Appello: salviamo le ultime acque
L’assalto agli ultimi corsi d’acqua va fermato perché l’acqua è il bene comune e strategico per eccellenza, a dirlo sono i comitati che si sono uniti in difesa de Tagliamento e più in generale della acque della montagna friulana. L’acqua, aggiungono, è fondamentale per la vita, per l’equilibrio idrogeologico, per l’ambiente ed il turismo e non deve quindi essere sfruttata per arricchire gli speculatori. Tanto più che una volta ottenuta la concessione il titolare considera quell’acqua come “sua” ed è favorito dalla vigente legislazione nell’ottenimento di proroghe alla scadenza 30-ennale della concessione, di modo che l’acqua “concessa” difficilmente ritorna nella piena disponibilità pubblica. Occorre quindi affermare con forza che la risorsa acqua non può essere utilizzata solo per produrre kW, che il suo utilizzo deve essere plurimo e giudizioso sul quale alle popolazioni locali spetta un ruolo determinante.
Pertanto i Comitati rivolgono un pressante
APPELLO
ai Sindaci dei Comuni montani,
quali figure istituzionali di primaria rappresentanza del territorio, alle Comunità di Montagna e al Consorzio BIM affinchè non si facciano allettatare dalle proposte di “compensazioni” al proprio Ente e non si accontentino delle briciole del banchetto altrui, quali sono i canoni e i sovraccanoni concessori, le interessate sponsorizzazioni, ma con il certo sostegno delle associazioni e dei cittadini si facciano invece interpreti della indilazionabile necessità di salvaguardare le ultime acque della montagna assumendo una comune presa di posizione da parte dei rispettivi Consigli, con cui si rivendichi un proprio ruolo dell’Ente Pubblico Locale in materia di utilizzo delle acque, che non sono infinite, e chiedano
allo Stato
l’abolizione degli incentivi all’idroelettrico che, mentre gravano sulle tasche degli utenti, favoriscono la speculazione sul “bene pubblico acqua”, desertificano i corsi d’acqua, ormai persino i ruscelli d’alta quota, danno un insignificante contributo al bilancio energetico nazionale; una modifica delle vigenti disposizioni, secondo le quali i produttori – cooperative escluse – consegnano l’energia ai convogliatori Terna e Enel. Modifica che introduca l’assegnazione gratuita ai comuni, sul cui territorio insistono gli impianti, di una parte dell’energia prodotta rapportata alla potenza installata. Ciò analogamente a quanto previsto dalla recente Legge nazionale e regionale in materia di grande idroelettrico; più in generale, una nuova legge organica sulla/per la montagna atteso che l’ultima, la 1102, risale al lontano 1971; una legge che metta a disposizione strumenti di autogoverno e mezzi finanziari per superare il differenziale con la pianura urbana.
Alla Regione
di adottare una politica meno “elettricista”, più ambientalista e attenta al risparmio energetico. La cartina, costellata dalle derivazioni idroelettriche in atto, dà l’immagine di un inaccettabile accanimento sulle acque e non può che suggerire ad ogni persona di buon senso un deciso “NO GRAZIE!” a nuove idrocentrali – tanto più in presenza della diffusione di più avanzate tecnologie verdi di produzione di elettricità – e di esigere che la Regione non rilasci ulteriori concessioni idroelettriche – fatte salve quelle di minicentraline funzionali a malghe, rifugi alpini e domini collettivi – sì da preservare gli ultimissimi corsi d’acqua e i loro brevi tratti rimasti ancora allo stato naturale, e di esigere inoltre di effettuare una indilazionabile dettagliata rilevazione dello stato delle derivazioni idroelettriche su tutti i corsi d’acqua al fine di verificare la rispondenza delle captazioni in atto alle prescrizioni della concessione, prevedendo sanzioni severe, compresa la revoca della concessione, per i concessionari che derivano volumi d’acqua superiori a quanto autorizzato; di garantire non solo il reale rispetto del Deflusso Ecologico (D.E.), che nessuno rispetta e fa rispettare, ma una radicale revisione del concetto del D.E. considerato che nelle situazioni il D.E. si è rivelato non solo del tutto inadeguato a garantire una dignitosa portata nei corsi derivati, ma è venuto via via svolgendo addirittura una “funzione imbonitrice” per rendere più accettabile il proliferare delle centraline (tanto c’è il D.E., che in realtà non c’è!). Radicale revisione, che assuma il principio – e lo attui nella pratica – che dall’opera di presa va restituita un’adeguata portata che ripristini la dignità, la continuità sull’intero tratto e la fruibilità del corso d’acqua; di dare concreta e rapida attuazione al disposto dell’art.4 commi 35-38 della L.R. 6 agosto 2019 che prevede “Al fine di individuare le criticità del Lago dei Tre Comuni e proporre le conseguenti soluzioni finalizzate a recuperare le condizioni di naturalità del lago stesso e a garantirne la fruibilità, anche ai fini turistici, in conformità al Piano Regionale di Tutela delle Acque, è istituito presso la Direzione centrale ambiente ed energia, il tavolo tecnico denominato Laboratorio Lago dei Tre Comuni”. Il citato Piano Regionale prevede la realizzazione di un canale di by-pass che coinvogli le acque della centrale direttamente all’emissario del lago. Alla data odierna detto Laboratorio non ha elaborato alcuna soluzione: ulteriori ritardi non sono accettabili. Tanto più che la realizzazione del by-pass potrebbe rientrare nei finanziamenti europei e permetterebbe una soluzione integrata del ripristino della naturalità e fruibilità del lago, della fornitura irrigua alla pianura, di produrre energia elettrica nella centrale a2a di Somplago con un regime di produzione conforme alle esigenze del territorio e non solo degli azionisti lombardi come avviene ora, avuto presente che la centrale passerà alla Regione; di costituire senza ulteriori indugi una propria società energetica a capitale pubblico, indispensabile a seguito del passaggio alla Regione del grande idroelettrico, ma funzionale anche all’acquisizione delle centrali idroelettriche minori e centraline ubicate nel nostro territorio, in particolare di quelle facenti capo a “foresti”; di risolvere con adeguati interventi l’inaccettabile contraddizione per cui, i territori montani pur essendo grandi produttori-fornitori di energia idroelettrica, al verificarsi di eventi naturali anche di non particolare intensità, finiscono.. …al buio!