Sulla strada i migranti “ricchi” e un nuovo centro di detenzione in Fvg. Il fallimento delle politiche migratorie della destra è palese
Non molto tempo fa il comico Antonio Albanese aveva dato vita al personaggio del Ministro della Paura. Come spesso avviene la satira coglie prima degli altri alcune “sfumature” che poi, tragicamente, diventano realtà. Così sono ormai anni che i “ministri della paura” agiscono e sono riusciti a convincere che il problema dell’Italia siano i migranti. Non la disoccupazione, le diseguaglianze, le morti sul lavoro, l’inflazione galoppante, ma la presunta “invasione”, con chi teorizza perfino sia in atto una pianificata sostituzione “etnica” della “razza” italica. Ora arriva l’ennesimo capitolo, giusto per mantenere sempre alto il livello della percezione emergenziale. Così dopo i decreti anti Ong e le malefiche limitazioni all’accoglienza umanitaria, ecco la nuova mossa. Cosa di meglio che sbattere i disperati nella clandestinità e anche quando sono regolari e hanno comunque dimostrato la propria voglia di lavorare ed essere buoni cittadini? Non sia mai, così oggi la nuova strada intrapresa è quelle di espellerli dai centri di accoglienza perché, udite, udite, troppo ricchi. La nuova idea del Governo Meloni è quella di cacciare dai centri di accoglienza straordinari (Cas) gli ospiti che hanno una soglia di reddito che parte da 6.000 euro annui lordi. Insomma la soglia di povertà relativa, ovvero i poveri che sono tali anche se percepiscono un reddito che secondo l’Istat è di oltre 600 euro netti al mese. Queste persone, regolarmente presenti (se non lo fossero non sarebbero in accoglienza) e che lavorano (sennò non percepirebbero reddito), si trovano espulse dal CAS, messe letteralmente in mezzo alla strada, nell’arco di 24 ore. Il CAS infatti riceve l’ingiunzione di espulsione con l’ordine di espellere la persona immigrata entro le 24 ore.
E’ di tutta evidenza che una persona che percepisce meno di 500 euro al mese netti non può che vivere in condizione di grave disagio ma non è che chi ne percepisce 600 sia un nababbo. Così una persona, incolpevolmente espulsa dal sistema di accoglienza, si trova – letteralmente da un giorno all’altro – nella condizione di persona senza dimora e si troverà con notevolissime probabilità a perdere la residenza, con tutto ciò che ne consegue. Per non parlare che, anche volendo, l’emergenza abitativa è un tale problema già per gli italiani, figuriamoci per gli extracomunitari. Agli immigrati, anche con reddito adeguato, è difficilissimo vengano affittate delle abitazioni in maniera limpida. Il problema è stato denunciato a Torino dove inevitabilmente si riverserebbero gran parte degli espulsi dai CAS della provincia. In pratica viene creato ad arte un problema per poi, la narrazione non è certo cambiata, dire che c’è l’emergenza e che la colpa è delle persone immigrate che vagabondano per le città creando problemi di sicurezza. Aggiungiamo poi, questo riguarda il Fvg, che diventa sempre più concreta l’ipotesi di un nuovo hotspot per rimpatri e trasferimenti sul modello di Lampedusa o Pozzallo, è stato detto, per “rassicurare”??? . La decisione, di cui in realtà si parlava da tempo è emersa ieri nell’incontro a Trieste tra i quattro prefetti del Friuli Venezia Giulia, il commissario straordinario per l’emergenza migranti nominato dal governo, Valerio Valenti, già prefetto proprio a Trieste, e il presidente della giunta regionale Massimiliano Fedriga. Valenti ha parlato di una struttura con capienza non superiore alle 300 persone e che avrebbe al suo interno una zona di trattenimento, quindi reclusione, per rimpatriare in tempi rapidi i migranti che arrivano da Paesi considerati sicuri. Chi non proviene da luoghi sicuri, cioè sarebbe meritorio di protezione, avrebbe garantito Valenti, sarà trasferito da lì nel giro di pochi giorni in altre regioni. Difficile fidarsi dato che l’esempio fatto di Lampedusa non è certo rassicurante. Comunque la patata bollente è stata lasciata nelle mani dei 4 prefetti che decideranno dove realizzare l’hotspot. La struttura potrebbe anche non essere a Trieste è stato detto. Da registrare una nota della segretaria del Pd provinciale di Trieste Caterina Conti: “Il Governo Meloni ha deciso che in Fvg non bastano Gradisca e Udine, e allora si deve piazzare una struttura anche sul Carso, perché è evidente che la vorranno fare là. Fedriga e la destra all’opposizione ululavano per manciate di migranti nei comuni e ora muti e contenti aprono le porte addirittura a un hotspot. Lo diciamo chiaro: nessun hotspot sulla testa di nessun Comune, non si duplichino sui comuni carsici i problemi di Gradisca”. Così la segretaria del Pd che aggiunge: “Il fallimento totale della gestione dei migranti dalla destra al Governo è plasticamente rappresentato dalla decisione che è stata comunicata in prefettura a Trieste. Nemmeno osano più parlare di fermare i migranti perché sanno che non ci riescono. Altro che blocco navale e fototrappole, sarebbe come se si volesse curare un malanno grave con un cerotto. I rimpatri saranno come adesso una minima parte degli arrivi, in sostanza chiacchiere. È vero – conclude Conti – siamo la Lampedusa del nord e adottano qui i metodi di Lampedusa: strutture di contenimento che non risolveranno niente”.