Lemme lemme, alla chetichella, arriva il 5G, ma il sistema dei controlli è pronto?

Arriva il 5G, siamo pronti? Se l’è chiesto anche la rivista Ecoscienza che ha pubblicato alcuni contributi su prospettive e incognite della nuova generazione di comunicazione mobile in relazione soprattutto al nodo dei controlli sull’esposizione ai campi elettromagnetici.
Come è noto alla fine del 2017 il governo italiano ha avviato la sperimentazione pre-commerciale della nuova tecnologia di telefonia mobile di quinta generazione (5G) in cinque città italiane (Milano, Matera, Bari, L’Aquila e Prato). In questo modo è stata data attuazione al “5G Action Plan” della Commissione europea, che considera questa tecnologia un’opportunità strategica per l’Europa. Successivamente alla prima sperimentazione è partita una seconda fase, che riguarda 120 comuni italiani in digital divide che avranno da quest’autunno la connettività 5G in banda 700 MHz ovviamente approfittando del fatto che l’operazione che vedrà<quelle popolazioni diventare a loro insaputa cavie. Ma spieghiamo meglio di cosa parliamo quando si dice 5G: una delle particolarità di questa nuova tecnologia è che permetterà non soltanto la fruizione dei servizi classici forniti attualmente dalla telefonia mobile, ma verrà applicata al cosiddetto Internet delle cose, in cui vari dispositivi wireless, in ambiente indoor, comunicano tra di loro e con i nuovi sistemi di comunicazione previsti per lo sviluppo delle smart cities. Questi due ultimi scenari rappresentano la piattaforma “chiave” su cui si testerà l’efficacia e la portata innovativa del 5G. Sarà necessario tempo prima che questa tecnologia soppianti l’attuale generazione di telefonia mobile 4G-Lte, ma, certamente, il cambiamento è in atto e porterà a nuovi scenari di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Per le nuove applicazioni le frequenze più utilizzate ricadranno nella banda 26 GHz, che, molte volte, vengono indicate impropriamente come onde millimetriche (corrispondenti, invece, alle frequenze appartenenti alla banda 30-300 GHz). A queste frequenze così elevate i campi elettromagnetici non riescono a propagarsi a lunga distanza, in quanto non riescono a penetrare gli edifici e vengono facilmente assorbiti dalla vegetazione o dalla pioggia.
Per fornire una copertura ottimale del segnale a RF, quindi, si dovranno utilizzare small cells (porzioni di territorio servite da una singola antenna). Le dimensioni di queste celle (qualche decina di metri in ambiente indoor e qualche centinaio di metri in ambienti outdoor) sono molto inferiori rispetto a quelle servite dalle classiche macrocelle (fino a qualche decina di chilometri) attualmente presenti sul territorio. Di conseguenza, il numero di antenne aumenterà progressivamente, anche se, vista la piccola dimensione delle celle, le loro potenze di emissione saranno notevolmente inferiori rispetto a quelle delle attuali stazioni radiobase, con picchi di emissione più bassi in prossimità delle antenne stesse, ma comunque con una diffusione tale da destare preoccupazioni

In Europa la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici è affidata alla Raccomandazione del Consiglio europeo del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE). In questa Raccomandazione, il Consiglio europeo stabilisce i requisiti minimi a cui gli stati membri devono attenersi per “…proteggere i singoli cittadini dagli effetti negativi certi sulla salute, che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici”. Ma veniamo all’Italia, di fronte all’introduzione delle nuove tecnologie di comunicazione mobile 5G, il Sistema nazionale di protezione ambientale ha istituito un gruppo di lavoro e redatto linee guida per rendere omogenei su tutto il territorio nazionale i criteri di valutazione da parte delle agenzie ambientali.
Relativamente alle emissioni della tecnologia 5G, si prevede l’utilizzo di bande di frequenza più elevate rispetto a quelle attualmente in uso per la telefonia mobile. Ma la caratteristica che distingue profondamente il 5G da quelle precedenti tecnologie consiste nell’adozione di sistemi che consentono di ottenere fasci direzionali di emissione d’antenna con caratteristiche spaziali di tipo “dinamico”. Questa modalità di esercizio consente di “seguire” l’utilizzatore del servizio in tempo reale e nello spazio. Pertanto, nell’ambito dell’esposizione ai campi elettromagnetici, si pone il problema di riconsiderare i criteri di valutazione rispetto alle normative in attualmente in vigore, in quanto le caratteristiche peculiari della rete 5G suggeriscono l’utilizzo di metodi basati su modelli statistici. Del resto sin dalla nascita della telefonia mobile, gli operatori si sono sempre espressi in termini di copertura del territorio e della popolazione per indicare la capacità del proprio sistema cellulare di raggiungere gli utenti. La copertura viene garantita tramite l’installazione di Stazioni radio base (Srb), le cui antenne generano un segnale il cui inviluppo di potenza si riduce progressivamente all’aumentare della distanza angolare tra la direzione di massima radiazione (di solito perpendicolare al piano principale dell’antenna o al più diretta verso il basso di circa 5°) e il punto di osservazione.

Un primo allontanamento da questo modo di vedere il concetto di copertura si è avuto con l’impiego, nella tecnologia 4G, delle tecniche Mimo (Multiple Input Multiple Output) che, grazie alla disponibilità di più antenne in ricezione e trasmissione, consente l’impiego di modalità di trasmissione che tengono conto della posizione dell’utente all’interno della cella.

Con il 5G, il paradigma di copertura cambia ancora e diventa definitivamente user-centric. La tecnologia Mimo, già utilizzata con il 4G, si evolve in massive Mimo, che prevede un numero di antenne in trasmissione tale da riuscire a modellare il fascio, dando ai lobi di trasmissione la forma e direzione più opportuna per ottimizzare il collegamento. Questa nuova filosofia, nota come beamforming, contribuisce a realizzare un sistema di trasmissione più efficiente per un particolare utente o gruppo di utenti, che favorisce anche la riduzione delle interferenze e indirizza la potenza solo laddove ci sia una reale necessità. Per quanto attiene al controllo ambientale di questi impianti, la valutazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici è una delle competenze delle Agenzie regionali e delle Province autonome, che svolgono attività inerenti al rilascio delle autorizzazioni e alle verifiche dei livelli di emissione.
In particolare, le agenzie verificano già in fase progettuale il rispetto dei livelli di campo elettromagnetico, confrontando i valori dichiarati dai gestori degli impianti con i limiti di legge stabiliti a livello nazionale, per poi effettuare i relativi monitoraggi strumentali una volta che gli impianti stessi siano messi in esercizio.

È evidente che la presenza di più lobi a copertura di un territorio anziché un unico lobo principale e di tanti lobi secondari di ampiezza decrescente pone significativi problemi e interrogativi sulle modalità più opportune per la misurazione dei livelli di esposizione al campo elettromagnetico, sia in ottica di estrapolazione a massima potenza (per la determinazione del caso peggiore di esposizione ai fini di un approccio conservativo) sia per l’estrapolazione sulle 24 ore (utile per un confronto con i limiti di attenzione e gli obiettivi di qualità).

L’approccio delle Arpa/Appa per garantire l’attività di vigilanza e controllo deve quindi necessariamente essere rivisto e adattarsi al nuovo scenario. I due momenti principali in cui si esplica tale attività istituzionale sono la fase preventiva, ovvero quella del rilascio del parere di compatibilità della sorgente con i limiti di esposizione, di attenzione e con gli obiettivi di qualità previsti dalla normativa vigente, rilasciato sulla base del progetto presentato dall’operatore cellulare, e la fase di controllo ad impianto attivo, secondo il dettato della legge che attribuisce alle Arpa il compito di effettuare opportune attività di monitoraggio.

Con la tecnologia 5G, come in precedenza indicato, il diagramma di radiazione viene modellato, potenzialmente in modo dinamico, per adattarlo alle esigenze di copertura dell’utenza più che dell’area. Se dal punto di vista ambientale ciò è sicuramente un vantaggio, poiché il campo tende a concentrarsi solo sull’utente e non interessa un’area in modo indifferenziato come nelle tecnologie fino al 4G, è pur vero che le caratteristiche di radiazione del 5G rendono più complessa la modellazione mediante software, e riducono notevolmente la significatività dell’attività di rilevazione sul campo dei livelli di esposizione, perché essa potrebbe essere attuata in condizioni di scarsa potenza irradiata sul punto di misura.
Nel momento in cui l’applicazione della tecnologia 5G sarà completata e il beamforming sarà dinamico bisognerà considerare un fattore correttivo sulle potenze in antenna per tener conto del fatto che l’esposizione in un determinato punto dello spazio si ha solo in presenza di richiesta e sarà comunque diretta funzione del numero di utenti.
Tuttavia, una delle principali criticità che i tecnici Arpa/Appa devono affrontare non è un problema strettamente “tecnico” o legato alla applicazione della normativa vigente, ma è relativo all’impatto psicologico che l’installazione (o la modifica) di una Srb ha sulla popolazione. Le antenne con il progredire della tecnologia sono andate sempre più riducendosi in termini di dimensione e peso, nonché potenza.
La tecnologia 5G, benché preveda antenne di potenza analoga a quelle 4G, presenta una criticità dovuta alla necessità di garantire il giusto disaccoppiamento elettromagnetico con le antenne degli altri sistemi. Ciò si può ottenere aumentando la distanza tra i sistemi radianti con l’inevitabile aumento dell’impatto visivo di una Srb, principalmente in ambiente urbano. Inoltre, nelle Srb 5G, al maggiore numero di antenne (necessario per il beamforming) si aggiunge l’integrazione degli amplificatori nel sistema radiante, con un aumento dell’ingombro totale. Le Agenzie di controllo saranno quindi chiamate a un maggiore sforzo per offrire una corretta informazione alla popolazione ed evidenziare l’assenza di una correlazione tra l’impatto visivo delle nuove Srb e gli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici generati.
Insomma si tratta di un problema complesso che creerà non poche tensioni per le giuste preoccupazioni e occorrerà avere maggiori garanzie e soprattutto corretta informazione. Purtroppo fino ad oggi l’approccio non è stato confortante da questo punto di vista, dato che si è scelto di “sperimentare” nei territori,  ad esempio in Friuli si è deciso di attivare le antenne a Pontebba, Tramonti di Sopra, Bordano, Resiutta, Lauco, Ragogna e Comeglians senza che la popolazione, pare sindaci compresi, fosse neppure avvertita.

I cittadini di sette comuni friulani utilizzati come “cavie” per testare il 5G? Di sicuro la sperimentazione parte alla chetichella