Russia sospesa dal Consiglio dei diritti umani. Ma l’Assemblea generale Onu è divisa

L’Assemblea generale Onu con voto a maggioranza  ha sospeso la Russia dal Consiglio dei diritti umani. Nel documento che ha un innegabile valore solo morale e pochi effetti pratici,  si esprime “grave preoccupazione per la crisi umanitaria in Ucraina, in particolare per le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca”. L’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato con 93 voti a favore la richiesta degli Usa e dei suoi alleati di sospendere la Russia dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra. I voti contrari sono stati 24, le astensioni 58. Ma in questo caso bastavano i due terzi e così è stato. Nella bozza di risoluzione si chiede di “sospendere il diritto della Russia di far parte” del Consiglio esprimendo, come detto in apertura,  “grave preoccupazione per la crisi umanitaria in Ucraina, in particolare per le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca”. Tra i voti contrari anche quello della Cina: “Il dialogo e il negoziato sono l’unica via per uscire dalla crisi in Ucraina – ha commentato l’ambasciatore cinese all’Onu, Zhang Jun -. Ci opponiamo fermamente alla politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani”. “Questa risoluzione aggrava le divisioni tra gli Stati membri, aggiunge benzina al fuoco, e non aiuta i colloqui di pace”. E’ la seconda volta che viene votata una sospensione. Il caso precedente risale al 2011: la Libia fu sospesa a causa delle violenze contro i manifestanti da parte delle forze fedeli all’allora leader Muammar Gheddafi che poi sappiamo la fine che ha fatto e che si dice sia incubo ricorrente di Putin. Di tutt’altro tenore rispetto alla Cina le parole degli Stati Uniti, che sono stati i promotori dell’iniziativa. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha detto che “un Paese che viola continuamente i diritti non può sedere in un organo che ha come compito la tutela dei diritti. Oggi è stato corretto un torto”. Oltre alla Cina, tra i contrari figurano: Siria, Corea del Nord, Iran, Cuba, Kazakistan, Bielorussia, Bolivia, Congo, Algeria, Eritrea, Etiopia, Mali, Nicaragua, Burundi, Centrafrica, Gabon, Lao, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Vietnam e Zimbabwe. Tra i 58 astenuti tanti Paesi africani, tra cui Sudafrica, Egitto e Senegal, ma anche Pakistan, Brasile, Messico, India, Iraq e Giordania.