Muore a causa del batterio “Clostridium difficile” preso in ospedale – la figlia denuncia
Ricoverata all’ospedale di Cattinara dopo una caduta, una novantaduenne triestina fino a quel momento autonoma e in buona salute, in poche settimane è deceduta – stando alla denuncia presentata ai Carabinieri – a causa di un’infezione da Clostridium difficile.
La notizia riportata sul quotidiano locale ha avuto vasta eco e sui social sono apparsi post con analoghe storie di pazienti che avevano contratto infezioni durante la degenza ospedaliera, alcuni con esito letale, altri guariti dopo lunghe cure.
Nella denuncia la figlia riferisce di aver insistito per riportare la madre a casa, ma che le è stato spiegato che la caduta aveva coinvolto il bacino e che senza un materasso ad aria non era possibile gestirla a casa.
A Cattinara la mamma era stata sistemata in una stanza con altre pazienti. «Il giorno successivo, come ho messo piede nella camera – riferisce la figlia – il personale mi ha invitato a non toccare nulla, a indossare dei presidi perché era tutto infetto: una delle pazienti aveva contratto il Clostridium difficile, e dopo due giorni purtroppo è deceduta».
Da allora è iniziata una parabola discendente, la madre è poi risultata positiva al Clostridium difficile e dopo alcune settimane è morta.
Oggi la figlia chiede come mai a fronte di una paziente infetta in camera, sua madre, persona tra l’altro fragile anche per una questione di età, non è stata messa in isolamento? Quella morte era evitabile? O è stata vittima di malasanità?
Interrogativi che chiamano in causa le condizioni di degenza nei nostri ospedali, perché non è un problema solo di Cattinara, ma di tutti gli ospedali del Friuli Venezia Giulia. Il numero di posti letto per acuti è nella nostra regione palesemente insufficiente, basta osservare il numero di pazienti ammassati in Pronto soccorso in attesa che si liberi un letto nei reparti. Figuriamoci se è possibile isolare tutti i pazienti infetti o sospetti tali. Le stanze singole sono pochissime, e allora bisognerebbe isolare i pazienti usando le stanze doppie come singole, ma i posti letto non ci sono, i reparti, in particolare medicina, sono saturi.
È un circolo vizioso, su cui ben poco possono influire medici e infermieri, anch’essi vittime insieme ai malati delle carenze programmatorie, organizzative e gestionali.
Soprattutto riguardo alla programmazione ospedaliera, che pare non tenga in debito conto il tema delle infezioni ospedaliere, nonostante l’Italia abbia purtroppo il primato in Europa per le morti da infezioni da germi resistenti agli antibiotici, 11.000 morti all’anno in Italia nel periodo pre-Covid a fronte di 33.000 in tutta Europa.
Ma questo è un tema che merita un più ampio approfondimento e ci torneremo.
Nel racconto della figlia c’è un ulteriore passo che fa riflettere, quando dice che avrebbe voluto portare la mamma a casa e accudirla, ma i sanitari le avevano detto che occorreva un materasso ad aria, visto che sarebbe stata pressoché immobile per 20 giorni.
Il materasso ad aria è un presidio medico, perché non è stato fornito?
Si parla tanto del territorio quale filtro ai ricoveri, milioni su milioni per improbabili Case di comunità, ma non si trova il materasso ad aria che avrebbe potuto evitare alla signora oltre venti giorni di degenza in ospedale e verosimilmente la morte.
Walter Zalukar Associazione Costituzione 32