Guerra e pace
E andiamo a disturbare anche il vecchio Tolstoj e il titolo del suo capolavoro. In fin dei conti il macello che si sta celebrando nell’ultimo anno avviene proprio negli stessi scenari di cui quel libro racconta. Oddio, ad onor del vero della pace si sente poca nostalgia, mentre invece pare che la guerra susciti fiammate di orgoglio e di profumo maschio in molti animi. È infatti ormai scaduto il primo anniversario della criminale invasione (altro che operazione speciale) dell’Ucraina da parte della Russia che ha provocato morte e distruzione e la cui furia non sembra voler diminuire. Da una parte la evidente improvvisazione di uno degli eserciti che si credevano onnipotenti e che alla resa dei conti si è rivelato del tutto impreparato ed incompetente per affrontare un’avventura del genere; dall’altra un esercito che da anni si stava preparando ad una eventualità che molti pensavano improbabile, ma che tale si è dimostrata di non essere.
Se la maggioranza pensa che la guerra sia iniziata solo un annetto fa, commette un errore; è infatti dal 2014 che nel Donbass e Luhansk il conflitto ha avuto origine. Una guerra civile che tutti abbiamo ignorato, che abbiamo messo, come la polvere, sotto il tappeto. Il problema è che quella era polvere da sparo ed infatti si trattava solo di aspettare fino a che esplodesse. Si fatica a comprendere come l’intelligence, l’esercito e le autorità russe non siano riuscite a capire che in otto anni l’esercito ucraino fosse profondamente cambiato, che quadri e soldati nel frattempo fossero stati accuratamente addestrati dall’occidente e che il loro armamento fosse stato aggiornato con tecnologie migliori rispetto a quelle russe.
Ma ciò, ora, ha poca importanza; quello che conta è che il macello prosegue e non abbia intenzione di fermarsi. È altresì chiaro che se da una parte non si può che definire criminale l’attacco russo ad un Paese indipendente (no, democratico, no. La democrazia è altra cosa), non si può ignorare che l’occidente abbia le sue responsabilità. L’idea di portare la Nato e i suoi armamenti alle porte della Federazione Russa non mi pare fosse una decisione perlomeno di buon senso, a meno che, appunto, il vero fine non fosse quello di creare situazioni le cui conseguenze potevano avere esiti imprevedibili. O forse nemmeno tanto imprevedibili….
Naturalmente oggi ragionare ancora nei termini di cui sopra appare inconcludente e poco utile. Ora la situazione è degenerata ed il pericolo è che possa davvero esplodere fragorosamente se non si riesce a trovare un compromesso; almeno per placarsi e poi ragionare seriamente su soluzioni definitive. Continuare ad armarsi con mezzi sempre più tecnologici e potenti e bombardare senza pietà e senza distinguere tra obiettivi militari e civili non porta da nessuna parte. È del tutto inutile cercare di convincere l’opinione pubblica che la guerra potrà avere termine solo con la sconfitta della Russia, non funziona così. Un animale messo alle strette, reagisce con tutte le risorse che ha a disposizione e se quelle risorse sono quelle che tutti conosciamo, non c’è affatto di che stare allegri.
La sconfitta della Russia, molto probabilmente corrisponderebbe alla dissoluzione della Federazione, con lo smembramento violento di quell’immenso Paese che in realtà rappresenta un’unione a volte forzata di regioni che tra di loro non hanno altro da condividere se non il passato zarista o sovietico o la corruzione dei suoi governanti. Le conseguenze di un avvenimento del genere sono difficili da immaginare, ma certo non sarebbero foriere di buone notizie.
Putin è un criminale? Non è certo da oggi che chi ora rivendica la necessità di fermare il macello in corso lo sostiene, mentre coloro che oggi invece vogliono che la guerra continui hanno ignorato il problema e magari fatto affari d’oro con i vari oligarchi che controllano l’economia russa. Oligarchi tali e quali rispetto a quelli che hanno nelle loro mani l’economia ucraina. Parliamoci chiaro, l’occidente ed in particolare gli Usa non ha a cuore la difesa della democrazia (anche perché una democrazia da difendere deve prima di tutto esistere), ma piuttosto tende a difendere un sistema in cui un Paese (in questo caso, ovvio, gli Usa) debba avere il predominio sugli altri. Ed è paradossale che l’Europa segua pedissequamente e ciecamente questa idea, tra l’altro andando contro i propri stessi interessi.
Che poi Paesi che una adesione alla Corte Penale Internazionale non l’hanno mai firmata decidano di far intervenire lo stesso Tribunale per processare Putin, sembra un po’ bizzarro. Senza tenere conto che molti rappresentanti di quegli stessi Stati dovrebbero, a rigor di logica, seguire la stessa sorte.
Se veramente volessimo parlare di democrazia, anche tenendo conto della situazione in cui l’Ucraina obiettivamente si trova, dovremmo considerare che in Ucraina oggi i partiti di opposizione sono banditi, che la stampa non in pieno accordo con il governo è fuorilegge, le notizie sono emesse solo in seguito ad un filtraggio metodico. L’informazione è “embedded” e se per caso qualcosa di non ufficiale riesce a sfuggire dal controllo, l’insabbiamento è immediato e la notizia rimossa. Non solo dagli organi ucraini, ma purtroppo anche da quelli che dovrebbero garantire un’informazione oggettiva come quelli nostrani. Prova ne sia il rifiuto di concedere il visto ad alcuni giornalisti italiani “free lance” che si erano permessi di portare notizie direttamente dalle regioni contese.
Per dire, quando la vicenda delle armi fornite a Kyiv di cui si era perso il controllo si era diffusa, ci si è messo un nanosecondo a rimuoverla dai media internazionali. I cittadini italiani nemmeno hanno il dritto di sapere cosa, in termine di armamenti, il nostro governo manda in Ucraina. La questione dell’attentato al gasdotto “North Stream”, per dirne un’altra, è davvero indicativa; Seymour Hersh, giornalista statunitense pluripremiato il cui lavoro ha portato alla scoperta di crimini di vario genere (si va da May Lay in Vietnam alle torture di Abu Graib e varie operazioni “clandestine” Usa in Afghanistan..) nonché da sempre con buone “introduzioni” all’interno dei servizi Usa, scrive che l’attentato è stato portato a termine da un gruppo altamente specializzato in questi affari ed organizzato dagli Stati Uniti. Notizia ricevuta da fonti attendibili che ovviamente non può essere rivelata.
A distanza di poco tempo, su alcuni giornali europei appare improvvisamente la versione di una barca a vela noleggiata da ignoti con passaporti falsi e antiputiniani che, secondo le fonti, avrebbero fatto esplodere il gasdotto. Ora, per eseguire un colpo del genere ci vuole tecnologia, grande esperienza, logistica estremamente accurata nonché mezzi che un gruppetto come quello dei “barcaioli” di certo non poteva avere a disposizione. Non solo, ma i presunti autori si sono persino dimenticati di far sparire le tracce di esplosivo dalla barca così fornendo però le presunte prove lampanti del loro intervento. Che poi Biden si fosse lasciato sfuggire qualche tempo prima del botto che in ogni caso, e alla malparata, quel gasdotto lo avrebbe fatto saltare lui (le truppe speciali Usa, ovvio, non lui), pare avere poco peso. Infatti le notizie in merito alla faccenda sono improvvisamente scomparse e amen.
Insomma, questa è, come tutte le altre in verità, una guerra sporca e al di là delle ragioni di chi l’aggressione la subisce, deve trovare una soluzione diplomatica che, come in tutte le situazioni simili, significa cercare un compromesso. Gli accordi di Minsk erano una buona traccia che però non ha avuto seguito per lasciare spazio ad altri interessi. Forse ripartire da lì e ragionarci sopra non sarebbe poi così sbagliato ed inaccettabile.
E magari se davvero esistesse e fosse maggiormente indipendente rispetto ad altri interessi, l’Europa potrebbe avere un enorme ruolo nelle possibili trattative, un ruolo che contribuirebbe a trovare la sua giusta dimensione nei quadranti di questo pianeta. Ma a quanto pare l’Europa è un entità poco identificabile e scialba. Infine, anche l’ultima iniziativa cinese, di cui nonostante se ne sia parlato molto non è chiaro quali siano i dettagli, è stata respinta al mittente senza nemmeno analizzarla doverosamente.
Non so, ma a me pare che piuttosto che rischiare di arrivare ad un conflitto nucleare, sarebbe meglio provare a fare qualcosa, no?! Forse sarebbe ora che anche noi ci dessimo una svegliata e ci risollevassimo dal profondo letargo in cui siamo sprofondati; un tempo, ma forse solo per prenderci per i fondelli, ci dicevano che eravamo una potenza mondiale. Perché non provare a crederci?
Ovviamente, ci sarebbe molto ancora da dire su questa sporca guerra, ma ci vorrebbe tempo e spazio. Per ora basta così. La pace a quanto sembra, può attendere.
Docbrino