Svelati i segreti degli antichi maestri liutai nella costruzione dei violini
Uno studio italiano pubblicato sulla rivista EPJ Plus ha analizzato, grazie alla scansione 3D con microtomografia a raggi X, le diverse stesure di vernice che conferiscono ai violini storici qualità musicali e aspetto eccezionali. I maestri italiani della liuteria del passato svilupparono tecniche di verniciatura che conferivano ai loro strumenti una sonorità e un aspetto straordinari. Poche sono le testimonianze delle ricette dell’epoca – parliamo del ‘600 – sopravvissute, poiché le tecniche venivano spesso tramandate oralmente agli apprendisti. Di conseguenza sono disponibili solo scarse informazioni sui metodi originali utilizzati per la finitura degli strumenti.
In un nuovo studio pubblicato su EPJ Plus, un team di ricercatori delle Università di Pavia e Torino, in collaborazione con Elettra Sincrotrone Trieste dell’Area Science Park, ha utilizzato un metodo di scansione 3D non invasivo, grazie alle tecniche di microtomografia computerizzata a raggi X (microCT), per acquisire informazioni sulle principali caratteristiche morfologiche degli strati di finitura sovrapposti usati nei violini. La microCT è simile ai sistemi TAC ospedalieri ma con un dettaglio di gran lunga maggiore e consente di produrre un modello 3D virtuale delle parti esterne e interne dei campioni analizzati con risoluzione micrometrica. Permette inoltre di separare virtualmente componenti diverse.
Questo metodo potrebbe aiutare gli scienziati a riscoprire il procedimento e i materiali utilizzati in passato e a riprodurre i metodi di stesura a più strati degli antichi maestri. A partire dalle immagini morfologiche è possibile, infatti, ricostruire la distribuzione dei materiali che possono essere identificati attraverso tecniche spettroscopiche.
“Lavoriamo ormai da anni sullo studio dei materiali presenti sui più importanti violini storici della tradizione cremonese, quali ad esempio Stradivari, Amati o Guarneri – spiega Marco Malagodi, responsabile del Laboratorio Arvedi di Diagnostica non invasiva dell’Università di Pavia – e la presenza di materiali quali vernici oleo resinose utilizzate per le finiture superficiali è ormai stata confermata dalle numerose indagini condotte. Inoltre, si sono potuti identificare pigmenti naturali di colore rosso quali terre rosse a base di ossidi di ferro, oltre alla presenza in diversi casi anche di coloranti organici a base di lacca di robbia. Per quanto riguarda i trattamenti del legno è interessante notare come le ricerche abbiano confermato l’utilizzo di colle proteiche addizionate con cariche inerti quali solfati o silicati, che venivano utilizzate come filler delle porosità del legno per conferire maggiore spessore e impedire che potesse assorbire la vernice che sarebbe poi stata applicata sulla superficie. L’importanza fondamentale dello studio condotto presso i laboratori triestini ha consentito in modalità non invasiva di ricostruire un modello di stratificazione dei materiali applicati sui violini, aiutando i ricercatori a definire in modo corretto le differenti stesure e aiutando così la ricerca nella ricostruzione di metodologie costruttive andate perdute oramai da secoli”.
“La tecnica utilizzata dai colleghi di Pavia e Torino sfrutta la capacità della sorgente di Elettra di ‘vedere’ anche materiali solitamente invisibili ai raggi X, perché poco densi e composti di atomi leggeri – mette in evidenza Franco Zanini, responsabile del Cultural Heritage Project al Laboratorio Elettra. La stessa tecnica è stata impiegata anche per altri strumenti musicali storici della tradizione italiana ed europea, ma più in generale, spesso in sinergia con altre linee di luce, è stata sfruttata in altri ambiti dei beni culturali, approfittando delle proprietà uniche della luce di sincrotrone e dell’ampio repertorio di tecniche analitiche non invasive del laboratorio triestino. Siamo così passati dallo studio dell’evoluzione umana (attraverso l’analisi di reperti di Sapiens, Neanderthal ed Erectus) allo studio del degrado di rari manufatti antichi al fine di elaborare nuove strategie di restauro e conservazione o per comprendere le tecniche di produzione di popolazioni antiche o addirittura preistoriche.”
In questo caso gli autori hanno usato raggi X per scansionare due serie di prototipi preparati in laboratorio a imitazione degli strati di finitura degli strumenti storici, avendo come modello il frammento di un violoncello realizzato da Andrea Guarneri, uno dei maggiori liutai italiani del XVII secolo.