Un Sindaco e il suo rospo: la lotta partigiana
Proprio non va giù, al Sindaco di Cervignano, la Lotta partigiana: non trova infatti di meglio, nel suo Pantheon di riferimento, di Mario Scelba per cominciare il suo breve discorso tenuto alle ore 8 del 25 aprile in una Piazza plumbea per il cielo e per il tenore dell’orazione. Convocare in questa occasione proprio colui che espulse dalle Forze dell’ordine i partigiani, in particolare comunisti, non è affatto adatto soprattutto quando il tema che il Sindaco pretende di comunicare è la pacificazione. Ci sembra davvero fuori luogo, e ci permettiamo di dirlo senza fare la morale a nessuno, convocare il “truffatore” per eccellenza, relatore di quella legge che lo stesso Scelba accettò fosse chiamata “legge truffa”, con un pentimento tardivo per averla proposta avvenuto dopo essersi reso conto che il risultato non sarebbe stato, né fu, quello da lui voluto: ma tant’è, la volontà c’era di truffare il popolo italiano cui la Carta all’articolo 1 attribuisce la sovranità. Fu bravo a farlo, qualche decennio dopo, l’autore della legge “porcata” – da lui stesso così definita – cioè l’oggi Ministro Calderoli. Questi gli eroi posti nell’Olimpo politico. Sarebbe stato così difficile chiamare in causa il Presidente partigiano Sandro Pertini? E le parole con cui proclamò l’insurrezione generale proprio nella data che poi divenne di Festa, questa Festa.
Giorno festivo nazionale – come lo sono anche il Primo Maggio e il 2 Giugno – non è un giorno in cui basta esporre una bandiera e deporre una corona, ma un giorno che ci vede uniti e unite a ricordare la felicità dopo la tempesta, dopo la morte, la violenza, la repressione, la guerra generati da un regime a cui la popolazione disse no, attraverso scioperi di massa, boicottaggi, lotta partigiana nelle montagne, nelle pianure, nelle fabbriche, nelle Chiese i cui sacerdoti aiutavano la ribellione ( i sacerdoti non furono altro dalla Lotta partigiana). E soprattutto uniti e unite a ricordare che dal progetto di quelle montagne e quelle fabbriche e quelle case, dove si ospitavano partigiani e partigiane, nacque una direzione di marcia, una aspirazione, che si chiama Costituzione del 1948 nata dalla Resistenza, fondata sul lavoro e antifascista: è la serie di principi, diritti, obblighi e disposizioni che regolano il nostro patto sociale. Patto che adesso si trova in pericolo vitale con i progetti governativi di Autonomia differenziata e Premierato. Non fa alcun cenno il Sindaco a questa caduta democratica, di gravità mai udita da quando è nata la Repubblica: avrebbe forse dovuto, essendo un suo compito quello di informare cittadine e cittadini delle minacce in corso, in questo caso di una metamorfosi dei diritti e della democrazia così drammatica e radicale da non potersi tacere (d’altronde perché pretenderlo, visto che la parte politica che amministra Cervignano è proprio quella che questi obbrobri li propone e difende).
Proprio non gli va giù la Lotta partigiana, se attacca l’ANPI dalle pagine della stampa locale dicendo che l’ANPI non può pretendere il “monopolio” della Resistenza. Suvvia, l’ANPI è sinonimo di Resistenza, allora come ora e sempre: nasce già prima del termine della guerra ed è tuttora la più grande Associazione Nazionale capace di unire le persone nella Storia e nella Memoria, respirando nell’orizzonte dei diritti per tutte e tutti, e nella difesa e nel percorso di attuazione della Costituzione antifascista. Eppure il Sindaco decide di non dare la parola all’ANPI nella ricorrenza del 25 aprile, di non condividere l’organizzazione della giornata, di non portare il Gonfalone della Città di Cervignano alla grande manifestazione di Udine, Città Medaglia d’oro alla Resistenza, né di parteciparvi di persona, di far suonare alla Banda Mandamentale di Cervignano null’altro che l’Inno Nazionale: spiace ma in questa ricorrenza l’Inno è sì intoccabile e necessario ma non sufficiente (non si fanno scomparire gli Inni partigiani). Nasce da questi dati lo sfregio alla sacralità dei valori e dei principi, dai quali è nutrita la Carta Costituzionale, operato nel consentire, e contro il Regolamento, il Mercato settimanale del giovedì in questo Giorno di Festa Nazionale. Mercato peraltro fallito proprio a causa di quel cielo plumbeo che, nemesi, karma o punizione divina, non se ne è voluto andare fino a sera. Non metta in mezzo, e soprattutto non metta contro questa ricorrenza i lavoratori e le lavoratrici del commercio fisso o ambulante, non lo faccia.
Il Lavoro è sacro, come la Costituzione che nel Lavoro ha fondamento. Non è qui in questione la libertà (altrettanto sacra), lo è la sua declinazione di libertà, che il Sindaco porge “in senso assoluto”. La Carta parla anche di obblighi, primo dei quali l’obbligo di solidarietà politica, economica e sociale, che al suo interno contiene la partecipazione e la creazione di spazi in cui essa si possa esplicare. La libertà che i e le Resistenti ci hanno donato non è, come dal Sindaco affermato, quella di potersi sdraiare sul “divano a guardare la partita di calcio o di tennis”: ritiene davvero che le aspirazioni di tutti e tutte coloro che, morendo, gridavano di morire per la libertà fossero queste? Che i corpi torturati, squartati, appesi nelle buie carceri di Palmanova o ovunque fosse possibile far gridare di dolore un uomo o una donna, anche gravida, o un anziano perché dicesse dove si trovava il figlio o la figlia partigiana, abbiano subìto tutto questo senza una fede alta?
Ma lui preferisce glissare su queste facezie, preferendo parlare, confrontandoli, di momenti luminosi e bui, citando tra i primi le Quattro Giornate di Napoli, certo encomiabili ma messe lì ad evitare le miriadi di esempi di lotta di queste montagne, che il Sindaco cita solo per ricordare quelli che chiama momenti bui, come l’immancabile Porzus. Ma certo, per fare a pari, la squallida questione di distinguere i partigiani in buoni e cattivi, giusto per dire che fascismo e antifascismo appunto pari sono. Certo che i fatti di Porzus e i seguenti processi furono avvolti da oscurità, ma lo furono perché mai completamente chiariti e perché nutriti dall’ombra del tradimento e della propaganda politica che voleva gettare fango sul Partito Comunista. Sappia Sindaco, e le è stato ricordato esattamente un anno fa, che la Costituzione Italiana non è anticomunista bensì in ogni sua minima virgola, in ogni afflato e sentimento, profondamente antifascista. E i comunisti e le comuniste che non perde occasione per denigrare, sono coloro che questa Costituzione l’hanno scritta nel proprio dolore. “Sono qui perché comunista e libero”, si trova scritto nelle lettere dei condannati a morte della Resistenza europea o nelle frasi scritte col sangue sui muri, sulle maniche delle camicie, sui fazzoletti strappati. L’anno scorso le veniva detto il nome, ma non è nel suo Pantheon, di Virginia Tonelli, partigiana comunista medaglia d’oro, gettata viva in un forno della Risiera, le veniva detto di Tina Merlin, Teresa Noce, Teresa Mattei, Nilde Iotti, Madri costituenti. Conosciamo fatti orribili: le stragi di massa ad opera dei nazisti in fuga, e le bande fasciste dedite alla tortura. Nomi ne abbiamo, luoghi e fatti ne abbiamo, pagine di eroismo come di resistenza quotidiana ne abbiamo, giusti e giuste, che nell’anonimato hanno protetto e anche salvato chi combatteva o era in pericolo, li scopriamo ancora nei racconti pazientemente raccolti per trasmettere il testimone di una lotta corale. “Non parli di unità e pacificazione mentre getta benzina sul fuoco”. E soprattutto, il 25 aprile non ci basta affatto una conclusione che sa di retorica e vuoto dopo un florilegio di banalità e accuse, “Viva l’Italia, viva la democrazia, viva la libertà”: manca qualcosa, e qualcosa che dà il giusto senso alle parole precedenti. Viva la Costituzione, viva la Resistenza. Viva la pace che, nella Carta, fa da cuore e da sfondo. È per questo che Noi Donne del Cessate il fuoco della Bassa friulana ci affacciamo con i nostri flash mob prefestivi davanti al Municipio di Cervignano. Per la Pace, cuore della Costituzione Italiana.
Mariangela D’Adamo, Alida Mason, Dianella Pez, Barbara Simeon, Francesca Valente, Alessia Zambon a nome del collettivo “Donne per il Cessate il fuoco della Bassa friulana”.