Taglio fondi università: dalla Regione servono atti concreti a favore studenti e atenei

Il taglio dei finanziamenti alle Università italiane rischia di portare ad una ancora più difficile progettualità di crescita intellettuale, formazione, livelli di istruzione e competitività dei nostri giovani. Una realtà difficilmente contestabile alla luce dei recenti dati forniti dagli stessi Atenei che possono intravvedere un piccolo spiraglio di luce solo grazie ai fondi del Pnrr che hanno ricaduta sulle attività delle Università. Una possibilità che, però, è a tempo limitato e che non garantisce una regolare e costante linea di crescita della offerta formativa. Una situazione che tocca, pesantemente, gli Atenei del Friuli Venezia Giulia che negli anni, stante le indagini di società e enti di studio internazionali, hanno fatto registrare livelli di eccellenza. Dopo una fase di crescita dio iscrizione specie nel periodo 2020-2021 viziato dalla pandemia, seguita a una di stagnazione con calo nel 2013-2014 con forti perdite di immatricolazioni universitarie, si sta assistendo a un nuovo indice di decrescita previsionale 2022-2024. Questo penalizza il quadro generale laddove, invece, ogni indicazione europea indica in una richiesta di raggiungimento di livello di immatricolazione elevata per fare fronte proprio a inserimenti di laureati con priorità – in Italia – di giovani laureati in discipline varie nella Pubblica amministrazione che deve fare fronte al gap generazionale per le nuove opportunità fornite dal Pnrr. Non solo, l’Europa ci chiede di traguardare al 2030 un livello di alta formazione di laurea per raggiungere una parità europea che vede l’Italia in posizioni arretrare per numero di laureati in ogni settore. Orbene, il taglio di finanziamenti aumenterà ancora di più la diversità fra il nostro Paese e il resto d’Europa. Trieste, in particolare, che ha visto mantenere i livelli più elevati di crescita nel Nordest accanto a Verona e Padova sarà in maggiore difficoltà per la nuova distribuzione dei fondi. Udine, secondo uno studio della Fondazione Nordest del 2023 avendo un flusso di iscrizioni più fluido potrebbe risentirne di meno, così come Venezia. Il 56 per cento era la percentuale di iscrizioni a livello nazionale pari a quella del Friuli Venezia Giulia per nuova immatricolazioni nell’ultimo decennio. In Friuli Venezia Giulia la distribuzione di immatricolazioni vede il 33 per cento nell’area giuridica, economica e sociale. Segue la sezione Stem con il 31 per cento in quasi parità con l’area artistica, letteraria e dell’insegnamento, sanitaria e agro-veterinaria. Dati più o meno livellati a quali del vicino Veneto, più alti, in Friuli Venezia Giulia, per il settore giuridico e Stem. Nell’area artistica, letterari e insegnamento anche nella nostra regione il livello femminile è più alto, mentre decresce nella Stem e nel giuridico e sociale. Sempre secondo Fondazione Nordest, le studentesse superano a Nordest il 60 per cento del totale degli atenei, mentre sono inferiori di numero a Padova e Udine. Una buona formazione didattica consente di contenere l’andamento demografico negativo e garantire una competitività in un mondo di grandi ritardi strutturali nel settore industria, specie in Friuli Venezia Giulia. Chi è laureto, dice Fondazione Nordest, fra i 24-64 anni ha più possibilità dio occupazione (nel 2020-2021 è sta del 1,7 per cento in più rispetto dello 0,5 per cento dei livelli di istruzione più bassi). Il ritardo di numero di laureti penalizza, quindi, le generazioni future. Tagli ai finanziamenti e evidenti difficoltà di sostenere i costi di frequenza e iscrizione da parte delle famiglie inducono a una riflessione che non può non coinvolgere le istituzioni pubbliche ad ogni livello e la politica. Occorre, quindi, che non solo lo Stato si faccia carico di una inversione di tendenza, ma soprattutto i territori devono scendo in campo. In Friuli Venezia Giulia, poi, la bassa natalità e l’alto indice di invecchiamento della popolazione devono essere un campanello di allarme forte per invitare tutti ad una seria riflessione. Gli strumenti per agire ci sono e vanno dalla creazione di campus universitari per facilitare l’abbattimento dei costi di affitto e permanenza degli studenti sul territorio (molti giovani stanno scegliendo, per questo, le Università con corsi online) che possono essere recuperati da ristrutturazioni di caserme dismesse o edilizia popolare spinta. Ma anche agevolazioni per abbattimento ulteriore delle tasse di iscrizione ampliando i limiti, nonché mettere finalmente in atto una seria politica di trasporti gratuiti sui mezzi pubblici regionali sia su gomme che su ferro (se viaggiano gratis i militari in divisa, possono, maggior ragione farlo gli studenti universitari…) e programmare servizi pubblici a favore degli studenti – come avviene già all’estero in Paesi a noi confinanti – come asili nido gratis per le studentesse, acquisto di libri e costi di istruzione formativa e altro. Una regione come il Friuli Venezia Giulia con bilanci e manovre di assestamento con cifre milionarie può e deve fare molto di più per dare una prospettiva ai nostri giovani, sempre di più con le valigie in mano per fuggire all’estero, ridistribuendo le risorse con maggiore attenzione verso un settore – cultura, formazione, istruzione – al fianco attivo di istituzioni già presenti in regione che ne hanno fatto, fino ad ora, un fiore all’occhiello per ricerca e innovazione. Lo impone ancora di più, oggi, il taglio finanziario ai nostri Atenei che, se a corto di fondi, potrebbero far aumentare tasse di iscrizione, ridurre la presenza di docenti e servizi. Una regione che arriva a questo ha poche possibilità, domani, di essere competitiva sotto ogni aspetto.
Mauro Capozzella  ex consigliere regionale e coordinatore provinciale M5S