Siria, Isis e dintorni: Grandi manovre

Dunque pare proprio ufficiale: Abu Baker al Baghdadi ci ha lasciato. Niente di grave, mi sa che ce ne faremo una ragione. Anzi, direi proprio meglio tardi che mai; ma forse è proprio questo il punto. Tardi! Su di lui si erano fatte parecchie ipotesi e il suo certificato di morte era stato emesso già più di una volta nel passato. Prima gli Usa, poi i russi ci avevano fatto sapere che il califfo nero era morto, poi gravemente ferito o morto; poi sono arrivati in un recente passato filmati e foto che lo ritraevano piuttosto pimpante e in compagnia del suo amico più fidato, il vecchio ma sempre utile AK47.
Le ultime notizie lo davano in giro per il deserto in una zona non meglio definita, ma probabilmente nella zona dell’Anbar iraqeno dove si era rifugiato in seguito alla perdita da parte dell’Isis della sua ultima roccaforte; Baghuz in Siria a sud di Deir ez Zor e al confine con l’Iraq. Anbar è la regione iraqena dove maggiormente si concentra la minoranza sunnita di quel paese e dove il califfato aveva riscontrato maggiori successi. Ora quella zona è sotto il controllo delle milizie sciite filoiraniane che quando sono riuscite a cacciare l’Isis da quell’area, si sono tolte qualche sassolino dalle scarpe non andando troppo per il sottile nei confronti della gente locale. Lì come in altri posti tipo Mosul e dintorni. Diciamo che non si sono comportati da veri gentlemen.
Tornando al nostro e alla notizia del giorno, Al Baghdadi è stato beccato in tutt’altra zona, nella sacca di Idlib vicino al confine occidentale con la Turchia. È chiaro che un episodio del genere deve necessariamente essere affrontato con un minimo di delicatezza se si vuole cercare di capirci qualcosa. Cominciamo col dire che Idlib e dintorni sono ancora nelle mani dei tagliagole, non dell’Isis ma di HTS (Hayat Tahryr al Sham) che sarebbe niente meno che l’ultima versione di Al Qaeda. Che tra Isis e Al Qaeda non sia mai corso buon sangue è piuttsto noto e dunque viene spontaneo chiedersi che ci facesse il califfo da quelle inospitali parti. C’è anche da capire se Bareesha, il villaggio in cui Al Baghdadi è stato stanato, sia effettivamente sotto il controllo di HTS oppure del FSA (Free Syrian Army & associati che da al Qaeda non sono lontani in linea di principio ma con il quale si sono scontrati in combattimenti ferocissimi), perchè anche questo potrebbe fare la differenza. Perchè il FSA e il NFL (National Front for Liberation formato da più di una decina di gruppi minori) sono sotto il controllo diretto d Ankara e se Al Baghdadi era nella loro zona, risulta difficile immaginare che i turchi non ne sapessero niente. Fin da prima dell’operazione, si intende.
Insomma, in questa faccenda, come in tutte quelle simili, ci sarebbero molte cose da chiarire e di cui probabilmente mai sapremo qualcosa. Chi ha provato ad informare su questioni simili è finito in galera e sotto processo per aver svelato la verità, grazie ai canoni della nostra granitica democrazia. Ricordo che ad esempio Julian Assange, attualmente ospite delle galere inglesi, rischia l’estradizione negli Usa per aver pubblicato su Wikileaks dei files segreti, ma che a chi ne aveva voglia svelava notizie che avrebbero dovuto far finire in cella un fracco di altra brutta gente; certo non lui. Sempre che la nostra democrazia fosse davvero tale. Detto questo, appare abbastanza chiaro che nel NES (North East Syria) i turchi hanno dichiarato guerra a quelli che ritengono terroristi (sigh), YPG a YPJ truppe di difesa popolare kurde, che hanno combattuto per liberare il NES dall’Isis, mentre con i veri terroristi intrecciano tutt’ora ottimi rapporti. Vale la pena ricordare che buona parte dei cosiddetti foreign fighters (migliaia di esaltati stranieri finiti tra le fila non solo dell’Isis ma anche di FSA e NFL) sono stati addestrati in Turchia e da lì poi passati in Siria.
Trump ha pubblicamente ringraziato turchi, kurdi, russi, iraqeni e persino governativi siriani per la collaborazione ricevuta nell’operazione. Personalmente dubito assai che i russi fossero opportunamente avvertiti preliminarmente; hanno le loro truppe lì vicino e farsi gabbare in quel modo non credo rietrasse nei loro desideri. Situazione simile per i kurdi che forse avrebbero anche potuto ricevere (a quanto pare) notizie del califfo da una delle sue mogli prigioniera dei YPG, ma che certo nell’eventualità avrebbero passato la dritta agli Usa prima del loro tradimento, dunque almeno una ventina di giorni fa. Comunque sia, pare che gli elicotteri siano partiti dall’Iraq e abbiano attraversato tutto in largo il territorio siriano senza che nessuno se ne accorgesse. Ad occhio Incirlik, la base Usa in Turchia, sarebbe molto ma molto più vicina ed anche nel caso in cui i mezzi fossero partiti da lì, Ankara sarebbe stata avvertita ben per tempo. Sottolineare anche che uno dei collaboratori più vicini al califfo è stato eliminato a Jarabulus, al confine con la Turchia ma a nord di Manbij, zona da tempo sotto il controllo dei turchi e dei loro alleati del FSA. Cosa che fa pensare a qualcosa di più rispetto alla semplice casualità e ad un’ipotesi di collaborazione tra gruppi terroristici ad un livello più maturo piuttosto che embrionale e in cui la Turchia non può essere estranea.
Il tempismo poi, questo era il momento giusto per un’operazione del genere; gli Usa dovevano mettere una maschera alla figura di merda rimediata con il loro ritiro dal NES, allo stesso tempo ribadire che senza di loro i problemi non si risolvono e che comunque sono sempre all’erta e pronti a salvare il pianeta dai pessimi personaggi che loro stessi hanno contribuito a creare. L’anno prossimo ci saranno le elezioni e un bel colpo di scena male non fa; certo, forse giocato un tantino in anticipo ma comunque di grande effetto presso gli elettori a stelle e strisce. Nei confronti dei turchi, inoltre, andava rimarcato che l’alleanza pur se con qualche problemino, è sempre solida e che una soluzione si trova in qualche modo anche tra gente che magari litiga, ma poi si stringe la mano e via come prima.
I russi a questo punto masticheranno un po’ amaro, quella è zona di loro competenza e il coup du theatre assestato è di sicuro effetto di fronte all’opinione pubblica; il messaggio è che gli Usa non si possono sentire tagliati fuori dalle dinamiche mediorientali.
Interessante sarebbe anche riuscire a capire quale sarà il futuro “dell’internazionale del terrore” e cioè se da ora in avanti sia possibile un interazione tra i due principali attori di questo pauroso scenario. Riusciranno i nostri eroi a trovare una via comune attraverso cui continuare a minacciare la tranquillità del nostro occidente e non solo? Elementi ex Isis sono già entrati nelle file di alcuni gruppi facenti riferimento al FSA & C. succederà lo stesso anche con Al Qaeda? Il fatto che il Al Baghdadi fosse da quelle parti non poteva essere ignoto a chi quel territorio domina e controlla.
In parole povere, ci sono ancora parecchie cose non chiare in questa operazione; le stesse immagini di ciò che resta del “rifugio” in cui il califfo è stato trovato ed “eliminato” non fa pensare ad un inseguimento all’interno di un tunnel dove Al Baghdadi si sarebbe fatto esplodere. Non c’è un sasso sull’altro, solo crateri e pietre spianate… Inoltre, la famosa foto di Trump and the gang che osserverebbe in diretta la missione fa pensare ad una scenetta preparata in precedenza.
Ci sono ancora molti lati oscuri, come d’altra parte è abbastanza normale in questo tipo di situazione,certo non tutto è chiaro e limpido. Vedremo nei prossimi giorni. Come diceva qualcuno.. ai posteri l’ardua sentenza.

Docbrino