Opere difensive, firmata intesa tutela e valorizzazione delle 1550 strutture
Circa 1550 strutture difensive presenti sul territorio del Friuli Venezia Giulia sono oggetto di una intesa istituzionale e di un piano di interventi volto alla tutela, alla valorizzazione turistica e culturale e al riuso sociale di questo patrimonio storico unico a livello europeo. L’accordo, firmato oggi a Trieste nel Palazzo della Regione, coinvolge la Regione Friuli Venezia Giulia, la direzione regionale dell’Agenzia del Demanio, la Direzione dei lavori e del demanio della Difesa, il Ministero della Cultura e le università di Trieste e di Udine. Alla firma del protocollo, di durata triennale e rinnovabile, sono intervenuti: per la Regione, l’assessore al patrimonio, demanio, servizi generali e sistemi informativi, Sebastiano Callari, e il direttore generale, Franco Milan; il direttore regionale dell’Agenzia del Demanio, Alessio Casci; per il Ministero della Cultura, il direttore del Segretariato regionale del Friuli Venezia Giulia, Roberto Cassanelli; per la Difesa il direttore della Direzione dei lavori e del demanio, generale ispettore Giancarlo Gambardella; per le Università di Udine e di Trieste, i rettori Roberto Pinton e Roberto Di Lenarda.
Obiettivo del protocollo
Si tratta del primo passo per la promozione di un ampio lavoro di studio, conservazione e valorizzazione di questo patrimonio pubblico nazionale. L’obiettivo è coniugare turismo, cultura, ambiente e mobilità dolce con l’incentivazione del partenariato pubblico-privato, sul modello di pratiche virtuose già sperimentate in altri contesti dell’Unione europea.
Il patrimonio
Le strutture difensive realizzate sul confine orientale (il cosiddetto Vallo Alpino del Littorio) rappresentano un patrimonio storico unico di valenza internazionale. L’estensione di queste strutture è imponente: solo nella zona della Carnia e del Tarvisiano sono collocati 46 sbarramenti (per un totale di circa 400 opere) degli oltre 300 dei quali era originariamente composto il Vallo Alpino del Littorio. A queste opere vanno aggiunte le oltre 1000 strutture militari realizzate sulla linea del Tagliamento, nella piana di Gorizia e sulla linea del Torre. Nel corso della guerra fredda la zona di confine è stata tra le più militarizzate d’Italia: oltre il 50 per cento del territorio regionale è stato infatti interessato da servitù militari.
Dopo la caduta del Muro di Berlino
A partire dai primi anni Novanta gran parte di queste strutture sono state dismesse e la loro proprietà trasferita dal Demanio militare al Demanio civile. Per effetto delle modifiche confinarie intervenute a conclusione della Seconda guerra mondiale, inoltre, una parte considerevole delle opere difensive del cosiddetto Vallo Alpino del Littorio si trova oggi in Slovenia e in Croazia.
La situazione attuale
Fino ad oggi, in assenza di un piano volto alla conservazione e valorizzazione di questo patrimonio storico, la cura e il recupero delle strutture sono stati in capo all’iniziativa delle amministrazioni comunali o di associazioni private. Negli anni sono state recuperate a uso turistico e didattico quattro strutture da parte di altrettante associazioni: una struttura del Vallo alpino del Littorio (opere 2 e 3 dello sbarramento Invillino Ovest in Comune di Villa Santina), due strutture del Vallo Alpino riadattate dalla Nato negli anni ’50 (opera 4 dello sbarramento di Ugovizza-Nebria in Comune di Malborghetto-Valbruna; opere 1 e 2 dello sbarramento di Passo monte Croce Carnico in comune di Paluzza) e una struttura “particolare”, il bunker San Michele in Comune di Savogna d’Isonzo.
Il Comitato operativo
Per l’attuazione dell’intesa è stato costituito un Comitato operativo. Lo compongono, il colonnello Pasqualino Iannotti, della Direzione dei lavori e del demanio della Difesa; per il Ministero della Cultura, la Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, Simonetta Bonomi; per la Regione Friuli Venezia Giulia, Francesco Forte, direttore centrale Patrimonio, demanio, servizi generali e sistemi informativi; per l’Agenzia del Demanio, il direttore regionale, Alessio Casci; per le Università di Trieste e di Udine, rispettivamente, i professori Elena Marchigiani e Tommaso Piffer. «L’intesa – ha detto l’assessore regionale patrimonio, demanio, servizi generali e sistemi informativi, Sebastiano Callari – rappresenta un momento di estrema importanza. Oggi le amministrazioni pubbliche sanno operare in modo sinergico per sviluppare il nostro territorio. Grazie a questo protocollo – ha ricordato – iniziamo un percorso per recuperare delle strutture in disuso che dobbiamo rivitalizzare, trasformandole in una straordinaria occasione di sviluppo. I giovani devono sapere che non si tratta di ruderi da abbandonare, ma testimoni della nostra storia». Portando i saluti del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, Callari ha espresso la convinzione che «il Friuli Venezia Giulia possa trarre enormi benefici dalla sua identità, dalla sua storia e dalla sua cultura. Per i nostri cittadini e i nostri giovani queste strutture devono rappresentare una nuova idea di crescita del nostro territorio».
Per il direttore della Direzione dei Lavori e del Demanio, generale ispettore Giancarlo Gambardella, «la collaborazione, oggi avviata, rappresenta un esempio virtuoso di sinergia tra istituzioni che mettono a sistema le proprie risorse per studiare e individuare soluzioni a favore della salvaguardia, della tutela, della conservazione, della valorizzazione e del riuso sociale, culturale e turistico delle strutture difensive presenti sul territorio della Regione Friuli Venezia Giulia. La sottoscrizione dell’Accordo vuole essere solo l’inizio di un lungo percorso, ci auguriamo, ricco di risultati concreti e tangibili, con l’auspicio che l’ambito di applicazione della partnership possa essere esteso anche ad altre infrastrutture militari presenti sul territorio regionale. Ora come non mai anche nel settore infrastrutturale la Difesa è al servizio del Paese».
«Da anni l’Agenzia del Demanio – ha detto il direttore del Friuli Venezia Giulia, Alessio Casci – è impegnata nell’attività di mappatura e acquisizione al patrimonio disponibile dello Stato di questi beni, con l’obiettivo di recuperarli per destinarli a nuovi usi, anche tramite gli strumenti della concessione e della locazione a Enti pubblici o privati. Oltre allo sviluppo di studi per la completa conoscenza di questi manufatti, e delle loro intrinseche valenze militari e storiche, i percorsi di valorizzazione condivisi con tutte le altre amministrazioni coinvolte mirano a un recupero che ne garantisca la tutela, la salvaguardia e la conservazione».
Il direttore del Segretariato regionale del Ministero della Cultura, Roberto Cassanelli, ha sottolineato come «la sottoscrizione del protocollo d’intesa, che vede coinvolti oltre alle Università di Trieste e Udine e alla Regione, ben tre Ministeri, il Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’Agenzia del Demanio, la Difesa e infine la Cultura, costituisce anche per il Segretariato, che rappresenta il Ministero della cultura a livello regionale, un atto fondamentale in vista dell’avvio di un processo condiviso di tutela e valorizzazione del sistema di strutture difensive lungo il confine orientale della regione. Si tratta di strutture realizzate dal periodo fascista agli anni della Guerra fredda, che in questo territorio determinò momenti di alta tensione. Una valenza storica degna quindi di essere conosciuta, preservata e resa fruibile. Il soggetto attuatore individuato dal Ministero per l’applicazione dell’accordo è la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, responsabile della tutela in ambito regionale».
«L’Università di Trieste – ha detto il rettore, Roberto Di Lenarda – contribuirà a questo ambizioso progetto con le sue competenze multidisciplinari. La nostra Regione è il territorio ideale per realizzare progetti che coniugano in maniera costruttiva e innovativa turismo, cultura e ambiente. Trovo anche particolarmente significativo che si agisca su strutture che sono memoria di un passato difficile e triste della nostra storia, dando loro nuova vita e soprattutto nuovi significati».
Per il rettore dell’Università di Udine, Roberto Pinton, «grazie a questo importante protocollo potranno prendere avvio attività di studio, tutela e valorizzazione di un patrimonio storico unico a livello nazionale ed europeo. La realizzazione di questo progetto rappresenta una straordinaria opportunità di crescita per il territorio, a cui l’Università di Udine è fortemente legata, di proficua collaborazione tra Istituzioni e di coinvolgimento attivo delle Amministrazioni locali».