Molluschi bivalvi in Fvg: verso nuove procedure per la sicurezza dei prodotti. Verranno utilizzati i dati sul fitoplancton prodotti dall’Arpa

Elaborare nuove procedure per rendere sempre più efficace un sistema già virtuoso. È quanto emerso in occasione del tavolo tecnico che ha coinvolto Enti e Servizi Regionali operanti nel settore della mitilicoltura in Friuli Venezia Giulia, che hanno espresso la volontà unanime di continuare a operare in favore della sicurezza alimentare dei molluschi bivalvi attraverso una filiera unita e collaborativa nei controlli e negli autocontrolli volti alla salvaguardia della salute pubblica e, nel contempo, alla non penalizzazione dell’attività dei pescatori e degli allevatori del mare. Buona notizia quindi per i consumatori, ma l’idea di intervenire non alla fonte dell’inquinamento riducendolo ma nella fase ultimativa del processo è quantomeno una resa ad una sorta di ineluttabilità della situazione. Come dire, dato che c’è l’incapacità di bloccare le fonti d’inquinamento, per di più sempre negate perfino dinnanzi all’evidenza da chi doverebbe invece intervenire, si interviene a monte, individuando e pulendo lo sporco e le coscienze, ma aggravando spesso i costi di produzione con conseguente erosione dei profitti e aumento dei costi finali dei prodotti ittici.  Comunque è un bene che almeno il settore si stia correttamente ponendo il problema dell’inquinamento, dimostrando che quindi un problema c’è.  All’incontro hanno presenziato i rappresentanti del Servizio Sanità pubblica veterinaria della Regione Friuli Venezia Giulia, dell’ASUITS (Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste), dell’Azienda Sanitaria n.2 Bassa Friulana-Isontina, dell’Arpa Fvg, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e del CTI (Centro tecnico informativo) che hanno posto l’accento sulle attività che verranno utilizzate per implementare la sicurezza dei prodotti e che saranno rivolte alle filiere professionali, cioè ai soggetti che producono e commercializzano i prodotti. “Si tratta di procedure di conoscenza ambientale che hanno base scientifica – spiega Gaetano Zanutti, coordinatore del Cti – e che porteranno a un’attenta valutazione nell’applicare l’analisi del rischio. In quest’ottica verranno utilizzati i dati relativi al fitoplancton presente nelle acque, che sono stati monitorati negli ultimi anni dall’Arpa Fvg, con i riscontri analitici sull’eventuale presenza di specie algali potenzialmente pericolose. Non dobbiamo dimenticare che la presenza di biotossine algali è un fenomeno naturale e periodico, non costante nel tempo”.

Queste procedure si inseriranno all’interno di un sistema di eccellenza e unico in Italia, denominato “Prodotto ittico sicuro”, vale a dire un protocollo che consente di integrare e perfezionare le relazioni fra le autorità di controllo pubblico in materia di sicurezza alimentare, igiene della nutrizione e polizia veterinaria con gli operatori del settore alimentare al fine di coordinare e implementare la gestione del rischio microbiologico e tossicologico a tutela degli interessi sia dei consumatori che dei produttori stessi.

Si tratta, dunque, di una forma di maggior tutela del consumatore che potrà quindi acquistare solo prodotti “buoni”.

L’iniziativa, fanno apere i promotori dell’iniziativa, fa parte della misura “sicurezza alimentare molluschi bivalvi” del piano di azione del Flag (Fisheries local action group) del Gac FVG (Gruppo di azione costiere) del programma del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) attraverso il Centro tecnico informativo (Cti), che ne è il soggetto attuatore. L’obiettivo è quello di esportare questo modello virtuoso anche nelle altre regioni adriatiche limitrofe, come il Veneto e l’Emilia Romagna.