Un “cerino” di nome Riccardi

Che l’assessore regionale alla sanità Riccardo Riccardi avesse tirato troppo la corda assieme ai suoi “direttori” nominati, lo avevano già capito da tempo gli ammalati del Friuli Venezia Giulia e perfino le sonnacchiose opposizioni, soprattutto quelle ancora in lutto da assenza di governo inspiegabilmente caute nel prendere di petto il sistema di potere in mano ad un assessore nominato, con il quale hanno, per troppo tempo, cercato individuali  mediazioni di palazzo. Al massimo solo punzecchiature istituzionali, quasi volessero contrattare pezzetti di nomine o salvaguardie territoriali nei propri presunti bacini di influenza. Ci sono voluti anni perché capissero che quando ti trovi davanti un bullo ogni discussione è inutile, lui imporrà i propri interessi e ti prenderà per i fondelli. Ora c’è un fatto nuovo, al lento risveglio dell’opposizione, si unisce ora la voglia di un pezzo di maggioranza di dare vita ad un diverso equilibrio di forze, probabilmente vogliosa di iniziare la rincorsa alla presa del palazzo, certa che con una opposizione divisa e incapace di esprimere una classe dirigente di livello, la sfida potrebbe essere più sulle candidature preventive che nelle urne. Ed allora bisogna mettere in fila alcuni fatti e presagi, perché è probabile che la partita non si giochi in Fvg ma a Roma. La novità di queste ore, che ha fatto alzare la febbre, è l’intervento a gamba tesa del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani che in un’intervista rilasciata a Il Gazzettino ha sparato e, non certo a salve, contro il direttore dell’AsFo Giuseppe Tonutti e contro l’assessore regionale alla Sanità Riccardo Riccardi. In sostanza Ciriani ha dichiarato il suo sconcerto rispetto all’inaugurazione “finta” avvenuta a dicembre del nuovo nosocomio pordenonese, ospedale che in realtà non è ancora terminato. In realtà l’attacco di Ciriani indirizzato formalmente contro il direttore generale dell’AsFo Giuseppe Tonutti e, indirettamente, contro l’assessore regionale Riccardo Riccardi è finalizzato ad evitare che Fratelli d’Italia, dinnanzi al palese disastro sanità, venga considerata corresponsabile. Non si vuole in sostanza scottarsi le dita con il “cerino” Riccardi. Preferiscono che le ustioni riguardino  solo Fedriga e il “mistero” che lo vede inspiegabilmente silente davanti ai disastri ripetuti nel tempo del proprio assessore, quasi vi siano in ballo inconfessabili scheletri nell’armadio (politici, al massimo amicali… si intende). Ovviamente l’elemento accelerante della fiammata che potenzialmente potrebbe incenerire gli attuali equilibri della giunta Fedriga, è nel dispositivo della sentenza (64/2025) della Corte costituzionale nella quale si stabilisce l’incostituzionalità di un terzo mandato per i presidenti di Regione. Secondo la Corte, il divieto di terzo mandato è un “principio fondamentale”, che mira a evitare il “congelamento della rappresentanza”, evitare rendite di posizione elettorali e contemperare l’esigenza di stabilità degli esecutivi con quella di favorire il necessario ricambio. Insomma niente “governatori a vita”, vale per De Luca in Campania ma vale anche per Fedriga in Fvg che ormai può ululare alla luna quanto vuole sulla “specialità”. La Corte infatti ha specificato che tutte le Regioni devono rispettare i principi di base della democrazia e in questo non c’è “autonomia” che tenga. Inutile dire che la pubblicazione della sentenza ha aperto le paratie di una diga strapiena, sarà da vedere se ci sarà una piena controllata o devastante. Facile che, come sempre succede a destra, il collante della divisione del potere e del riequilibrio, passi solo in una rimodulazione delle poltrone attraverso mediazione nazionale che riguarderà, anche se in tempi diversi, l’intero nordest, sulla base di unico accordo in più fasi. In sostanza prende corpo quello che il 19 febbraio scorso, come FriuliSera, affermavamo nel pezzo “Tanti indizi fanno una prova? Cerno for president?”. Allora avevamo affermato, come suggestione, la possibilità che nel gioco delle future candidature “regionali”, con Zaia e Fedriga fuori dai giochi, la trattativa si potesse giocare a Roma in tandem. In sostanza il Veneto rimarrebbe alla Lega con uomo gradito a Zaia e il Fvg passerebbe di mano a Fratelli D’Italia, magari con una candidatura di mediazione. Quella di Tommaso Cerno sarebbe perfetta, locale senza esserlo, non sgradita perfino a parte del centrosinistra, con sponsor locali ancora di peso e soprattutto non territorialmente identificabile in nessuno dei “gruppi” destrorsi che fanno parte della variegata platea della fratellanza. A febbraio l’avevamo definita suggestione provocata da molti indizi, ma nel tempo la notizia si è rafforzata provocando una “ripresa” da parte del Gazzettino il 6 maggio scorso dal titolo “Friuli, spunta Tommaso Cerno per il dopo Fedriga targato FdI: direttore del Tempo e già senatore del Pd “. Così titolava infatti il quotidiano veneziano guarda caso nella sua edizione di Pordenone, aggiungendo: “Il nome circola da tempo negli ambienti politici, anche se ancora sotto traccia. Nessuno lo pronuncia chiaramente prima di tutto perché l’appuntamento elettorale è ancora lungo da arrivare e poi perché il personaggio ha già stupito più volte e potrebbe tornare a farlo…. Ecco allora che si aprirebbe la strada a un friulano legato alla sua terra, ma che da anni ha scelto Roma come residenza, Tommaso Cerno. Una vita sempre a mille, alternando giornalismo, politica, libri, battaglie sui diritti civili e battaglie con l’Arcigay di cui è stato dirigente nazionale. Il tutto senza alcun problema a cambiare casacca politica anche in corso d’opera se il fine giustificava i mezzi.” Insomma un poliedrico guitto che potrebbe piacere anche a parte del Pd che già una volta se l’era fatto piacere. Ma c’è anche un altro indizio che spinge la “suggestione”ed è la campagna tutta romana messa in piedi proprio da Fratelli D’Italia che inserisce il personaggio Cerno nel filone, sempre verde e gradito, dei presunti underdog. Un lancio sul mercato che potrebbe preludere agli scenari politico-istituzionali. La prova di tutto ciò è che il direttore del quotidiano Il Tempo, sarebbe stato bannato dalle audizioni della Commissione per le Libertà civili (Libe) del Parlamento europeo sullo Stato di diritto e la libertà di stampa in Italia. La storia è surreale e potrebbe trovare proprio spiegazione nell’accreditarlo sempre di più come persona “doc” affine alla fratellanza d’Italia. Il nome del giornalista ed ex deputato del Pd era stato infatti “tardivamente” proposto come relatore dal capogruppo di Fratelli d’Italia a Bruxelles, Nicola Procaccini, ricevendo però una risposta negativa dal presidente della Commissione, mentre sono stati convocati il conduttore di Report Sigfrido Ranucci (per le numerose pressioni subite in Rai) e il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, uno degli spiati dal software israeliano Paragon. Misterioso invece a che titolo e sulla base di quali “censure” avrebbe dovuto essere chiamato a parlare Cerno che in realtà è omni-presente nelle reti televisive. Ma incassato l’inevitabile e preventivato diniego, Procaccini ha denunciato quello che ha definito uno “sbilanciamento a sinistra piuttosto evidente e visibile nell’elenco dei relatori invitati”, mentre i ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi hanno disertato l’audizione inviando al loro posto dei funzionari. In realtà a contestare la narrazione dei meloniani ci sono fatti confermati da Bruxelles e stigmatizzati dagli europarlamentari di centrosinistra secondo cui, i rappresentanti di FdI, non sarebbero mai presenti in commissione, per poi all’ultimo cercare di imporre un loro speaker. “Dunque farlo all’ultimo momento, secondo il deputato Pd Alessandro Zan, è solo strumentale per aprire un polverone, una polemica su una presunta libertà di stampa, quando loro con questo vogliono nascondere il fatto che non c’erano i ministri Nordio e Piantendosi, che ancora una volta sono assenti di fronte al Parlamento europeo che chiede spiegazioni sull’arretramento dell’Italia”. Identica la versione di Gaetano Pedullà del M5s ma in sostanza anche quella della vicepresidente del Parlamento europeo la belga Sophie Wilmès che conferma che alcuni nomi esclusi erano stati segnalati da deputati assenti ai lavori.
La storia futura e, temiamo sciagurata, di questa regione ci dirà come tutto evolverà, intanto ribadiamo che in assenza di alternative, al momento nulle all’orizzonte, potremmo non vedere l’ora di assistere ad una gestione by Cerno del palazzo della presidenza della giunta Fvg di Piazza dell’Unità d’Italia. Le politiche sarebbero disastrose come quelle odierne, il popolo elettore/astenzionista  sempre più masochista, ma almeno il divertimento sarebbe garantito.

Fabio Folisi