Nonostante i depistaggi mediatici, gli italiani iniziano a rendersi conto che la “Giorgia dei miracoli” è una premier “sola” al comando
Difficile valutare se effettivamente la riuscita manifestazione del Pd di sabato scorso Roma sia l’inizio della riscossa, di certo così è stata percepita dai media nazionali in genere poco teneri con le attività dei Dem ed in generale del Centrosinistra inteso come campo d’opposizione o come neo-ribattezzato “campo giusto” per evidenziare come quello del centrodestra sia, “sinonimo contrario”, sbagliato. Di certo di errori il governo di Giorgia familiari & affini, ne ha compiuti molti. Ora nonostante i ripetuti tentativi di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla realtà di un cattivo governo, con improbabili premierati e politiche migratorie condite da suggestioni imperiali neocoloniali evocando sotto sotto il ventennio, Giorgia Meloni & c non riusciranno per molto nell’intento di mettere sotto il tappeto i problemi reali. Nonostante l’aiuto mediatico televisivo ormai scandalosamente in massima parte orientato, alla fine non si potrà nascondere per sempre la verità. Del resto puoi raccontare che tutto sta andando alla grande, snocciolando statistiche su piena occupazione (nascondendo che il meccanismo di rilevamento è truffaldino), ma quando si è disoccupati e tali si rimane, se non accetti paghe da fame o precarietà perniciosa, i nodi vengono al pettine. Se poi un cittadino si reca alla pompa di benzina trova le accise invariate e quando i giovani fuggono all’estero in cerca di un lavoro meno precario e soprattutto retribuito in maniera dignitosa o apri la busta paga e scopri che il tanto decantato aumento è ridicolo tutto appare più chiaro, le promesse di Giorgia sono una “sola” per dirla in idioma “garbatelliano” a lei decisamente più consono. Così l’idea di donna o premier “sola” al comando assume il vero significato. L’inconsistenza dell’ultima manovretta si palesa in tutto il suo “splendore”. Per non parlare di quando vai al supermercato e scopri che il costo della vita è aumentato in maniera speculativa e che il “carrello” tricolore governativo decantato per calmierare i prezzi ha dimostrato di essere strumento di marketing per la grande distribuzione con effetti nulli sui prezzi. Per non parlare di chi pensava di essere arrivato alla pensione per scoprire che ti hanno peggiorato la tanta vituperata legge Fornero. Per non dire che quando vorresti curarti non puoi farlo perché le liste d’attesa ti portano al loculo prima che in un ambulatorio, allora cade il palco e soprattutto, se sei uno di quelli che la “Giorgia dei miracoli” l’hai votata, ti dovrebbe venir voglia ancora di più di urlare tutto lo sdegno. Ed allora aggiungiamo un piccolo carico più tecnico ma non per questo meno devastante alla fila dei fallimenti. C’è il ragionevole rischio che la più grande occasione economica di sviluppo per l’Italia che passa sotto il nome di Pnrr (acronimo di piano nazionale di ripresa e resilienza) vada sprecata. La scorsa settimana la Corte dei conti ha inviato al Parlamento la propria relazione semestrale riguardante lo stato di avanzamento proprio del Pnrr. Nella prima parte del documento la Corte ha sottolineato l’importanza di una conclusione in tempi rapidi del processo di revisione del piano attualmente in corso. Scrive testualmente la giustizia ammnistrativa: “Una tempestiva finalizzazione della fase di modifica del Piano appare pertanto necessaria, al fine di rimuovere eventuali fattori di incertezza […] consentendo a soggetti responsabili e attuatori gli opportuni adattamenti”. In sostanza l’incertezza sull’approvazione o meno della proposta di revisione del piano infatti sta inevitabilmente rallentando il suo processo di realizzazione e un rischio fallimento è dietro l’angolo, nefasta possibilità che sarebbe un dramma enorme. Per quanto riguarda le riforme in particolare, la relazione della Corte sottolinea che in molti casi si è già arrivati alla fase di definizione di decreti attuativi, cioè quegli atti (decreti ministeriali, circolari, regolamenti eccetera) che servono a definire nel dettaglio le modalità applicative delle leggi. Tuttavia non mancano gli elementi di criticità per l’incapacità di definire gli adempimenti. Si tratta di una situazione che deve essere tenuta sotto controllo. Non solo perché la pubblicazione di questi atti è indispensabile per il completamento delle scadenze legate alle riforme, ma anche perché, in alcuni casi, la loro mancanza blocca l’assegnazione e l’erogazione di risorse già stanziate, impedendo così l’avvio dei lavori legati agli investimenti del piano. In realtà non è semplicissimo riuscire a capire quanti e quali sono i decreti attuativi necessari per la piena realizzazione del Pnrr. Infatti non sono solo le singole riforme previste dal piano a richiederli. Un ulteriore elemento di difficoltà riguarda il fatto che spesso le norme (leggi o decreti legge che siano) trattano più temi, non tutti strettamente connessi con il Pnrr. Per riuscire a isolare i singoli decreti attuativi legati a vario titolo al piano quindi è stato necessario un lavoro di selezione redazionale che si è basato anche sulle indicazioni riportate dal centro studi della camera. Incrociando queste informazioni con i dati messi a disposizione dall’ufficio per il programma di governo si può osservare che le norme legate alla realizzazione del Pnrr che necessitano di decreti attuativi sono 21. Alla data dell’8 novembre gli atti di secondo livello richiesti erano 221 di cui 54 (il 25% circa) dovevano ancora essere pubblicati. Insomma non è che vada proprio bene