Salute. III commissione consiglio regionale: parere positivo quasi unanime (Open Fvg si è astenuta) a delibere domiciliarità e caregiver
Pareri positivi, che registrano l’astensione di Open Fvg, da parte della III Commissione consiliare presieduta da Carlo Bolzonello (Fedriga presidente) alle due delibere di Giunta con cui si approva il Piano triennale regionale degli interventi per la valorizzazione del caregiver familiare 2024-26, come previsto dalla legge regionale 8/2023 (Dgr 1243 di un mese fa). Furio Honsell di Open Sinistra FVG ha spiegato la sua astensione alle proposte regionali per domiciliarità e caregivers riteenedole iniziative insufficienti e poco concrete. Si legge in una nota: “Oggi in Commissione Sanità del Consiglio Regionale sono state discusse due importanti tematiche: la prima riguarda la domiciliarità delle persone affette da demenza, la seconda riguarda i caregivers. Open Sinistra FVG è stato l’unico gruppo a non venire trascinato dall’entusiasmo per le proposte di Riccardi e a non esprimere parere favorevole per i due provvedimenti proposti ovvero la Sperimentazione della domiciliarità comunitaria e il Piano triennale regionale per la valorizzazione del caregiver familiare. A fronte del numero di persone affette da demenza, solamente poco più di un centinaio sono quelle coinvolte nella sperimentazione, che risulta essere poi legata alle iniziative del PNRR e quindi non riguarda territori critici come quello della Montagna. Il piano per i caregivers non sembra anch’esso molto concreto, distribuisce risorse solamente ai Comuni e alle aziende per attività di informazione, ma non dà risposte alle tante persone che sono costrette a volte anche a lasciare il proprio lavoro, perdendo tutele, per assistere un familiare. È giusto affrontare questi temi ma non bastano paroloni o sostenere qualche progetto sperimentale per cercare di risolverli. Ciò è molto grave anche perché la Regione dispone di enormi risorse in questi anni ma ha bocciato i nostri emendamenti volti a utilizzarle per affrontare seriamente il problema dell’assistenza alle persone affette da demenza.”
Diversi comunque al di là del voto gli spunti sollevati dai consiglieri con richieste di alcuni chiarimenti, a partire dal perché sia stata prevista una sperimentazione solo per coloro che soffrono di disturbi cognitivi (è la tipologia che ci è stata segnalata maggiormente, è stato risposto alla pentastellata Rosaria Capozzi) e sia stato escluso il territorio goriziano (la scelta, è stato spiegato a Enrico Bullian di Patto per l’Autonomia-Civica Fvg, è stata fatta tra le realtà pronte ad iniziare il progetto e si è deciso di verificarne i risultati prima di erogare soldi che potevano risultare mal spesi). Infatti per ora solo a Sacile, Udine e Trieste si sperimenta la domiciliarità comunitaria di persone non autosufficienti prese in carico a domicilio. Dai consiglieri anche domande sul perché si diano 300 euro al mese ad appena 750 caregiver quando il loro numero è ben più alto, visto che la non autosufficienza, in regione, riguarda circa 25mila persone e dunque si stima che vi siano altrettanti caregiver, siano essi familiari o professionali (si tratta di un contributo economico già limitato, dovuto alla disposizione di 1,5 milioni di euro per il triennio, che diventerebbe irrisorio se il budget venisse suddiviso per una platea più ampia, è stato detto ancora a Bullian, ma anche a Manuela Celotti del Pd, preoccupata della capienza dei fondi rispetto alle domande)Secondo Celotti infatti: «Le due delibere migliorano il livello di risposta del Fvg, ma ora sarà cruciale raccogliere i dati sul numero preciso dei caregiver in regione e sulla loro condizione socio-anagrafica, economica e lavorativa, in particolare per le donne, che rappresentano la stragrande maggioranza dei caregiver in età lavorativa, una condizione che determina carriere lavorative interrotte, difficoltà di reinserimento lavorativo, part time involontario, bassi salari, e che si riverbererà, in futuro, sulla loro condizione pensionistica». Sul livello regionale, continua Celotti «una proposta interessante, e che in senso collaborativo ho avanzato, è quella di garantire un contributo regionale per le aziende che assumono persone ex caregiver, sulla scorta del contributo già garantito per le aziende che stabilizzano i lavoratori». Sul diritto alla domiciliarità, «ospedali di comunità e case di comunità rappresentano i servizi pubblici imprescindibili per supportare e integrare l’azione preziosissima delle famiglie e dei servizi domiciliari. Per questo ho presentato un’interrogazione, discussa nella commissione odierna, per chiedere che all’interno dell’accordo integrativo regionale vengano previste delle incentivazioni per le funzioni che i medici di medicina generale e i pediatri andranno a svolgere all’interno delle future case di comunità. Un elemento, quello contrattuale, che non può però prescindere dall’avvio di un percorso di confronto con le rappresentanze dei medici anche sugli aspetti organizzativi delle case di comunità e sul loro rapporto con i distretti, con il servizio sociale, con gli ospedali di base. Un tavolo che ci auguriamo possa partire al più presto e possa essere declinato a livello dei singoli distretti, coinvolgendo sindaci e rappresentanze del terzo settore».
Intervenuto nel dibattito anche Francesco Martines (Pd) che auspicato che il progetto venga fatto conoscere anche agli altri Comuni affinché ne prendano familiarità. Nel suo intevento Serena Pellegrino (Avs) ha affermato che il budget salute è un parametro quantitativo e non qualitativo, Caregiver familiari: bene il sussidio economico e la sussidiarietà sociale ma il servizio pubblico deve restare il caposaldo primario: “Convenzionalmente a spiegato Pellegrino, esistono due tipologie di caregiver: quello informale, ovvero quelle persone che nella maggior parte dei casi è rappresentato da un familiare, di solito il coniuge, un figlio o una persona vicina al bisognoso, che prevalentemente è di genere femminile, e quello formale, ovvero quello strutturato, come possono essere gli operatori del servizio pubblico oppure degli Enti del Terzo settore.” “Ho votato favorevolmente le Delibere di Giunta perché è necessario sostenere ed aiutare, seppur solo finanziariamente, i familiari delle persone fragili. Ho però aggiunto ed evidenziato che il sociale e l’assistenza al malato, o alla persona con disabilità, caratterizzano un momento storico di estrema criticità. Già oggi – incalza la Vice Presidente del Gruppo Misto – siamo in una situazione di deficit e di sofferenza, ma quando coloro che sono nati nel decennio del ‘baby boom’ transiteranno dal mondo del lavoro al mondo dei bisogni i problemi si ennuplicheranno. Non possiamo permetterci errori nella programmazione politica della gestione e della cura di una enorme fetta di popolazione che sta invecchiando soprattutto tenendo conto che coloro che dovranno provvedere ai bisogni di questi ultimi è una porzione molto risicata di popolazione.
La politica dell’attuale maggioranza regionale è quella, ormai palese e visibile ai più, di ridurre i servizi erogati dal pubblico con un continuo e costante smantellamento, sostituendolo e rimpiazzandolo da un lato con le famiglie e dall’altro da un servizio offerto dagli Enti del Terzo Settore. Tutto questo mi preoccupa alquanto sia per la portata, sia perché questi ultimi spesso poggiano sul volontariato o su una tipologia di lavoro poco remunerato e quasi per nulla sindacalizzato, ma soprattutto perché un Ente privato, anche se animato da grandi valori sociali, se dovesse decidere di non erogare più il servizio, perché non ha obblighi sine die, la ricaduta negativa sarebbe devastante.
Ad ogni buon conto temo che questo lento e continua migrazione del servizio dal pubblico ai soggetti privati non sarà sufficiente a sopperire la domanda e la richiesta di bisogno che la popolazione sta richiedendo e che a breve richiederà in maniera massiccia.” E conclude Pellegrino “Ciò che viene definito budget di salute rischia di essere per lo più quantitativo essendo l’unico parametro oggettivo e che quello qualitativo sia difficilmente catalogabile: il rischio è che una volta fornito brevi manu il denaro, il servizio territoriale venga a mancare con la conseguente e inevitabile ricaduta di tutto questo sulle figure femminili familiari. Anche il parametro dell’ISEE troppe volte non è sufficiente: bisogna al più presto metterci mano ed essere modificato, perché lo ricordiamo, queste leggi non sono dei moloch intoccabili e possono essere riviste e armonizzate con le esigenze dei più fragili.“
Simona Liguori (Patto per l’Autonomia-Civica Fvg) ha chiuso il suo intervento con un paragone al cohousing per le persone affette da demenza e rivelando che in regione ci sono 400mila sofferenti di malattie cronico-degenerative che hanno bisogno di assistenza continuata, che quindi può essere garantita solo da chi rinuncia a un lavoro esterno. “Un ruolo quello dei Cargiver familiari che per i numerosi oneri e sacrifici che comporta necessita di un continuo e stabile sostegno da parte delle istituzioni. E’ indispensabile – ha ricordato Liguori – che sia data al più presto attuazione alla legge regionale fornendo un aiuto economico concreto ai tanti caregiver del Friuli Venezia Giulia. Un tema che è stato da noi più volte sollevato in Aula nella scorsa legislatura attraverso atti consiliari e appelli alla giunta, sollecitati da tante persone che ricoprono questo ruolo e che molte volte si sentono abbandonati a sé stessi. I caregiver familiari sono sono coloro che, giorno dopo giorno, si prendono cura del coniuge, del genitore, del figlio malato o con disabilità, del familiare con malattie croniche degenerative. Il loro impegno è instancabile, il loro amore incondizionato. Molti sono costretti a ridurre l’orario di lavoro o addirittura ad abbandonare la propria carriera, con conseguenze significative sul loro futuro economico. Molte volte le spese per medicinali, visite specialistiche, attrezzature mediche e assistenza specializzata gravano pesantemente sui bilanci familiari. Senza contare che lo stress continuo e la mancanza di riposo adeguato possono portare a problemi di salute fisica e mentale per i caregiver stessi”.
“Monitorerò con attenzione i suoi effetti concreti – conclude Liguori – ovvero la capacità di attenuare almeno i sacrifici economici che i Caregiver devono sostenere. Se si riveleranno non sufficienti, non mancheremo di riproporre nuovamente al Consiglio regionale la questione. Investire nei caregiver familiari non è solo un atto di giustizia sociale, ma anche una scelta economicamente saggia. Il loro lavoro instancabile riduce la pressione sul sistema sanitario e contribuisce a rendere più forte la comunità.