Malore cardiaco al giocatore della Roma N’Dicka, pronta ed efficiente la risposta della sanità friulana, ma per i meno “famosi” sarebbe stato lo stesso?

Ha destato emozione e preoccupazione, non solo fra gli spettatori dello Stadio Friuli (a noi piace chiamarlo così), il malore di Evan N’Dicka, il difensore della Roma che ieri si è accasciato improvvisamente per un malore portando le mani al petto al 72′ della sfida tra Udinese e Roma, con il punteggio fermo sull’1-1. La dinamica è nota, il calciatore è stato trasportato in barella negli spogliatoi e successivamente è stato ricoverato nel reparto di emodinamica dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Bene ovviamente che tutto stia evolvendo positivamente e che le condizioni del difensore della Roma non siano gravi, tanto che è stato ricoverato in “codice Giallo” che non presuppone rischio immediato per la vita, e benissimo che al giocatore sia stato subito eseguito un elettrocardiogramma,  già presso il centro medico dello stadio, assistito tanto dai medici della formazione capitolina quando dal rianimatore in servizio allo stadio. L’esame aveva restituito parametri preoccupanti suggerendo il ricovero d’urgenza in ospedale per una patologia cardiaca in atto. Intendiamoci giusto che la struttura sanitaria abbia risposto con immediata efficienza tanto da escludere praticamente fin da subito un infarto e che al Santa Maria della Misericordia il tesserato della Roma sia stato sottoposto a diversi accertamenti tra cui una Tac, ma la domanda che sorge spontanea è semplice: se non si fosse trattato di un giocatore di serie A, di un “famoso”,  ci sarebbe stata la stessa risposta e mobilitazione del nosocomio e del “sistema”? Speriamo di sì, vogliamo credere di sì, ma qualche dubbio l’abbiamo. Noi siamo maliziosi non per partito preso, ma “maliziosi della ragione” dato che registriamo tanti episodi di segno diverso, se non altro sui tempi di attesa per accertamenti e prestazioni.