Sanità Fvg. Prestazioni in calo e il rapporto Agenas lo conferma. Allarmanti i dati sulla rinuncia alle cure
«Non possiamo sederci davanti a quella che è stata una resistenza del sistema». L’assessore alla Salute Riccardo Riccardi ha commentato così i voti assegnati al Servizio sanitario regionale dall’ultimo rapporto Agenas sulle prestazioni erogate dalle strutture ospedaliere del Friuli Venezia Giulia. Al di là dei voti, segnala la Cgil, il fatto stesso che l’assessore utilizzi un termine difensivo come “resistenza” implica una presa d’atto del fatto che il livello delle prestazioni è in calo. La Cgil, del resto, lo aveva denunciato qualche mese fa, documentando un calo del 14%, tra il 2018 e il 2023, delle visite specialistiche e della diagnostica strumentale: in termini numerici 100mila prestazioni in meno. Ancora più preoccupante il recentissimo dato dello studio Passi d’argento, che certifica come il 22,8% della popolazione anziana della nostra regione rinunci a visite e esami per difficoltà economiche, a causa della lunghezza delle liste di attesa o come effetto combinato delle due cause. Si tratta praticamente di un anziano su 4. Meno scioccante, ma per nulla rassicurante, la percentuale generale di rinuncia alle cure, che fra i cittadini della nostra regione (dati Istat) sfiora ormai il 10%.
L’assessore, nei giorni scorsi, ha anche lanciato un grido d’allarme sull’aumento delle richieste di prestazioni specialistiche. Piuttosto che segnalare acriticamente il dato, crediamo che sarebbe necessaria una riflessione più profonda sui fattori che lo stanno determinando. Fattori che sono sì legati all’invecchiamento della popolazione e al progressivo aumento di patologie croniche, ma anche alla scelta strategica, da parte di questa amministrazione regionale, di puntare tutto sulla creazione di una macchina sanitaria basata esclusivamente sulla fornitura acritica di prestazioni, anche attraverso una progressiva crescita delle risorse dirottate verso la sanità privata, che ha come logica ed esclusiva mission la fornitura di prestazioni, in particolare quelle a maggiore valore aggiunto (e senza alcun interesse, anzi, all’appropriatezza delle prescrizioni).
Ciò che è venuto meno, invece, è la capacità del servizio pubblico di garantire la presa in carico delle persone e delle comunità, il ruolo dei distretti, la capacità operativa delle reti clinico assistenziali, l’apporto dei medici di medicina generale, non solo in termini numerici, ma anche di coinvolgimento delle loro rappresentanze nelle scelte strategiche, il concetto stesso di prossimità dei servizi.
Alla luce di tutto questo, il grido d’allarme dell’assessore sull’aumento delle prescrizioni suona quasi paradossale, perché il quadro che abbiamo di fronte non è soltanto l’effetto di difficoltà oggettive, ma anche delle scelte, e delle mancate scelte, di questa Giunta regionale. Se in questi giorni Riccardi parla di «tempi maturi per un cambiamento» e dichiara che «già con l’esercizio del 2025 sarà necessario assumere decisioni rinviate per trent’anni», per la Cgil la direzione da prendere può essere soltanto una: restituire al servizio pubblico un suo ruolo proattivo e a 360 gradi a difesa della salute dei cittadini. L’esatto contrario di quanto sta facendo l’attuale Giunta regionale.
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