Maratona: Trieste ed il Fvg messi alla gogna mediatica internazionale. Non è bastata la tardiva marcia indietro

Quella di oggi a Trieste è stata una giornata uggiosa e non solo per il clima tornato improvvisamente a sembianze invernali, ma soprattutto per il fatto che la città si trova come un pugile suonato negli spogliatoi dopo aver preso una batosta d’immagine che dire planetaria non è esagerazione. Una debacle di immagine che riguarda l’intero Fvg e lambisce l’Italia stessa all’estero e non solo in ambito sportivo. Viene da ricordare quanti milioni di euro sono stati investiti dalla Regione Fvg per promuovere l’immagine, sul web c’è chi già ironizza sullo slogan “Ospiti di gente unica” trasformandolo in “ospiti di gente unicamente razzista”. Per non parlare poi delle decine di articoli che dagli Usa, passando per quasi tutti i paesi Europei raccontano della maratona “dell’apartheid”, articoli dove la parola razzismo viene espressa in maniera chiara, perchè se una azione esclude delle persone, da una competizione, per la provenienza geografica, razza e colore, non c’è altro vocabolo possibile e ogni scusa, tardiva appare risibile. E’ preoccupato anche il sindaco di Trieste Dipiazza soprattutto dopo aver ricevuto, nelle ore più cale della vicenda, la telefonata del presidente di Generali Gabriele Galateri che è sponsor della maratona. Generali con sede legale a Trieste che in tempi non lontani aveva paventato l’idea di lasciare Trieste che ormai gli va “stretta” per trasferire la sede a Milano. Chissà potrebbero cogliere la palla al balzo. Impressiona comunque non solo che il sindaco di Trieste, con una giravolta e confidando nella distrazione dei più, si è dimenticato di essere stato presente alla conferenza stampa, plaudete all’intervento di Fabio Carini nel quale annunciava la “novella” dell’esclusione degli africani. Ora Dipiazza fa finta di “cadere dal pero” e racconta in un intervista che convocherà l’organizzatore Carini: “Bisogna cancellare questa bruttura dei campioni neri esclusi dalla corsa. Lui ( Carini) dice che l’ha fatto per lanciare un messaggio di uguaglianza, perchè i top runner africani sono meno pagati degli europei. Ma io voglio da lui la verità, non vorrei che dicesse stupidaggini del genere solo perchè non ha i soldi per pagarli. Che poi è questo il motivo”.
Come è ormai noto Carini ha fatto marcia indietro quando si è reso conto di essere stato scaricato dai suoi sponsor politici, sorpresi a loro volta dall’indignazione popolare, per una volta trasversale, tranne ovviamente qualche irriducibile pasdaran ed i soliti leoni da tastiera affetti da cataratta ideologica e razzismo latente. Ma su Carini è arrivato il rimbalzo delle bacchettate giunte al governatore Fedriga perfino dagli esponenti del Governo nazionale “amico”. Ma Carini non sembra demordere e in un post Facebook oggi scrive “Amo il Trieste Running Festival che organizzo, per amore di una città spesso ingrata, con una squadra di persone stupende e passionali che sacrificano il loro tempo libero per salvaguardare un evento che è patrimonio del territorio…. e poi dopo una serie di banalità che vi risparmiamo, conclude con una neppur tanto velata minaccia contro chi gli ha dato del razzista: “Dispiaciuto, me ne farò una ragione nella maggior parte dei casi ma chi, ricoprendo ruoli istituzionali nella comunità, ha parlato e soprattutto scritto accostando la grande festa di Trieste al ku klux klan o a una sorta di apartheid sportivo dovrà risponderne nelle sedi opportune. La libera opinione è un dogma, la critica un diritto, l’insulto un reato”. Infine la ciliegina finale, chiosa “Never give in to violence, mai cedere alla violenza di qualsiasi tipo essa sia è il messaggio inviolabile che il 5 maggio sarà lanciato attraverso tutti i partecipanti al Trieste Running Festival” dimenticando che per fortuna questa volta sia la società civile che gran parte di quella politica, non hanno ceduto proprio alla violenza di chi voleva escludere dallo sport atleti per provenienza territoriale o razza. Alle minacce ha risposto con un post su Facebook il principale “imputato”, secondo l’idea di Carini, il democratico Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio Regionale Fvg: “Caro Fabio Carini, le querele sono lo strumento con cui di solito il potere cerca di intimidire chi la pensa diversamente: non mi sembra casuale che il tuo annuncio arrivi, temporalmente, dopo quello della Lega di Massimiliano Fedriga e Pierpaolo Roberti. …. Se tu e la Lega volete provare a portarmi in tribunale fate pure: sarebbe, per me, una prima volta. Ma se non mi sono fatto intimorire in passato da chi, all’interno del mio Partito ha minacciato di non ricandidarmi come ritorsione per le mie posizioni “poco ortodosse”, di certo non mi farò intimorire da queste dichiarazioni. Anche perché difficilmente troverete qualcuno che vi dia ragione. La procura federale ha aperto un’inchiesta, il CONI ha preso le distanze, i principali quotidiani nazionali e internazionali hanno stigmatizzato la scelta, tutta la politica italiana, compreso il sottosegretario leghista Giorgetti, ha preso le distanze. Restate tu, Roberti e Fedriga. E in bocca al lupo per quando dovrai spiegare a un giudice che gli atleti di altri paesi li pagate, ma quelli africani no. Anche perché, se leggi un po’ di dichiarazioni di chi, organizza maratone, pur riconoscendo che c’è un problema di sfruttamento, puntualizzano che loro invitano solo atleti seguiti da manager seri. Che, a quanto pare, esistono. Potevi fare così, invece hai scelto di strizzare l’occhio alla Lega. Non sono io ad aver politicizzato un evento sportivo. Sei stato tu”.


Ma i guai giudiziari in realtà rischia di passarli proprio la dirigenza Trieste Running Festival perche dalla Fidal, federazione italiana atletica, non sono arrivate solo critiche ma anche l’apertura di un procedimento della procura. Il presidente nazionale Alfio Giomi si era smarcato in tempo reale: “La federazione è estranea a tutto questo, io non so nulla di una tratta degli ingaggi. Se avessimo saputo, avremmo già denunciato alla procura. I premi sono aperti a tutti indipendentemente dall’origine degli atleti. Non è pensabile che si faccia una discriminazione per razza o per sesso nel golden gala. Mi offende solo l’idea”. Annunciando poi l’apertura di un “fascicolo”. Del resto le motivazioni sono ben espresse in una nota dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) che ricorda come “le norme del diritto sportivo e quelle dello stesso regolamento della gara non consentono discriminazioni fondate direttamente sulla nazionalità o sul continente di provenienza, né tanto meno, direttamente o indirettamente, sull’elemento etnico-razziale. Le dichiarazioni ed il conseguente comportamento annunciato dal Presidente della “Half Marathon Runners Trieste” costituiscono pertanto una modifica unilaterale e, dunque, del tutto arbitraria, delle norme del diritto sportivo e dello stesso regolamento della gara che, preannunciando il mancato invito di atleti provenienti dall’Africa, fonda una inammissibile discriminazione direttamente basata sulla nazionalità e, indirettamente, anche sull’elemento etnico-razziale, in contrasto con il sistema internazionale dei diritti dell’Uomo, il principio costituzionale di uguaglianza, le direttive europee in materia di non discriminazione (direttiva 2000/78) e la stessa legislazione sportiva.
L’ASGI ricorda che un comportamento o una prassi suscettibile di determinare nei fatti una disparità di trattamento fondata indirettamente sul colore della pelle, costituisce una discriminazione vietata da norme anche internazionali (la Convenzione ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale) ed europee se non è sorretta da una finalità legittima perseguita con mezzi appropriati e necessari tali da soddisfare un requisito di proporzionalità. A tale riguardo, se anche il fine proclamato fosse legittimo (la lotta all’asserito sfruttamento degli atleti africani da parte delle agenzie), i mezzi con i quali verrebbe perseguito (l’esclusione tout court degli atleti africani dalle gare) sarebbero incongrui e sproporzionati. E’ di tutta evidenza, infatti, che se vi sono situazioni di sfruttamento queste vanno superate intervenendo a sostegno degli atleti sfruttati e non precludendo loro la partecipazione a gare che, oltre a essere espressione del diritto di libertà che presiede anche all’attività sportiva, rappresentano una occasione per emergere e superare la situazione di sfruttamento che gli organizzatori dichiarano di voler contrastare.
Ugualmente, nella modalità in cui tale prassi o comportamento è stata presentata e messa in atto, la misura rischia di rafforzare atteggiamenti di esclusione e pregiudizio razziale sempre più diffusi socialmente nel nostro Paese, con l’ulteriore effetto negativo di stigmatizzazione nei confronti delle persone di origine africana che viene a prevalere sui proclamati ed asseriti obiettivi di pubblica utilità. L’ASGI ricorda che sussiste discriminazione razziale per il fatto obiettivo dei risultati e delle conseguenze attese da un determinato comportamento, a prescindere delle intenzioni del soggetto che lo mette in atto. Risultando evidente la natura discriminatoria e, dunque, illegittima, del comportamento annunciato, l’ASGI ha inviato all’associazione organizzatrice della gara una diffida a cessare il comportamento discriminatorio, così come inoltrerà appositi esposti sulla vicenda alla FIDAL, al CONI, all’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali c/o la Presidenza del Consiglio dei Ministri), così come si riserva di avviare un’azione giudiziaria antidiscriminazione presso il tribunale competente, chiedendo una sanzione effettiva, proporzionata e dissuasiva per la discriminazione operata, in linea con quanto previsto dalle norme antidiscriminatorie italiane ed europee. L’attività sportiva- conclude ASGI – dovrebbe riflette i valori della fratellanza, della tolleranza, del rispetto del pluralismo e delle diversità e non certo veicolare messaggi divisivi e discriminatori tali da danneggiare la coesione sociale ed inficiare l’inclusione sociale dei soggetti appartenenti a minoranze sociali”.