Cinquant’anni fa in vigore la legge che diede il Voto ai diciottenni. Una riforma proposta dal parlamentare carnico Bruno Lepre

Esattamente cinquant’anni fa, il 10 marzo del 1975, entrava in vigore la Legge n. 39 che abbassava la maggiore età da 21 a 18 anni. Una delle conseguenze di questo provvedimento fu il riconoscimento del voto ai diciottenni. Già nel maggio di quell’anno 3 milioni e mezzo di giovani di età compresa tra 18 e 21 anni ebbero così la possibilità di esercitare questo diritto, entrando prepotentemente nella scena politica italiana: alle elezioni regionali e amministrative si registrò, infatti, un piccolo “terremoto”, in un periodo in cui le variazioni delle percentuali di voto ai partiti si contavano spesso in decimali di punto. Molti Comuni e Regioni passarono all’amministrazione di coalizioni di sinistra.
Probabilmente anche in Friuli pochi sanno o ricordano che a proporre quella legge fu Bruno Lepre, il parlamentare socialista, nativo di Ovaro, che aveva fatto parte del CLN e si era ispirato proprio a quanto messo in pratica nelle elezioni delle Giunte Comunali all’epoca della Repubblica Partigiana della Carnia. Eletto deputato nel 1968, la prima proposta di legge che depositò non fu un provvedimento di interesse locale o particolaristico, ma quello che avrebbe abbassato la maggiore età, allineando la legislazione del nostro Paese a quella delle nazioni più progredite. Ci vollero però quasi sette anni prima che la Legge approdasse in aula, non solo a causa delle perplessità e dei timori delle forze politiche moderate, ma anche per la strada complicata di una modifica costituzionale che qualcuno voleva intraprendere. Il merito di Bruno Lepre fu quello di aver trovato la soluzione più semplice, la modifica di una legge ordinaria, per raggiungere concretamente l’obiettivo.
Il provvedimento si inserisce a pieno titolo tra le significative conquiste ottenute in una stagione segnata da importanti riforme e dal riconoscimento di diritti civili. Solo un anno prima la proposta di cancellare la legge istitutiva del Divorzio (che ebbe come primo firmatario un altro parlamentare socialista friulano, Loris Fortuna) fu respinta dagli italiani con una schiacciante maggioranza di “No” nel Referendum del 12 maggio 1974.
Al di là delle considerazioni che si possono oggi fare sulla preoccupante disaffezione dei cittadini nei confronti del voto e sulle sue reali cause, due altri elementi su cui riflettere emergono con evidenza. In primo luogo va detto che con la riforma “populista” che ha portato recentemente alla riduzione del numero dei Senatori e dei Deputati, Bruno Lepre non sarebbe probabilmente nemmeno stato eletto, inoltre ad essere penalizzate sono state le aree più periferiche e meno popolate. In secondo luogo dobbiamo constatare come rispetto al passato la preparazione di molti Parlamentari ed esponenti del Governo sia assolutamente inadeguata. La sede in cui i rappresentanti del popolo dovrebbero prendere iniziative e confrontarsi sulle nuove leggi è diventato uno spazio in cui ci si limita a ratificare le decisioni prese dal Governo, seguendo pure logiche di schieramento.
Quali fossero poi gli ideali che spinsero Bruno Lepre al suo impegno, li ricorda lui stesso, quando, a conclusione della dichiarazione di voto che pronunciò al Senato a nome del Gruppo del PSI, non poté fare a meno di ricordare i 22 giovanissimi ostaggi (tra di essi c’era chi aveva solo 17 o 18 anni) che erano in carcere con suo padre in via Spalato e furono fucilati dai nazisti, fuori dal cimitero di Udine, come rappresaglia perché giorni prima i nostri partigiani, travestiti da SS erano riusciti a liberare alcuni prigionieri politici e alleati. L’episodio era avvenuto proprio trent’anni prima e Bruno Lepre dedicò la “sua” legge a quei giovani che, di fronte al plotone di esecuzione, prima di cadere, gridarono: “Viva l’Italia libera, morte al fascismo!”