’ipotesi di una causa ai 24mila cittadini”, che avevano firmato una petizione contro l’insediamento dell’acciaieria targata Danieli-Metinvest a San Giorgio di Nogaro. Danieli nella medesima nota precisava che essendo “un’azienda quotata la richiesta è finalizzata anche a dare ai propri azionisti motivazioni e informazioni complete rispetto alla decisione di indirizzare l’investimento su un altro territorio”. Insomma bugia dalla gambe cortissime, a meno che la Danieli in maniera torbida non voglia giocare sul numero dei firmatari, insomma niente causa ai 24.000 ma invece ai 21000 sì dato che questo è la richiesta ufficiale. Comunque,  nell’atto di 17 pagine vi sono parti interessanti soprattutto quelle che ricostruiscono la vicenda dei rapporti fra la Danieli e la Regione nelle persone dell’assessore Bini e del presidente Fedriga che prima gli avrebbero fatto credere che la costruzione dell’impianto avrebbe trovato, grazie a loro, una dorata strada in discesa, per poi cambiare idea repentinamente pressati dai sindaci della zona ma, dice soprattutto dalla petizione popolare ritenuta per questo dalla Danieli responsabile del diniego alla cotruzione dell’impianto (da qui la necessità di avere i nomi per chiedere i danni). Secondo la tesi dei legali della Danieli il diniego della Regione a fornire i nominativi per rispetto della privacy non varrebbe soprattutto perche il diniego non consenirebbe alla azienda di Butrio di tutelare o meglio di aggredire in giudizio chi ritiene essere responsabile di avergli cagionato un danno anche di immagine per aver sostenuto  che il nascente impianto  avrebbe creato un “irreversibile danno ambientale”.  Comunque la si metta, non solo la Danieli, che pensa di porre i propri interessi sopra quelli delle popolazioni di un territorio, ma soprattutto la giunta regionale, non ci fanno una bella figura. Ma leggiamo alcuni passi della ricostruzione della vicenda fatta dalla Danieli: “Come ampiamente riferito dalla stampa, il procedimento amministrativo apertosi presso la Regione Autonoma FVG a seguito della manifestazione di interesse espressa dal gruppo ucraino Metinvest B.V., nelle vesti di committente, e dalla Danieli, nelle vesti di appaltatrice, a realizzare un’acciaieria nella Zona Industriale Aussa Corno [ZIAC] – che era parso procedere ‘con il vento in poppa’ dopo che la Giunta Regionale con le Delibere n. 764 del 27 maggio 2022 (all. 1) e n. 1005 dell’8 luglio 2022 (all. 2) aveva riconosciuto che la proposta rappresentava un investimento di “carattere strategico per il tessuto economico produttivo regionale” e che era di “importanza primaria” “grazie alla rilevanza delle risorse economiche impiegate e allo sviluppo industriale, oltre che logistico portuale che ne deriverebbe, nonché tenuto conto della notevolissima ricaduta in termini di incremento occupazionale” – si è, invece, concluso (nella sostanza, se non nella forma) negativamente a seguito del ‘revirement’ operato dalla medesima Giunta Regionale, la quale, con la Generalità di Giunta n. 1386 del 1° settembre 2023 (all. 3) ha assunto [la del tutto inaspettata] posizione di ritenere che la realizzazione dell’acciaieria nella Zona Industriale Aussa Corno avrebbe generato, secondo le parole dell’Assessore alle Attività Produttive, “un impatto talmente rilevante da far prediligere altre tipologie di investimento, maggiormente compatibili e sostenibili con il territorio interessato”, per cui ha deciso di non porre in essere quanto necessario per consentirne la realizzazione……” Poi nell’atto si citano quelle che la Danieli ritiene contraddittorie dichiarazioni alla stampa della Giunta regionale concludendo che: “Il rifiuto della parte pubblica a far realizzare la nuova acciaieria nella Regione in cui la Danieli ha la sua sede e la sua base – come visto, spiegata con ‘l’ascolto’ del territorio e quindi conseguente alla presentazione di quella petizione – sta creando di riflesso ostacoli anche a farla realizzare in altre parti d’Italia, come a Piombino”. Quindi a pagare danni milionari dovrebbero essere i cittadini firmatari. Insomma 21000 cause penali per diffamazione e altrettanti civili per risarcimento danni.