Pluralismo dell’informazione: sulla carta valore universale, nella realtà obiettivo lontanissimo dall’essere raggiunto
Oggi è la giornata mondiale della libertà di stampa, il pluralismo dell’informazione è spesso solo una teoria alimentata dall’ipocrisia. La libertà di stampa è, sulla carta, uno dei diritti inalienabili per il mondo del giornalismo e della comunicazione. E’ una delle garanzie che ogni stato, sulla carta, dovrebbe garantire ai cittadini e alle associazioni. Tale diritto, si celebra il 3 maggio di ogni anno con la Giornata mondiale della libertà di stampa, tutela dell’articolo 19 presente nella dichiarazione universale dei diritti umani. Ma è davvero così? Difficile sostenerlo perché la realtà è diversa dalla teoria. Basti pensare, per fare un esempio, che nella Costituzione della Federazione Russa è garantita la libertà di parola e stampa, tuttavia, l’applicazione del diritto da parte del governo russo, la regolamentazione burocratica, le indagini penali motivate politicamente e non ultima la catena di omicidi di giornalisti, hanno costretto la stampa russa a esercitare la cosiddetta auto-censura. Ma diciamolo, la situazione non è megliore in gran parte del mondo e anche in Italia, pur con “strumenti” di pressione diversi, la spinta all’auto-censura è forte e la libertà d’informazione non è del tutto garantita. Come è noto la libertà di pensiero e parola, anche a mezzo stampa, in Italia è sancita dall’art.21 della nostra Costituzione che recita: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure […]. Ma è così? Non del tutto, ed anche se ieri il presidente Draghi ha affermato che in Italia, contrariamente alla Russia, c’è libertà d’espressione, molti sono gli strumenti che possono determinare una censura. Da quelli di pressione giudiziaria, con querele e minacce che anche se temerarie costringono i giornalisti a difendersi in tribunale, con relativi costi, a quelle più sottili, di concentrazione e controllo dei flussi d’informazione attraverso i monopoli anche delle fonti e il progressivo strangolamento economico delle realtà giornalistiche non allineate. Ci sono poi le minacce all’incolumità personale da parte della criminalità organizzata che costringono molti giornalisti a vivere sotto scorta o nella paura. Il risultato è che, comprensibilmente, gran parte della stampa italiana, (pur con le dovute e non rare eccezioni di qualità), vede molti abbozzare al proprio ruolo di cani da guardia del potere per diventarne cani da compagnia o addirittura servizievoli maggiordomi dei poteri, perfino di quelli esteri, Questo fra l’altro, diciamolo senza ipocrisia, è importante fluidificatore delle carriere. Comunque prendiamo atto che oggi resta la Giornata mondiale della libertà di stampa, ipocrita commemorazione come del resto molte “celebrazioni” istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993. Per la Giornata mondiale della libertà di stampa è stato scelto il 3 maggio che coincide con l’anniversario della Dichiarazione di Windhoek, un documento composto da principi di stampa liberi, emessi da giornalisti africani durante un seminario organizzato dall’Unesco nella capitale della Namibia, dal 29 aprile al 3 maggio 1991, intitolato “Promuovere un indipendente e pluralista organo di stampa africano”. Quest’importante documento nasce con lo scopo di raccogliere i media pluralisti indipendenti di tutto il mondo sotto un’unica volontà e strumento di democrazia, fondamentale per accrescere i diritti fondamentali dell’uomo: la diffusione della libertà di stampa. Pura ma magnifica utopia. Come ogni anno si terrà una Conferenza Mondiale in occasione della Giornata, organizzata dall’Unesco in Uruguay dal 2 al 5 maggio in modalità mista, in presenza e online, ed ha come tema “Journalism under Digital Siege”, con un focus sull’impatto dell’era digitale sulla libertà di espressione, sulla sicurezza dei giornalisti, sull’accesso all’informazione e sulla privacy”.