Ora tutti a fianco dei lavoratori della Wärtsila, anche quelli con la coscienza sporca

Migliaia di persone (12 mila secondo la questura, 15 secondo i sindacati) sono scese in strada a Trieste per prendere parte al corteo a sostegno dei lavoratori Wärtsila. La manifestazione è stata indetta da Cgil, Cisl e Uil, ma hanno poi aderito praticamente tutti. Certo un bel segnale  per chiedere il ritiro della procedura di licenziamento avviata dalla dirigenza Wärtsila. Il corteo, partito alle ore 17 da Foro Ulpiano, ha percorso le vie del centro cittadino e si è concluso in piazza Unità alle 18.00 con  gli interventi sul palco. Fin qui, in estrema sintesi, la cronaca e poco importa chi ha preso la parola e chi ha aderito alla mobilitazione, partiti in campagna elettorale compresi. Lungi da noi dare giudizi qualunquisti, sappiamo bene che le differenze fra partiti e movimenti esistono, come esistono perfino fra i sindacati, ma se la manifestazione è stata un successo annunciato, bisogna dire che non tutti gli aderenti hanno la medesima coscienza pulita. Del resto una adesione, soprattutto in campagna elettorale, non si nega a nessuno, soprattutto quando il nemico è “foresto” e si conta sulla smemoratezza dei cittadini che non ricordano il plauso all’arrivo delle multinazionali in tanti settori della produzione italiana. Una scarsa lungimiranza nel capire che in molti casi i capitali stranieri erano funzionali, non certo al benessere del territorio o al mantenimento dell’occupazione (semmai fattore funzionale), ma ad operare un progressivo depauperamento della conoscenza prima e della produzione e clientela poi. L’esistenza o meno delle “risorse umane” è fattore sacrificabile, del resto la parola “risorse”, pronunciata senza alcun pudore, porta allo stesso livello uomini e donne alle materie prime o all’energia. Tutti fattori funzionali alla produzione che deve generare il massimo profitto. Ma poco importava questo tipo di analisi a chi pianificava e pianifica la gestione aziendale, l’arrivo di capitali “freschi” e di dividendi succosi per alcuni soggetti, anche collaterali se non sovrapponibili a uomini dei partiti, hanno fatto agire senza neanche tapparsi il naso, perché lo si sa da più di 2000 anni: pecunia non olet. Gli esempi di comportamenti “disinvolti” ormai sono tantissimi, la GKN, la Whirpool, la Flex e buon ultima la Wärtsila, sono solo i casi più eclatanti. Sappiamo di scrivere qualcosa di scomodo ma bisognerebbe essere onesti con le maestranze della Wärtsila che, ovviamente fanno bene a lottare in difesa del proprio posto di lavoro e che  festeggiano la riuscita della manifestazione, onestà che in questo periodo elettorale mancherà, temiamo, in maniera trasversale dato che nessuna forza politica dirà agli operai quella che è una verità incontrovertibile, i licenziamenti si potranno posporre  ma non evitare perché la multinazionale è determinata a farli. Ovviamente è ovvio che dire rassegnatevi è merce elettorale radioattiva,  meglio quindi calare un velo pietoso ed ipocrita di silenzio, ci sarà tempo per le lacrime e per strapparsi le vesti. Onesta dovrebbe dire che la Wärtsila, almeno quella che conosciamo, non riprenderà il lavoro o almeno non lo farà con quella orribile proprietà. Sarà infatti impossibile far recedere la proprietà dalla volontà di chiudere baracca e burattini,  perché in realtà questo era programmato da tempo, forse, se pure come possibilità futura fin dal loro arrivo e le “leggi” sono dalla loro parte. Diciamo questo perché per bloccare le intenzioni della multinazionale in maniera definitiva si dovrebbe operare rompendo con le dinamiche del “mercato”. Missione impossibile con le attuali forze in campo e soprattutto con la “luna nera” che si percepisce all’orizzonte nella nebbia elettorale. Per qualcuno, aimè temiamo per la prossima maggioranza che si inchiaverderà nelle poltrone di comando, le logiche del capitalismo non possono essere messe neppure in discussione, immaginarsi  piegate agli interessi di qualcuno che non sia azionista. C’è poi da aggiungere che su certe dinamiche la politica e non solo quella italiana,  è claudicante se non pavidamente inetta. Al comando non ci sono davvero i partiti  ma il ricatto della finanza internazionale. Così, fra indefinibili speculatori, che avrebbero nomi e cognomi ma che nessuno si prende la briga di nominare e il “mercato”, identità astratta che con la favoletta della “concorrenza” tutto avrebbe dovuto regolare in maniera virtuosa,  le decisione sono diversamente indotte. Eppure il mercato non è astratto, anche lui ha nomi e cognomi, ed è impalpabile come era la mafia prima che, il sacrificio e il sangue di tanti, scrivesse nomi e cognomi sui faldoni dei tribunali, fino a quel momento se ne negava perfino l’esistenza, poi si palesò con gli orribili “botti” stragisti. In sostanza a chi comanda per davvero poco importa degli interessi di chi è alla base della piramide produttiva, considerati utili idioti finché servono e poi solo idioti da cacciare nell’oblio. Sono appunto le logiche del mercato che tanto piacciono a molta, per fortuna non a tutta, la politica italiana. Resta quindi una sola strada per le maestranze  della Wärtsila, quella di far fruttare la propria conoscenza e professionalità, chiedendo con forza assistenza e fondi per mettersi in proprio.  Ci sono le conoscenze e la capacità, c’è la possibilità che anche sul piano commerciale si possano avere garanzie, non dimentichiamo chi c’è nella clientela di  Wärtsila. Certo è una strada complicata ed irta di ostacoli, ma forse su questa si potranno davvero portare le istituzioni ad un sostegno concreto. Le promesse di piegare a più miti consigli la multinazionale è invece  missione impossibile. Chi racconta altro mente sapendo di mentire perché Wärtsila  sarebbe  un precedente “pericoloso”, inaccettabile per il sistema transnazionale di economia predatoria che mai potrà accettarlo.