Agro-biodiversità, dai giovani la speranza per un futuro sostenibile
Riuscire a dar da mangiare a 8 miliardi di persone nel mondo, raddoppiare le produzioni di cibo nei prossimi 40 anni e, in tutto questo, diventare più sostenibili tenendo conto di fattori come la crisi climatica, combattere la fame e promuovere la biodiversità. Da qui l’impegno di fare sempre più rete tra tutti i soggetti coinvolti, persone, imprese e istituzioni, sensibilizzando prima di tutto le giovani generazioni alla tutela del territorio rurale e della agro-biodiversità.
A confrontarsi, oggi 23 maggio nella sede della Regione a Udine, moderati dal giornalista David Zanirato, il presidente del Consiglio Regionale Unipol Fvg, Franco Colautti, la presidente di Legacoop Fvg, Michela Vogrig, il docente di agronomia e coltivazioni erbacee dell’Università di Udine, Fabiano Miceli e il professore dell’Istituto Tecnico Agrario Superiore “Brignoli” di Gradisca d’Isonzo (Go), Davide Mosetti.
I Consigli Regionali Unipol(di cui fanno parte, oltre a Legacoop anche Cgil, Cisl, Uil, Libera, Cia, Cna e Legambiente) raggruppano i principali portatori di interesse di riferimento capaci di cogliere gli orientamenti e i bisogni emergenti a livello territoriale, promuovere la sostenibilità e sviluppare progetti territoriali sostenibili che abbiano un impatto sociale, economico, civile e culturale coinvolgendo le migliori risorse del territorio.
«Come Legacoop Fvg – ha commentato Vogrig, dopo i saluti iniziali del presidente del Consiglio Regionale Unipol Fvg, Franco Colautti che ha presentato il ruolo e la composizione dei Consigli Regionali Unipol– riteniamo che avviare un percorso per rendere consapevoli giovani e meno giovani sull’importanza di tutelare l’agrobiodiversità sia essenziale in questo momento. Significa far comprendere che i semi delle specie autoctone sono preziosi non solo per la “ricchezza” genetica di cui sono portatori, ma anche per la loro capacità di essere più adattivi e resistenti nella delicata crisi climatica che stiamo attraversando. É l’inizio di un progetto – ha annunciato – che vogliamo costruire insieme agli istituti scolastici agrari per promuovere un’attenzione e una cultura diffusa su questi aspetti, traducendoli in azioni concrete attraverso iniziative non solo formative. Abbiamo bisogno di alleanze e sinergie tra imprese, parti sociali, università, scuola, istituzioni e terzo settore per sostenere un modello di sviluppo più equo, sostenibile e inclusivo».
La banca del germoplasma
Entrando nello specifico dell’incontro, al quale ha partecipato anche Daniela Patriarca del Centro di Orientamento Regionale portando i saluti dell’assessore regionale al Lavoro, formazione, istruzione, ricerca, università e famiglia Alessia Rosolen, la parola è passata al professor Miceli. «In Friuli Venezia Giulia – ha spiegato –, grazie alla legge regionale 11/2002 sulla tutela delle risorse autoctone d’interesse agrario e forestale, è stata attivata la banca del germoplasma affidata all’università di Udine. Si tratta di una banca composta da tante sementi e accompagnata da una sorta di passaporto che ne certifica sostanzialmente la provenienza. Una specie di Bignami della biodiversità – ha proseguito – che vogliamo utilizzare per un percorso da svolgere il prossimo anno scolastico coinvolgendo due istituti agrari della regione, quello di Gradisca e quello di Cividale del Friuli».
L’esperienza del Brignoli di Gradisca d’Isonzo
Ed è proprio ai giovani che sono rivolte le speranze. Giovani spesso molto più sensibili alle tematiche ambientali, come confermato dagli stessi ragazzi e ragazze del Brignoli, che, accompagnati dal loro professore, hanno raccontato del lavoro svolto con lo studio e la creazione di un’aiuola dimostrativa aperta al pubblico, dove hanno osservato l’adattabilità e l’identità delle accessioni a diverse condizioni pedoclimatiche, determinando se la sostenibilità economica e ambientale siano conciliabili.
«L’impoverimento genetico delle coltivazioni – hanno raccontato ragazzi e ragazze – è causato dall’uso della monocultura, dell’agricoltura intensiva e dalla globalizzazione e standardizzazione delle colture. Una soluzione – hanno spiegato delineando il percorso di lavoro svolto – è la conservazione delle varietà locali, il potenziamento dell’agricoltura sostenibile, oltre a una costante ricerca». Un percorso virtuoso a cui siamo chiamati per un futuro migliore nell’ottica di una sempre maggiore sostenibilità.