Crisi climatica e carenza di neve. Quale rapporto c’è fra i risultati e gli investimenti regionali nel turismo montano?

Una pista innevata artificialmente nel comprensorio di Piancavallo, in Friuli Foto Legambiente

“Da alcuni giorni si susseguono sui quotidiani locali notizie sensazionalistiche da parte dell’Assessore Regionale al Turismo Sergio Emidio Bini e di altri consiglieri di maggioranza sulle cifre degli investimenti previsti e delle presenze nelle stazioni sciistiche delle nostre montagne. Ma ci si sta preparando ai mutamenti climatici che prevedono un innalzamento molto significativo del cosiddetto “limite delle nevicate” al di sotto del quale la neve non rimane al suolo? Cosa si farà per rilanciare l’occupazione e il turismo in queste aree quando ciò avverrà? Non è investendo pesantemente risorse regionali su strutture ricettive e ristorative o su impianti di risalita che pianifichiamo il futuro dei nostri giovani in montagna. Il futuro deve essere pensato e pianificato avendo all’orizzonte l’obiettivo dello sviluppo occupazionale sostenibile, mantenendo uno specifico focus su quelli che sono e che saranno i mutamenti climatici. Realizzare un’inutile pista da sci d’erba sintetica a Piancavallo – come si vanta l’Assessore Bini – probabilmente consumando suolo montano (al momento non conosciamo questo progetto) ci fa intuire qual è la disastrosa prospettiva di questa Giunta. È l’ennesimo segnale di disprezzo del patrimonio naturale.” Così si è espresso Furio Honsell, Consigliere regionale di Open Sinistra FVG. “Come Open Sinistra FVG abbiamo più e più volte presentato emendamenti per promuovere lo sviluppo turistico lento, sostenibile e di qualità, in tutte le stagioni, e non solo in quella invernale (ad esempio avevamo proposto diversi emendamenti per valorizzare i sentieri CAI o per la sistemazione dei rifugi in alta montagna) ma questi sono stati sempre inesorabilmente bocciati, senza alcuna valida motivazione.” Fin qui la posizione espressa dal consigliere di Open sinistra Fvg dalla quale emerge con plastica chiarezza che non si è minimamente tenuto conto dei cambiamenti climatici che rendono molti deli investimenti anacronistici. Sarebbe e bastato dare un occhiata ai dati per capire che si dovrebbe ragionare e pianificare i sostegno al turismo in montagna uscendo dall’assioma turismo=sci.
In Italia infatti, e il Fvg non fa certo eccezione, complice la crisi climatica, è SOS neve anche se nell’ultima settimana neve è caduta, questa è ormai sempre più rara – visto che su Alpi e Appennini a causa dell’aumento delle temperature nevica sempre di meno con impatti negativi anche sul turismo invernale e sulla stagione sciistica. Fimo ad oggi si è pensato di tamponare con la mancanza di neve naturale, con l’innevamento artificiale, una pratica non sostenibile e alquanto cara sperperando anche soldi pubblici. A parlar chiaro sono i dati del nuovo dossier di Legambiente “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica” in cui l’associazione ambientalista fa il punto della situazione.
L’Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%. Preoccupante il numero di bacini idrici artificiali presenti in montagna ubicati in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l’innevamento artificiale: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari per una superficie totale pari a circa 1.037.377 mq. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini. Nel Centro Italia, l’Abruzzo è quello che ne conta di più, ben 4. In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli “impianti dismessi” toccando quota 249, sia quelli “temporaneamente chiusi” – sono 138 – sia quelli sottoposti a “accanimento terapeutico”, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181.Tutti impianti censiti da Legambiente che quest’anno allarga il suo monitoraggio includendo anche altre categorie: quelle degli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, ossia quei casi che con le loro aperture “a rubinetto” rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore. In totale sono 84. La categoria degli “edifici fatiscenti”, 78 quelli censiti. Ed infine la categoria “smantellamento e riusoi”, 16 i casi censiti.
Per Legambiente il sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile e di adattamento, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. In particolare, l’associazione ha fatto la seguente stima: considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di m³ che corrispondono al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti. Inoltre l’innevamento artificiale richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione. Senza contare che il costo della produzione di neve artificiale sta anche lievitando, passando dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023. Per questi motivi Legambiente torna a ribadire l’urgenza di ripensare ad un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, partendo da una diversificazione delle attività. Ce lo impone la crisi climatica che avanza e che sta avendo anche pesanti impatti sull’ambiente montano. Di fronte a ciò l’Italia non può più restare miope, ne può pensare di poter inseguire la neve.

Crisi climatica e impatti su turismo invernale e stagione sciistica
Nel report Legambiente ricorda che nel 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, il secondo più caldo in Europa. Negli ultimi anni i maggiori incrementi di temperatura si sono registrati nell’arco alpino. L’elevate temperature e lo scarso innevamento producono impatti e ricadute negative anche sul turismo invernale e sulla stagione sciistica. Nella stagione sciistica 2022-2023per la prima volta nella storia dello sci nel calendario di Coppa del mondo, da inizio stagione a fine febbraio 2023, sono state cancellate/rinviate per il comparto maschile 8 gare su 43, il 18,6% del totale. Per il comparto femminile: 5 le gare cancellate su un totale di 42 (11,9% de totale). Quasi tutte per scarso innevamento e/o temperature elevate.
“La neve artificiale che negli anni ottanta era a integrazione di quella naturale, ora costituisce il presupposto indispensabile per una stagione sciistica, a tal punto che i comprensori per sopravvivere richiedono sempre nuove infrastrutture. Non si considera però – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – che se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l’innevamento semplicemente non sarà più praticabile se non in spazi molto ristretti di alta quota, in luoghi dove i costi già elevati della neve e della pratica sportiva subiranno incrementi consistenti, tanto da permettere l’accessibilità dello sci alpino unicamente ad una ridotta élite, così come accadeva nel passato. Lo ripetiamo, le nostre montagne stanno cambiando: pochissima neve, nevica più tardi e la neve è più bagnata e più pesante. È la fine di un’epoca, che però deve essere accompagnata da un nuovo modo ecosostenibile di ripensare il turismo insieme ad un nuovo approccio culturale. Per questo è fondamentale sostenere le buone pratiche che si stanno sviluppando nelle nostre montagne”.

Report-Nevediversa_2023