Presentazione nazionale del “Rapporto Pmi Confindustria Cerved 2021”: questi i dati sul Fvg

Il Rapporto Regionale PMI 2021, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, fotografa innanzitutto la grande presenza delle PMI nella nostra regione: sono oltre 3.300, secondo la definizione europea di PMI (impiego di tra 10 e 249 addetti, giro d’affari tra 2 e 50 milioni di euro).
Se nell’ultimo anno di crescita (2019), il loro numero in FVG è rimasto stabile, la nostra regione non ha ancora recuperato la loro presenza prima della crisi del 2007 (-4,3% unità), contrariamente a quanto è avvenuto a livello italiano (+6,6%) e a NordEst (+5,4%).

Quello che possiamo rilevare è che le PMI hanno affrontato l’emergenza sanitaria dopo un decennio caratterizzato da una ripresa lenta e incompiuta, che ha consentito di recuperare soltanto parzialmente i livelli dei conti economici pre-crisi 2007. Ma è altrettanto vero che il miglioramento 20017-2019 degli indici di sostenibilità finanziaria ha reso il nostro sistema economico meno vulnerabile rispetto alle due crisi precedenti.

In particolare il processo di patrimonializzazione delle PMI, insieme al minor peso dei debiti finanziari e ai bassi tassi di interesse, ha contribuito a rafforzare negli anni pre-pandemia la sostenibilità dell’indebitamento delle PMI.
Si rileva che l’incidenza dei debiti finanziari sul capitale netto in FVG è passata dal 123,5% del 2007 al 60,1% del 2019 (in linea con l’andamento dell’indice per l’intero Nordest). Il 2020 ha ovviamente interrotto questo andamento e tra il 2019 e il 2020 si rileva un incremento dell’incidenza del 6,6% (comunque inferiore all’andamento nazionale pari a (+ 9,2 punti percentuali).

Anche rapporto fra oneri finanziari e MOL è migliorato fino al 2019, scendendo a un minimo del 10,9%, grazie al calo del costo del debito e al graduale recupero della redditività lorda. Nel 2020 questa tendenza si è invertita, soprattutto per effetto del calo dei margini: il rapporto è aumentato superando il 15%, seppur mantenendosi ancora su livelli lontani dal 2007 (23,1%).

Considerazioni di Gianluca Pinna, Presidente del Comitato Regionale Piccola Industria Confindustria Friuli Venezia Giulia, Rappresentante della Piccola Industria Confindustria Alto Adriatico e Componente P.I. del Consiglio Generale Nazionale di Confindustria 2019-2021:

L’emergenza sanitaria ha prodotto nel 2020 e continuerà a produrre nel 2021 implicazioni economiche importanti. La crisi generata dal Covid ha di per sé caratteristiche particolari e differenti rispetto alle precedenti, connesse ai periodi di chiusura forzata più o meno totale delle attività, alla riduzione della mobilità delle persone, agli interventi pubblici in ambito monetario e fiscale e, non ultimo, ai cambiamenti indotti nei comportamenti di imprese e persone (smartworking, meeting in remoto, …)

La crisi ovviamente mostrerà effetti asimmetrici in base ai settori in cui operano le PMI, impattando maggiormente sulle attività che sono state più esposte al lockdown e sentono anche in questi mesi l’impatto delle restrizioni ancora vigenti.

In base alle stime, i posti di lavoro nel sistema privato che potrebbero essere persi al termine del 2021 in FVG afferenti alle PMI ammontano a oltre 28 mila addetti, ovvero l’8% del totale pre-emergenza (quasi 360mila). Un dato percentuale in linea con il tessuto italiano. Inoltre le PMI subiranno una perdita di capitale 2021/2019 che stimiamo in quasi 1 MLD di euro (-4,6%).

“È improcrastinabile creare le condizioni per sviluppare nel Paese e attrarre dall’esterno risorse in grado di permettere al nostro sistema manifatturiero, e in particolare delle PMI, di crescere dimensionalmente e di assicurare una crescita progressiva. In questo senso la diminuzione del prelievo fiscale sulle imprese libererebbe risorse finanziarie per investimenti e nuova occupazione. In Italia, infatti, il 44% degli addetti è occupato in micro imprese, contro il 19% in Germania. Viceversa, in Italia il 13% è impiegato in medie imprese contro il 20 in Germania.”

“Per uscire con successo da una situazione emergenziale sicuramente il PNRR costituisce l’unica opportunità e forse l’ultima occasione, che però per essere realmente efficace necessita anche del completamento dei disegni di riforma e di un maggiore impulso sul fronte della partnership tra pubblico e privato. In particolare, nell’ottica del previsto orientamento di tutto il sistema italiano alla transizione verde e digitale, servono misure di accompagnamento delle imprese soggette in maniera accelerata a queste trasformazioni.”

“Nell’immediato, come già più volte affermato da Confindustria, è necessario proseguire con politiche di sostegno della liquidità al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese e il riequilibrio della loro struttura finanziaria. Nel 2020, la diminuzione della liquidità aziendale, causata dal crollo dei fatturati, ha influito sulla scelta di richiedere prestiti bancari assistiti anche da garanzie pubbliche. Ricordiamo che l’indebitamento nel 2019, per la crescita dei mercati, era sostenibile”.

“Vanno nella giusta direzione alcune misure introdotte con il DL Sostegni-bis: la proroga della moratoria di legge per le PMI, la conferma dell’intervento rafforzato del Fondo di Garanzia per le PMI e della “Garanzia Italia” di SACE, l’allungamento dei tempi di restituzione del rimborso dei debiti di emergenza del 2020 dai 6 anni attualmente previsti, fino a 10 anni, le garanzie del Fondo PMI a supporto delle emissioni obbligazionarie. In particolare, per la proroga della moratoria Confindustria ha proposto di evitare che le imprese la chiedano espressamente per non appesantire e allungare i tempi di risposta delle Banche per le numerose richieste”.

“In parallelo le singole PMI dovranno avere coraggio: mettendosi in discussione e adottando una chiara visione di dove si vuole andare e come si vuole giocare la partita, anche ricercando nuove forme di collaborazione, e adottare nuove pianificazioni di medio-lungo termine sulle alternative perseguibili anche alla luce delle specificità della PMI stessa”.

 

 

Schede Sintesi, Friuli-Venezia Giulia

 

  1. Il sistema delle PMI, 2007-2019
  2007 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2019/ 2019/
2018 2007
Italia 149.932 143.542 137.046 136.114 140.362 148.531 156.754 158.688 159.787 0,7% 6,6%
Nord-Est 38.736 37.602 35.961 35.659 36.421 37.894 39.924 40.372 40.818 1,1% 5,4%
Friuli-Venezia Giulia 3.466 3.225 3.039 3.036 3.050 3.179 3.302 3.316 3.315 0,0% -4,3%
Nord-Ovest 50.407 48.966 47.218 47.655 49.128 50.574 53.455 53.907 53.949 0,1% 7,0%
Centro 32.037 29.788 28.485 28.117 28.909 30.869 32.344 32.838 32.888 0,2% 2,7%
Mezzogiorno 28.751 27.186 25.382 24.683 25.904 29.194 31.031 31.571 32.133 1,8% 11,8%

 

Nel 2019 prosegue, sebbene a ritmi più lenti, il trend di crescita del numero di PMI che ha avuto inizio a partire dal 2015. In base agli ultimi dati demografici e di bilancio disponibili, nel 2019 il numero stimato di PMI operative nel nostro sistema produttivo ha raggiunto quota 159.787, un dato in aumento dello 0,7% rispetto al 2018 e superiore del 6,6% rispetto al 2007 (149.932).

Nell’ultimo anno la crescita del sistema di PMI è stata più sostenuta dal Mezzogiorno, che con un incremento dell’1,8% si è portato oltre le 32 mila unità (+11,8% rispetto al 2007), e dal Nord-Est, in crescita dell’1,1% rispetto al 2018 e del 5,4% rispetto al valore del 2007. Più contenuti i tassi di crescita nel Nord-Ovest (+0,1%) e nel Centro (+0,2%), in cui il numero di PMI staziona comunque su valori superiori al 2007 (rispettivamente +7,0% e +2,7%).

  1. Addetti impiegati nelle PMI 2018
  Piccole Medie PMI % Piccole % Medie
Italia 2.301.775 1.983.878 4.285.653 53,7% 46,3%
Nord-Est 576.971 520.786 1.097.757 52,6% 47,4%
Friuli-Venezia Giulia 49.799 43.963 93.762 53,1% 46,9%
Nord-Ovest 737.839 745.531 1.483.370 49,7% 50,3%
Centro 484.627 375.145 859.772 56,4% 43,6%
Mezzogiorno 502.087 341.845 843.932 59,5% 40,5%

 

Le PMI italiane impiegano quasi 4,3 milioni di addetti, distribuiti per il 53,7% nelle piccole imprese e per il 46,3% nelle imprese di media dimensione.

Il Nord-Ovest è l’area che garantisce al sistema di PMI il maggior contributo occupazionale, con quasi 1,5 milioni di occupati (34,6% del totale della forza lavoro impiegata nelle PMI), seguito dal Nord-Est con 1,1 milioni di addetti (25,6%). Le PMI di Centro e Sud Italia presentano un numero minore di addetti, rispettivamente 860 mila (20,1%) e 843 mila (19,7%).

Il Nord-Ovest è l’unica area del paese in cui gli addetti impiegati nelle medie imprese (745mila) superano quelli delle piccole (737mila). Tra gli addetti delle PMI del Nord-Est, il 52,6% (576mila) lavora in imprese di piccole dimensioni, con la quota che aumenta nel Centro (56,4%) e nel Sud del Paese (59,5%).

 

  1. I fallimenti delle PMI, 2007 – 2020, valori assoluti
  2007 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 Variazione
2020/2019
Italia 1.157 2.520 3.156 3.251 2.566 2.031 1.633 1.557 1.759 1.193 -32,2%
Nord-Est 263 560 789 768 625 457 360 315 387 265 -31,5%
Friuli-Venezia Giulia 37 73 109 57 63 49 26 29 22 21 -4,5%
Nord-Ovest 377 872 1.097 1.102 835 696 551 530 587 414 -29,5%
Centro 271 549 673 750 613 492 425 398 432 266 -38,4%
Mezzogiorno 246 539 597 631 493 386 297 314 353 248 -29,7%

 

I dati sulle chiusure di impresa nel corso del 2020 sono stati fortemente condizionati dalle misure emergenziali messe in atto per mitigare gli effetti della pandemia. In particolare, la sospensione delle attività economiche e degli uffici amministrativi, la temporanea sospensione dell’operatività dei tribunali e l’introduzione di nuovi dispositivi normativi, come l’improcedibilità dei fallimenti e la moratoria straordinaria dei prestiti, hanno congelato la dinamica delle chiusure, provocando un contenimento delle procedure anche nella fase successiva al lockdown. L’effetto di queste dinamiche è stato un crollo dei fallimenti aperti dalle PMI nel corso del 2020, con 1.193 procedure registrate a fine anno, in calo del 32,2% su base annua. Il Nord-Ovest è l’area in cui si osserva il maggior numero di procedure aperte (414) e la riduzione minore su base annua (-29,5%), seguito dal Centro (266), dove invece si registra il calo dei fallimenti più netto (-38,4%), dal Nord-Est (265), in cui la discesa dei fallimenti è del 31,5%, e dal Mezzogiorno (248), che segna un calo delle procedure del 29,7%.

 

  1. Rapporto tra debiti finanziari e capitale netto delle PMI, 2007-2020, valori %
  2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
Italia 115,5% 98,3% 96,0% 98,1% 99,5% 95,4% 90,4% 84,1% 78,3% 72,6% 66,4% 63,2% 59,5% 68,7%
Nord-Est 121,3% 98,4% 95,9% 97,7% 96,5% 89,4% 84,9% 79,5% 73,9% 67,0% 61,4% 61,3% 57,4% 62,5%
Friuli-Venezia Giulia 123,5% 104,1% 99,5% 98,2% 94,6% 91,0% 80,4% 79,5% 70,1% 69,6% 62,3% 63,3% 60,1% 66,7%
Nord-Ovest 115,3% 97,0% 95,6% 94,2% 97,3% 93,8% 85,9% 76,7% 71,9% 68,3% 62,4% 59,4% 55,5% 65,9%
Centro 143,3% 107,5% 106,2% 111,0% 112,9% 112,3% 104,7% 99,0% 88,8% 84,9% 75,6% 68,4% 64,5% 80,2%
Mezzogiorno 126,7% 108,6% 105,7% 110,7% 111,8% 110,0% 104,0% 97,1% 94,1% 82,7% 78,5% 71,9% 69,2% 76,7%

 

Per effetto delle dinamiche divergenti di debiti finanziari e patrimonio netto, nel 2020 si interrompe il trend di miglioramento della leva finanziaria che durava da dieci anni. L’aumento del ricorso a risorse esterne e la contrazione della patrimonializzazione hanno portato l’incidenza dei debiti finanziari sul capitale netto dal 59,5% del 2019 al 68,7% del 2020 (+ 9,2 punti percentuali). Il rapporto si mantiene comunque a livelli molto più bassi rispetto a quelli ante crisi finanziaria (115% nel 2007). Il peggioramento ha riguardato in particolar modo le PMI del Centro Italia, dove il rapporto tra debiti finanziari e capitale netto è passato dal 64,5% del 2019 all’80,2% nel 2020 (+15,7 punti percentuali). A seguire il Nord-Ovest con il leverage che è aumentato di 10 punti percentuali (dal 55,5% al 65,9%). Nel Mezzogiorno l’incremento è stato di quasi 8 punti percentuali (da 69,2% a 76,7%). L’area meno colpita è il Nord-Est dove la leva è cresciuta dal 57,4% al 62,5% (5,1 punti percentuali).

 

 

  1. Oneri finanziari e MOL delle PMI, 2007 – 2020, valori %
 
  2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
Italia 22,9% 27,9% 22,7% 18,0% 19,6% 22,5% 21,6% 18,8% 16,0% 13,2% 13,4% 13,0% 12,6% 18,3%
Nord-Est 23,0% 26,8% 22,3% 16,7% 18,3% 20,9% 18,9% 17,2% 14,5% 11,8% 11,0% 11,1% 10,9% 15,5%
Friuli-Venezia Giulia 23,1% 26,1% 22,4% 17,6% 17,8% 21,1% 17,4% 19,4% 15,0% 12,5% 11,8% 11,4% 10,9% 15,7%
Nord-Ovest 20,9% 25,9% 21,3% 16,1% 17,7% 20,7% 17,8% 16,7% 14,3% 11,8% 12,2% 12,3% 12,2% 17,8%
Centro 28,1% 33,5% 27,2% 23,1% 24,4% 29,4% 26,4% 21,9% 19,0% 15,8% 14,3% 15,7% 14,6% 22,4%
Mezzogiorno 31,7% 38,2% 29,6% 24,7% 28,1% 31,6% 28,9% 24,5% 20,3% 17,1% 15,7% 15,3% 14,0% 20,0%

 

Il rapporto fra oneri finanziari e MOL è migliorato fino al 2019, scendendo a un minimo del 12,6%, grazie al calo del costo del debito e al graduale recupero della redditività lorda. Nel 2020 questa tendenza si è invertita, soprattutto per effetto del calo dei margini: il rapporto è aumentato in maniera consistente superando il 18%, seppur mantenendosi ancora su livelli lontani dal 2007 (22,9%).

Le aree più colpite dal rialzo dell’indice sono le PMI del Centro Italia, per le quali il rapporto tra oneri finanziari e marginalità lorda passa dal 14,6% del 2019 al 22,4% del 2020 (+7,8 punti percentuali) e il Mezzogiorno dal 14% al 20%. Significativi ma più contenuti gli aumenti nel Nord-Ovest dal 12,2% al 17,8% (5,6 punti percentuali) e nel Nord-Est che passa dal 10,9% al 15,5% (+4,6 punti percentuali).

  1. 6. Impatto Covid: lavoratori persi nel settore privato 2020-2021, % sul totale della regione
   
  Addetti 2019 Perdita occupazionale % riduzione organico
Italia 16.134.941 1.330.261 -8,20%
Nord-Est 3.943.618 321.692 -8,20%
Friuli-Venezia Giulia 359.156 28.635 -8,00%
Nord-Ovest 5.102.914 399.173 -7,80%
Centro 3.260.715 289.281 -8,90%
Mezzogiorno 3.827.694 320.115 -8,40%

 

Il Covid ha prodotto effetti fortemente asimmetrici sulle imprese, con conseguenze particolarmente rilevanti sui settori che hanno risentito in misura maggiore del lockdown e delle successive misure di distanziamento sociale. I territori per cui si prevedono impatti maggiori sono quindi quelli più esposti nei settori più colpiti dalla pandemia (ristorazione, alberghi, turismo, trasporti, sistema moda ecc.).

In base alle stime, i posti di lavoro nel sistema privato che potrebbero essere persi al termine del 2021 ammontano a 1,3 milioni, ovvero l’8,2% del totale degli addetti impiegati prima dell’emergenza (16 milioni).

 

 

 

 

 

 

  1. Impatto del Covid sul capitale delle imprese, perdita di immobilizzazioni 2021/2019, € mld, % sul totale
   
  Immobilizzazioni perdita capitale 2021 % riduzione
Italia 903,35 43,31 -4,8%
Nord-Est 212,56 9,71 -4,6%
Friuli-Venezia Giulia 20,77 0,96 -4,6%
Nord-Ovest 311,46 14,43 -4,6%
Centro 218,52 10,72 -4,9%
Mezzogiorno 160,81 8,45 -5,3%

 

Gli impatti del Covid sui tassi di default e sul volume d’affari delle imprese ancora sul mercato avranno inevitabili ripercussioni anche sul capitale delle aziende, che potrebbe andare perso nel caso di società costrette ad uscire dal mercato o che potrebbe essere ridotto e adattato alla nuova scala in cui opera l’impresa. Complessivamente, a causa del Covid le imprese perderebbero 43 miliardi di euro di capitale (-4,8% su 900 miliardi complessivi). Anche per quanto riguarda le previsioni sul capitale aziendale, il Meridione risulta essere l’area più colpita dalla crisi sanitaria, con una perdita stimata intorno agli 8,4 miliardi nello (-5,3%). A seguire il Centro, con una riduzione di capitale di 10 miliardi (-4,9%). Il Nord si presenta come la macroarea meno colpita, con perdite di capitale inferiori a quelle nazionali: -4,6%.